Latino
(...)
Dixit, et, os impressa toro, “Moriemur inultae,
sed moriamur” ait. “Sic, sic iuvat ire sub umbras:
Hauriat hunc oculis ignem crudelis ab alto
Dardanus, et nostrae secum ferat omina mortis.”
Dixerat; atque illam media inter talia ferro
conlapsam aspiciunt comites, ensemque cruore
spumantem, sparsasque manus. It clamor ad alta
atria; concussam bacchatur Fama per urbem.
Lamentis gemituque et femineo ululatu
tecta fremunt; resonat magnis plangoribus aether,
non aliter, quam si immissis ruat hostibus omnis
Karthago aut antiqua Tyros, flammaeque furentes
culmina perque hominum volvantur perque deorum.
Italiano
(...)
Così disse e imprimendo la bocca sul letto, disse: “Moriremo invendicate
ma moriamo”. “Così così mi piace andare tra le ombre;
il crudele troiano beva con gli occhi dall’alto mare questo fuoco
e porti via con sé i presagi della nostra morte”.
Così parlò, e nel mezzo di tali parole le ancelle
la vedono gettarsi sulla spada e vedono la spada
spumeggiante di sangue e le mani cosparse (di sangue). Il clamore
sale alle volte della reggia: la Fama impazza attraverso la città attonita.
Le case fremono di lamenti, di gemiti e di urla di
donne, l’aria risuona di grandi strepiti, non
diversamente che se penetrati i nemici tutta Cartagine o l’antica Tiro crollasse,
o se le fiamme impetuose si diffondessero sia attraverso
le abitazioni degli uomini sia attraverso i templi.
Traduzione di Carla Ardizzone
Desidero rivolgere i miei complimenti alla professoressa Ardizzone per la perfetta traduzione della morte di Didone, tratta dal IV libro dell'Eneide. Le reminiscenze scolastiche portano sul cammino della grande storia d'amore tra Enea e la regina di Cartagine, finita nel peggiore dei modi con il suicidio della donna. Ma la lettura in latino, pur difficile, consente di vivere aspetti di alto valore non solo mitologico. Torniamo, infatti a identificare il mito con la conoscenza. I sentimenti messi in luce dalla professoressa sono , infatti, quelli umanissimi della rabbia, della vendetta e del rimpianto per non aver pensato a distruggere per tempo l'intera stirpe troiana. La descrizione del suicidio e della maledizione sono visibili. E ci consentono di accedere alla storia più che alla leggenda, scomponendo il mito nella mitopoiesi e assimilando tutti gli aspetti umani e autentici della tragedia. Mi sono emozionata leggendo la vicenda e approfondendo la capacità di traduttrice della professoressa. Ho avuto la netta situazione che il tempo, come un elastico, si tenda e crei storie destinate a ripetersi inevitabilmente. Forse Giambattista Vico aveva le sue ragioni.
RispondiEliminaBellissimo post. Ringrazio e saluto con affetto la dottoressa e il mio caro Nazario...
Maria Rizzi