lunedì 10 giugno 2019

ANNA CASTRUCCI LEGGE: "AD OGNI NUOVO GIORNO" DI GIOVANNI SCRIBANO


Anna Castrucci legge
AD OGNI NUOVO GIORNO 
di GIOVANNI SCRIBANO
Edito nella collana Parallelismo delle Arti 
da Guido Miano Editore, 2019



“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo”. (Paolo VI, Enchiridion Vaticanum, 1, p. 305).

La poesia di Giovanni Scribano incontra, nella silloge Ad ogni nuovo giorno, una vera e propria galleria di Artisti: maestri, pittori e scultori come Marcello Antonelli, Giovanni Conservo, Henri Fehr, Franco Manzoni, Franco Ruggiero ed uno straordinario maestro fotografo Michelangelo Miano. Si ripete così il fruttuoso accostamento tra Artisti e Poeti, consuetudine dell’Editore Guido Miano, per la prestigiosa collana Parallelismo delle Arti. L’intento resta sempre quello di cogliere di volta in volta, ed in modalità sempre differenti, l’incontro tra l’ispirazione del Poeta con quella dell’Artista nella comune volontà di trasmettere l’universale messaggio di armonia e bellezza. Di tale messaggio l’umanità intera non può fare a meno, pena il disperato sprofondare nell’afflizione e nell’angoscia. Compito dei Poeti e degli Artisti è perciò custodire e svelare i luoghi della Bellezza e dell’Armonia poiché è qui che brilla il divino. Il poeta lo fa con l’intelligenza della parola scritta o declamata, scultori, pittori ed oggi anche fotografi, figli prediletti della settima arte, lo fanno con l’intelligenza delle loro mani e del loro sensibile occhio, strumento privilegiato per esprimere e fermare i pieni sensi di una Vista interiore. Ogni poeta ed ogni artista, quasi sempre per trovare Bellezza ed Armonia, sa di dover pagare un ‘fio’ cioè di dover percorrere le strade dell’esistenza umana, accompagnandosi tra mille vicissitudini con l’amore ed il dolore. Mi piace affermare con Fëdor Dostoevskij che il connubio tra questi sentimenti e la loro condivisione ne genera sorprendentemente un altro, la compassione, che innegabilmente dona potere salvifico e grande forza di ispirazione. Poeti ed artisti, più di altri, conoscono e vivono la compassione. Essi la manifestano non solo avvertendo il male altrui, ma sentendo anche il desiderio di alleviarlo pur restando testimoni incantati eppure partecipi dello scorrere eracliteo di una realtà mutevole in cui è arduo, oggi più che mai, cogliere il Vero. È in questo continuo scorrere che nella lettura del libro Ad ogni nuovo giorno, si incontra il singolare paesaggio poetico di Giovanni Scribano. Autore complesso ed antitetico, capace di rivelare, con abilità da maestro, il suo personale gioco di luci ed ombre, gioie e sofferenze, emozioni idilliache, impeti di rabbia e di cinerea tristezza. Questo crogiuolo di emozioni e sentimenti, danno vita ad una poesia che indubbiamente è specchio della vita di Scribano. Egli sembra avvezzo ad esperienze di vita sofferta, non solo patita, ma anche semplicemente incontrata e come oggetto osservata. L’essere solo testimone, consente a Scribano di introdurre il lettore, in atmosfere che a tratti, si aprono a luci e trasparenze di vera poesia : “La luce nutre la vita, l’acqua le zolle; / un’umida fragranza spira dal monte / ove stupefatto mi coglie la brezza.” (Meditazione) per ricadere poi nel trasmutarsi grigio, ma per questo non meno poetico, della realtà quotidiana che nel buio della sorda sofferenza può ridurre tutto al silenzio poiché “La parola è cenere / quando ormai la campana rintocca / su un mondo di mattatoi. / Gli alberi son già segnati / dalla nascita.” (Avvisaglie d’Apocalisse).
A questi stati d’animo ambivalenti il lettore attento accosta agevolmente “Colloquio” 1983, opera in legno di Giovanni Conservo. Qui l’anima umana, personificata e distinta in ombra e luce, appare tra gli alberi a colloquiare con se stessa. Sta sulla soglia di una magica porta che potremmo definire anche specchio immaginario in cui rifrange e contempla i suoi lati opposti. Il tema dell’uomo e della sua ombra oppositrice, si ripropone ancora in Conservo nella “Figura con ombra ed agnello” 1978 a cui in parallelo, fanno eco i versi contrastanti di Scribano: “Un uomo che finalmente s’ascolta, / un uomo ferito, esiliato dalle pene./… Ho attinto alle secche fonti del peccato / e alle limpide acque della purezza. / … Ora la mia vita è ombra / ombra che grava / sui miei sogni e sulle mie speranze.” (Caduta)
