domenica 9 settembre 2018

N. PARDINI: "L'INCENDIO DEI PAPAVERI"


L’incendio dei papaveri 



Non è che l’incendio dei papaveri
nell’oro dei frumenti o che un tramonto
affastellato in crini di rubino
o che i fremiti di un mare mescolati
alla larghezza del cielo, siano assai
ad accendere il lume dentro l’anima
per farsi poesia. La  realtà
presa così com’è non è abbastanza.
Occorre che le splendide visioni
a cui magari abbiamo dato il cuore
in giorni andati via, ritornino procaci
a illuminare con fresca saudade
il nostro accoramento per il verso;
magari dopo anni di riposo
in un’alcova tenera e feconda
a farli rifiorire. Solo se
davanti a quell’incendio o a quel mare,
scoprimmo un sentimento parallelo
ai  colori in questione, o vivemmo
un incontro emotivo di stagione,
tale stato d’animo ritorna
in scene tanto vive; solo allora
l’immagine si fa cotta a  puntino
per tramutare il fuoco in poesia.
Di avere amato te ne accorgi dopo
se  quegli incantamenti naturali
ti dicono di assenze che violentano
il tuo essere umano; tutto al più
puoi tramutare i brividi in un canto
da dedicare a chi non ha più il mare.

15/06/2018


24 commenti:

  1. Una malinconia, un dolce accoramento davanti al Tempo che non ci ama più!...E allora, amico,allunghiamo la mano verso i giorni andati e proprio lì troviamo quello che ci manca. Ora ci accorgiamo di quanto abbiamo amato...e ora è il miracolo della poesia che rinnova i giorni, il sentimento,l'amore, la bellezza..è l'arte che si rinnova, si rinnova in se stessa, come la fenice che risorge dalle proprie ceneri( l'incendio dei papaveri"! Perché il frutto maturato ,"cotto a puntino", è sempre più dolce e tenero.
    Ah, caro amico Nazario,con quale pacatezza ragioni di cose perdute...non sei nemmeno triste, nemmeno provi rassegnazione, perché tu sì, puoi "tramutare i brividi in un canto/ da dedicare a chi non ha più il mare"
    Io , scuserai, non ho intenzione di commentare questa tua lirica riflessione..tu sei ancora, e lo sarai per sempre, quello che canta nel verso, anche se con voce più sommessa, come se volessi sussurrarci vicino all'orecchio tutte quelle cose che hai imparato nel corso di una vita..E di questo tutti ti ringraziamo. Io per prima.
    Edda Conte.

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    1. Grazie, Edda,
      i tuoi interventi sono ad hoc e tengono le emozioni e la puntualità critica di chi è aduso alla meditazione e alla scrittura.
      Nazario

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  2. Caro Nazario a commento del tuo testo in cui tu
    descrivi cosa intendi per poesia, per vera poesia, ti invio questa mia breve lirica in cui, invece, io descrivo come credo sia il poeta. Mi pare si completino a vicenda.

    Ramarro viola

    Ramarro viola, non già verde, simbolo
    di mutazioni, di qualcosa che
    proviene d'altri mondi, forse il diavolo
    s'impossessò di te, tinse di fuoco
    il pallido tuo sangue, ti fece
    del colore del lutto perché a lui
    ti si ricollegasse ogni momento.
    Sì, sei un “diverso”
    la tua croce ognora
    trascinerai, scansato dai compagni
    forse deriso, a volte anche inseguito
    in quanto oggetto di superstizioni.
    Il mondo dei diversi ha le sue vittime
    siano essi storpi, folli oppure solo
    inermi giocolieri di parole
    che scrivono di mari e bianche vele.
    Ed è la solitudine il lor male
    quella però che fa apprezzare al cuore
    un cielo violentato da un tramonto
    o il fremito di foglia che si muore.
    Carla Baroni

