Paolo Bassani, collaboratore di Lèucade |
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
OMBRALUCE
di
EGIZIA MALATESTA
Prefazione
Ombraluce:
così Egizia Malatesta titola la sua nuova raccolta poetica. Ed è proprio da
qui, dall’intestazione, che voglio iniziare per introdurre il lettore alla
fruizione dell’opera.
Nella seconda strofa della lirica eponima si
legge: “Funambola dei sogni / nascondo il buio / nel pugno di una mano, /
l’altra dischiusa . . . docile / alle lusinghe della luce..
Pochi versi, ma sufficienti - a mio modo di
vedere - per farsi un’idea sul vertere dei contenuti che animano il florilegio
di una poetessa che vive il suo tempo in una terra di demarcazione tra la Toscana e la Liguria.
Un’indicazione geografica da non sottovalutare in
merito a quanto mi appresto a scrivere.
Già, perché - lo abbiamo appena evinto dalla
citazione - la Nostra
si percepisce una “funambola dei sogni”; un’acrobata, dunque, che cammina sulla
sottilissima fune della vita così come agevolmente si muove al confine tra la Lunigiana (dove è nata)
e l’ultimo tratto di costa a ridosso della Versilia (dove risiede).
Il tutto, senza perdere l’equilibrio, cercando di
non sbilanciarsi né da una parte né dall’altra, né verso l’ombra - appunto - né
verso la luce; celando il buio e tenendolo stretto nel pugno e palesando la
luce sul palmo di ciascuna delle proprie mani.
L’esistenza è gaudio ed amarezza, afflizione e
consolazione: ne abbiamo ogni giorno riprova, ma se non si accetta totalmente
va a finire che il dolore ti schiaccia e la gioia non ha la forza necessaria a
scendere nell’intimo dell’anima.
E sotto gli occhi di tutti: il mondo è diviso in
modo disuguale tra ricchi e poveri (con larga maggioranza dei secondi) ma,
ancor di più, e ancora più veneficamente, dalla sperequazione tra felicità ed
infelicità (anche in questo caso, con l’ago della bilancia che pende in favore
di quest’ultima).
Quello che, però, davvero sconcerta è che i
cosiddetti felici, in realtà, non lo sono. Come mai? Qualcosa non torna. E qui
si denuncia - con le povere armi della parola - questo stato di cose.
Così, in Olga dome (mi sia consentito reputarla la migliore del testo), l’autrice
vede Olga Kogut (trentunenne ucraina) morire di stenti e di indifferenza, in
un bosco alla periferia di Carrara, con un bimbo in seno di sette mesi.
A lei, a loro, rivolge il suo canto: “Olga dorme
/ l’Ucraina è lontana, / lontane le voci, trasparente il dolore, / il respiro
si perde, / nel buio finisce l’attesa: / china il capo la rosa, / nel grembo
appassisce / non nato lo stelo // Per i mercanti di sconfitte / e i venditori
di rose senza odore / sarà festa domani. / Porteranno all’occhiello quel fiore
/ ostentando un dolore di poche / recitate parole. .
Soltanto “l’ostinata compassione dell’erba”, il
soffio freddo ma infiammato del vento potranno e sapranno consegnarla al
silenzio, la voce inimitabile della poesia.
Desidero, tuttavia, insistere sull’aspetto
malinconico di questa scrittura: è uno spleen del tutto soggettivo e
circostanziato quello della Malatesta.
C’è una lirica - di nuovo - che può rivelarlo
forse meglio di altre: mi riferisco a Un albeggiare lontano, dove la mestizia, oltre a non degenerare in amarezza e
sconforto, neppure sconfina in quell’infelicità, artefatta quanto il
benessere, di cui ho già precedentemente parlato.
“Chiudo gli occhi / e ritorna / la mia età
migliore / nascosta dentro / un’altra età /..../ Eppure mi sorride / un albeggiare lontano / di fiume che scorre /
verso il mare / laddove il futuro / ritorna / verso il suo passato / in un
eterno andare.”.
Ecco, è in questo sovvertimento che mi piace
scovare la cifra più alta della poetica che propone Ombraluce.
L’immagine del fiume che risolve la sua corsa
sfociando nel mare è chiara allegoria della vita: il ciclo dell’acqua non ha
termine - di più - non si sa dove nasca né dove muoia l’acqua; evapora dal mare
per alimentare la sorgente e, dalla stessa, sgorga per cercare il pelago
salato.
In modo analogo, Egizia, si rimette all’esistenza
con fiducia, con la fede autentica di chi crede nella natura spirituale della
realtà.
Sandro Angelucci
Ringrazio sentitamente Paolo Bassani per aver voluto comunicare ai lettori di Lèucade la presentazione del nuovo lavoro di Egizia - nostra comune e cara amica - nella sua Caprigliola attraverso la pubblicazione della prefazione da me redatta sul testo poetico.
RispondiEliminaOvviamente il mio grazie va anche a Nazario, come sempre disponibile e attento a questi eventi.
Sandro Angelucci