La poesia di Giovanni Scribano, ripropone queste riflessioni, in un suo intimo personale combattimento in cui coinvolge la memoria, il suo presente e la natura che lo accoglie e protegge. Nella poesia È stato inutile, ad esempio, l’alone nostalgico della memoria imprigiona un’immagine di donna inutilmente amata “Fra i ricordi ingialliti /…/ ho fermato un momento: / ti rivedo… splendente danzare fra i fiori frementi,” e se si potesse dare un colore ed un viso alla donna, così lontana nel tempo come appare, certamente potremmo accostarla alla “Giovane Fanciulla” di Franco Ruggero, suggestivo pastello del 1958, dove colore e tratto creano abilmente l’atmosfera nostalgica del ricordo. Nella lirica Parole in gabbia invece, Scribano sembra scomporre le varie fasi del processo in cui si formano i suoi pensieri e le sue parole, dapprima ingabbiate nella penna, poi sospese nei pensieri mentre attende una pagina vuota. Il poeta sa che dovrà togliere “…la calce che ricopre il cuore” solo così “…i versi s’allungano / e l’accento ricade / su vocali d’occasione.” Gli occhi che guardano con amore superano ogni perplessità e accettano di scrivere lettere anche d’occasione a chi possono recare gioia. Versi che sembrano davvero specchiarsi nell’opera “La Lettera” 1968 del maestro Saverino Galassi.
Il profondo scontrarsi e incontrarsi dell’emozioni e delle sensazioni in Scribano produce versi, ora asciutti ed ora aspri, tipici di uno stile tagliente e surreale: “La notte elettrica s’allunga sul balcone / Nel Frigo elettricità di lumache… / Occhio di seppia vitreo stupore naufraga.” (Notte liquido-elettrica). Quando poi il sentimento è acuto e sofferente, il poeta Scribano, senza timore sconfina abilmente, in una prosa, agile e sintetica, appena contenuta nel verso. Leggiamo infatti in Babele: “Nella livida eccentricità della sera/s’ergono strumenti di sistematica tensione/ e di trasformazione.” Questi, sono i momenti in cui il suo guardare la collettività nel suo continuo mutare, si avvicina a tematiche sociologiche e a quei fenomeni di trasformazione sociale che toccano insieme l’essenza del progresso umano e il suo rapporto con la spiritualità. Il maestro Marcello Antonelli con l’olio e collage “Il cammino dell’uomo” 1970, esprime pari sensibilità e ispirazione di Scribano, ritraendo Cristo, uomo e Dio, che porta la sua croce e l’uomo astronauta che porta come croce i suoi orpelli tecnologici. Entrambi camminano, però in opposte direzioni, l’uomo verso una gigantesca, irraggiungibile luna e Cristo in primo piano, schiacciato dalla croce verso l’umanità che lo osserva.  Amarezza e constatazione oggettiva delle brutture e delle ingiustizie sociali ecco cosa ci resta. Tuttavia a guardar bene Scribano non smette mai di perseguire la sua ricerca del bello e del vero e in questo suo cercare sta la sua denuncia e il suo umano impegno. Egli riesce a cogliere perciò nel suo antitetico sentire, anche aspetti più ideali e luminosi della realtà che rimandano alla sfera personale dei ricordi: “Il tuo capo si posa / e il tuo sorriso è una nuvola scarlatta / che si nasconde dietro le cime. /…/ E ti penso mentre racconti fiabe alle stelle.” (Il tuo Sorriso).
Sembra placarsi l’interiore combattimento di Giovanni Scribano solo nello Spirito che la natura gli alita: “Palpitano e si rallegran le ciglia / si sommuove la terra /…/ e t’ammira la rosa e l’edera / dal cuore rugginoso.” (Risveglio). Così, in una sorta di razionale accettazione constata che “L’universo semina docili sorsi / d’azzurro cupo e di lillà. / Le gocce dell’umida erba / rilucono come diamanti / e le montagne congedano il sole. /…/ Domani di me resterà solo / un bacio nella sabbia impresso.” (Vespero). Un’idilliaca presa d’atto del proprio essere, semplicemente uomo. Solo lo scatto fotografico, lucido e intenso del maestro Michelangelo Miano, può confermare la constatazione del poeta aggiungendo ulteriore intensità e ulteriore passione. Michelangelo Miano lo fa con due scatti purissimi in cui la realtà della natura appare umile e grande e in essa si incontrano nello stesso tempo la bellezza e il divino. La rugiadosa e umile rosa dimentica della sua stessa bellezza, guarda quella del cielo sovrastante ne “La rosa che ammira la bellezza del cielo” Foto Catanzaro 2018. Mentre “Nel buio, l’infinito del mare che diventa rumore”, Foto Località Maierato (VV) 2018, il paesaggio vespertino trabocca di silenzio che anche gli occhi possono sentire. Giovanni Scribano gli si accosta con i versi: “Il verde si spegne in un volo d’uccelli, / non di sgomento è tempo / ma d’incanto.” (Vespero).


Nessun commento:

Posta un commento