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    1. Prima di tutto complimenti per la tua eccezionale poesia: anima, forma, immagine, similitudine, vicissitudine umana, che alla fin fine è il sale del poièin. Sì, è vero. Il poeta è diverso, pure visto con occhio critico, strano; il poeta è un solitario che ama di un amore che gli altri stentano a capire; sì, eccolo il poeta, il ramarro, bestia anomala, scansata, schiacciata anche dai piedi schifati dei passanti; ma va avanti anche mezzo morto, va dritto verso un fosso che lo vede salvo; in un verde che gli somiglia e dal quale allunga il collo per vedere le meraviglie che non potrà mai far sue. Cosa gli resta? Il ricordo di una compagna, di un essere che lo capiva, di chi gli stava accanto, simile, antidoto alla solitudine, di un fatto, di un percorso forse più reale del reale nella sua nuova faccia . Anche le cose più trite una volta massaggiate dal tempo perdono gli effetti del dolore o della passione. Le due poesie, come dici, si completano a vicenda; fanno un tutt’uno: realtà, vita, dolore, diversità (ramarro), ma anche serbatoio di immagini, di memoriale che bonifica e rende vera nella sua rielaborazione emotiva, una storia; anche la più triste; la ingentilisce, la fa più nostra; la fa tassello insostituibile di una catartica operazione; è da lì che attingiamo per dare un senso alle rose o alle vele che graffiano i tramonti.
      Grazie della tua realistica e emozionante pièce.
      Nazario

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  3. Caro Nazario,
    ogni tanto ti tuffi nel tuo mare profondo di Lèucade, e ci fai dono di una poesia dove immergi il tuo cuore e la tua anima. Questa volta incendi campi sterminati di papaveri (ormai sempre più rari in natura), ma anche il nostro cuore e la nostra anima. E poi il tutto dona un senso sereno si riposo, e i tuoi versi mi ricordano quelli dell'immenso Lucrezio: "iuvat integros accedere fontis / atque haurire, iuvatque novos decerpere flores / insignemque meo capiti petere inde coronam". (Giova accedere alle pure fonti / e bere, e giova cogliere nuovi fiori / e chiedere poi una corona sul mio capo". E tu cogli sempre nuovi fiori, perché accedi alle pure fonti della terra e ne trai fuori l'anima. con un abbraccio

    Umberto Cerio

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    1. Carissimo Umberto,
      non ti smentisci mai:originalità, cultura, riferimenti classici ad hoc, e sensibilità.
      Grazie
      Nazario

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    2. Caro Nazario, grazie del tuo generosissimo commento. Con questo mio "ramarro viola". partorito da non so quale anfratto della psiche perché è una mia pura invenzione, volevo esprimere l'eterna dannazione del poeta - non solo di quello acclamato, che è giunto più volte sul podio ma anche di quello che ha difficoltà con la penna - per descrivere agli altri quello che prova e la sua enorme fortuna di accorgersi ancora delle meraviglie che ci offre il creato a fronte di un mondo in continuo degrado.
      Ciao e nuovamente grazie
      Carla

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  4. Questo incendio di papaveri fra l’oro del grano accende la luce nella stanza dei ricordi. Ed allora ci sentiamo vivi, un calore antico ci pervade, le emozioni affiorano, si scatenano esplodono in parole poetiche che riscaldano i cuori di chi legge. Grazie Nazario le tue poesie sono sempre un enorme dono. Serenella Menichetti

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  5. Carissimo Professore Pardini...apprezzo e stimo la sua poesia, ma, relativamente al pensiero di quest'ultima, non mi trovo d'accordo. Sarebbe come rinnegare, non riconoscere che grandi poeti del passato abbiano scritto in concomitanza alle loro emozioni, come l'amore per una donna. Il ricordo, il rivivere i colori di un luogo, una persona un sentimento, sono anch'esse emozioni che si tramutano in parole, e generalmente il poeta ne fa un uso amorevolmente sobrio,il Poeta, disinteressato a podi, e a lingue di ranocchie.Così come le emozioni possono tramutarsi in parole accarezzate, quando vivono il momento, un amore, o un luogo di passaggio. Penso per esempio a un dipinto: è un'emozione e forma d'arte anche quella. Non avrebbe senso, valore, l'estemporanea di un quadro? Anche l'estemporanea di verso? Può essere poesia anche quella "...m'illumino d'immenso" non credo abbia necessitato di una cottura lenta. Credo fondamentalmente che ogni poesia, ogni poetica ogni modo di scrivere riflettano fondamentalmente l'autore e il suo modo di essere, anche il vissuto e la sua età, che non è detto corrispondano a quella anagrafica. Di alcuni poeti mi piacerebbe leggere l'anima. Professore, una cortesia, la prossima poesia la dedichi a questo, a chi ha bisogno di ritrovarne una, sperduta nelle paludi gastriche. Emanuele Aloisi

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  6. Chi crede che il pensiero non sia in grado di produrre poesia è smentito da questi versi che nascono da intensa riflessione. "... La realtà / presa così com'è non è abbastanza", scrive Pardini. Occorre un brivido: quell'emozione profonda che supera di gran lunga il nostro ego e ci trascina nel brivido spirituale del creato. Uno stupore lirico purissimo che non ha nulla di soggettivo, né tanto meno di oggettivo, e catapulta nel cuore della creazione universale. Sono catturato
    Franco Campegiani

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    1. Al solito si sommano arguzia interpretativa, sensibilità, e tutti i congegni dell'esistere.
      Grande Franco
      Nazario

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  7. L’opera del poeta…uno specchio della sua vita, delle sue emozioni, dei suoi pensieri, dei colori delle stagioni, dei fremiti del cielo…, della personalità che pur si trasforma nel tempo e che rimane nondimeno luce dubitante, provvisoria e precaria di fronte a una realtà che è sempre deludente ed ha bisogno di essere ricordata, quindi elaborata, per ritornare a commuoverci.Nella poesia il poeta, “solo e diverso”, cerca luogo e tempo non provvisori, ed oggettiva il fuoco della parola. Trova la sua spiegazione in se stessa e mai fuori di essa, pur spingendosi oltre tra gli incantamenti effimeri.La parola esce dai confini, si spinge nel passato- eco di altri echi che si rinnovano- e anela al futuro- altri sconosciuti fuochi- rabbrividenti, cercando, fronteggiando, arricchendo la sua visione e motivazione. Eppure … “di avere amato te ne accorgi dopo” . Ah triste allarmante malinconia che non consola! È solo la ricchezza della solitudine che rispecchia e vanta con pacatezza il dubbio forse salutare che spinge al canto, “da dedicare a chi non ha più il mare”.

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    1. Un vero ritratto psicologico, un chiaro e analitico intervento esegetico; tu hai veramente capito e dettagliatamente descritto la differenza che intercorre tra immagine e realtà. Anche quando il pittore dipinge un quadro naturale non dipinge quello che vede ma l'immagine che ha dentro di sé di avere amato te ne accorgi dopo. Non è l'amore immediato a darti l'input del canto ma l'amore che dentro detta, in tuta la sua olistica metamorfosi temporale...
      Grazie Maria Grazia
      sei grande
      Nazario

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  8. Professor Nazario buonasera. Ho appena letto il Suo componimento e mi sembra appropriato dire ciò che normalmente cito, che' da sempre porto nel cuore, ricordando Dante "... I'm son un che, quando Amore spira, noto, e a quel modo che ditta dentro vo significando". Grazie, un caro saluto Rita Fulvia Fazio

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  9. Grazie professor Nazario, chiedo scusa al blog tutto per il mio errore di errata corrige nella citazione che, oltretutto, trattandosi di Dante è dovuta... (del resto,... ahimé, siamo in Purgatorio e devo espiare!...) sopra riportata e quindi: "...e a quel modo ch'e' ditta..."; e anche, dei miei, a volte, stringati commenti, come quello, che ora vado esemplificando ricollegandomi al Suo precedente commento. Aggiungo alla mia citazione la Sua chiarificazione "in tutta la sua olistica metamorfosi temporale...". Sì, e declamare poesia anche "da dedicare a chi non ha più il mare". È la poesia che va al di là del tempo; poesia che è nel tempo e fuori dal tempo. poesia bella, colta e raffinata, come è la Sua: Poesia. Grazie ancora del Suo tempo, del Suo spazio. Buona giornata,
    Rita Fulvia Fazio

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  10. Grazie professor Nazario, chiedo scusa al blog tutto per il mio errore di errata corrige nella citazione che, oltretutto, trattandosi di Dante è dovuta... (del resto,... ahimé, siamo in Purgatorio e devo espiare!...) sopra riportata e quindi: "...e a quel modo ch'e' ditta..."; e anche, dei miei, a volte, stringati commenti, come quello, che ora vado esemplificando ricollegandomi al Suo precedente commento. Aggiungo alla mia citazione la Sua chiarificazione "in tutta la sua olistica metamorfosi temporale...". Sì, e declamare poesia anche "da dedicare a chi non ha più il mare". È la poesia che va al di là del tempo; poesia che è nel tempo e fuori dal tempo. Poesia bella, colta e raffinata, come è la Sua: Poesia. Grazie ancora del Suo tempo, del Suo spazio. Buona giornata,
    Rita Fulvia Fazio

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  11. Ancora e sempre un cantico. Dedicato al papavero, fiore selvaggio che non sceglie luoghi particolari per fiorire. E nel Poemetto i papaveri, in un'allegoria dolce e ricca di immagini, di rara incontaminata bellezza,vengono accostati alle 'stagioni feconde',al tempo dell'amore di fuoco. Tutto si compie nella magica armonia della saudade e tutto sembra scomparire con il passare degli anni. Si spengono i fuochi, si consuma l'incendio della passione, si prende atto della realtà violenta, che frantuma le icone del passato. Ma Nazario, nei suoi versi metricamente perfetti e quanto mai innovativi, moderni, negli ultimi versi apre lo spiraglio alla speranza:
    "tutto al più
    puoi tramutare i brividi in un canto
    da dedicare a chi non ha più il mare".
    E una chiusa simile, poesia in se stessa, è la speranza di un canto, il Suo, per coloro che hanno perso il senso della vita, sanno brutalizzare e cancellare, senza la consapevolezza che nulla può essere annullato. Nei corsi e ricorsi storici tutto torna e i papaveri, la luce, il fuoco hanno un respiro d'amore che li rende vivi e dona loro la realtà dell'infinito. Un altro gioiello che mi sembra incredibile poter commentare. Va letto, assimilato, e introiettato con i brividi sulla pelle e ogni cellula in tumulto. Non ringrazio Nazario, sarebbe riduttivo. Lo abbraccio forte con infinita gratitudine!

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    1. Mi piacerebbe conoscere il nome, anche se lo immagino, di questa stupenda pittrice di emozioni."...E una chiusa simile, poesia in se stessa, è la speranza di un canto, il Suo, per coloro che hanno perso il senso della vita, sanno brutalizzare e cancellare, senza la consapevolezza che nulla può essere annullato...". Una vera lettura che va oltre il luogo e il tempo per abbracciare, con abbrivi di speranza, il senso dell'amore e della vita. Grazie
      Nazario

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  12. Scusa, Nazario... era notte e sono un pò rmbambita.
    la tua Maria Rizzi

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  13. Lo pensavo; ti avevo riconosciuta dallo stile inconfondibile. Ancora grazie per la tua profonda lettura.
    Nazario

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  14. L'incipit é pregnante di significati ed evoca immagini che toccano nel profondo. Un incendio di papaveri, l'espressione più forte della natura nel mese di giugno, effetti che scaturiscono dalla visione di un simile spettacolo non può che diventare poesia. Siano esse visioni dal vivo o attraverso fotografie o un dipinto, le emozioni impresse da quelle visioni ritornano con la stessa intensità.
    Si fa fatica in questi versi a riconoscere lo stile pardiniano, ma qui il Nostro ha deciso di percorrere spazi diversi, spogliandosi degli abiti classici per indossare le vesti di un fanciullo, facendoci respirare il profumo immenso dei papaveri e della sua vita.
    Un caro saluto

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  15. Grazie Francesco,
    un commento che parla di vita, di amore, di poesia e di natura.Insomma un commento che dice tutto...
    Nazario

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