domenica 2 giugno 2019

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE: "CUORINERI" DI S. PINO D'ASTORE



Nell'ambito della rassegna romana Iplac
Simona Pino d'Astore ha presentato il romanzo "Cuorineri"
presso il Caffé letterario Horafelix


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Edito da GRAUS Edizioni nell'aprile 2019 (freschissimo di stampa, dunque), il romanzo di Simona Pino d'Astore, Cuorineri, ha una matrice documentaria che sconfina nell'inchiesta giornalistica e riguarda episodi e personaggi inquietanti della malavita pugliese, brindisina per l'esattezza. Come l'autrice ha dichiarato, il libro è stato scritto sulla base di interviste da lei stessa fatte ai personaggi principali del racconto, che sono dunque reali e che le hanno rivelato la loro vera storia, sia pure da lei romanzata e ingranata dentro altre storie inventate, comunque ispirate al vissuto degli ultimi trent'anni del territorio brindisino, area in tutto simile a qualunque altra area urbana del mondo.
Il linguaggio è avvincente, filmico, con colorite incursioni dialettali e un andamento da thriller, dove l'intreccio e la stratificazione di fatti apparentemente sconnessi tra di loro, ma la cui connessione viene compresa man mano che si procede nella lettura, creano suspense e tengono alta l'attenzione del lettore dalla prima all'ultima riga. Su questo sfondo realistico, che nonostante alcune somiglianze, sarebbe improprio inserire nel filone del giallo, l'autrice innesta analisi sociologiche e psicologiche raffinatissime, ma soprattutto messaggi etici tesi a ristabilire il ruolo sociale e la funzione morale della letteratura e dell'arte. Una scrittura sanguigna, pertanto, che non si allontana mai dalla vita inseguendo capricci ed evasioni oniriche.
Un programma estetico tutt'altro che evasivo ed effimero, ma strettamente legato alle cose, mostrando come sia proprio la realtà a reclamare la presenza dei sogni. "La gente nella vita rinuncia ai sogni solo per inseguire i bisogni", scrive l'autrice. Poi, però, nel corso della lettura ci si rende conto di quanto illusorio e nocivo possa essere il tentativo di soddisfare i bisogni in assenza totale di sogni, ovvero di ideali da raggiungere. Si diviene materialisti nel senso più bieco del termine, come accade ai protagonisti delle vicende narrate, che tuttavia, profondamente contraddittori e ricchi dentro, riescono a porre in discussione se stessi, rimodellandosi e modificando drasticamente i propri comportamenti.
"Uomini non comuni, asserisce la scrittrice, ..., con sentimenti comuni a tutti gli uomini". E aggiunge: "La verità che ne scaturisce è strabiliante: ognuno di noi nasconde in sé due anime e usa quella che impara ad alimentare durante il suo cammino. Eppure, per tutti, anche per i più spietati assassini, esiste una luce in fondo al tunnel. La luce di una scelta diversa". Sulle prime l'autrice sembra avallare la tesi che divenire professionisti del crimine sia una sorta di scelta obbligata per chiunque voglia affrancarsi dalla miseria, dai soprusi e dalle privazioni, quasi una conseguenza inevitabile per rivalersi di un'infanzia e di un'adolescenza dominate dalle angherie, dalle violenze, dal degrado e dalle sofferenze indotte da uno stato sociale infimo.
Da qui l'ossessione di potere e di arricchimento sfrenato dei protagonisti. Seminare odio e terrore per riprendersi ciò di cui si è stati privati e mostrare a tutti quanto si vale realmente. Voglio citare alcuni loro pensieri, estratti dal testo, utili a farne capire la visione del mondo: "Quello che imparo, lo imparo per strada e lì non c'è spazio per la fantasia"; "Il mio motto sta diventando o con me o contro di me"; "Per valere qualcosa devi saper fottere il prossimo più e meglio degli altri"; "Imparo velocemente a non pentirmi minimamente di quello che faccio"; "Io non posso avere gente che mi comandi, chi può farlo non è ancora nato"; "La carne la mangia solo chi è capace, gli altri devono accontentarsi della brodaglia". E infine: "E' il numero di morti a definire il tuo livello di credibilità. Più di qualsiasi altro reato. Molto di più".
Sono solo alcune delle frasi che l'autrice pone in bocca ai suoi personaggi, espressioni che ben sintetizzano il programma del mafioso, la sua inestinguibile sete di rivalsa sociale, il suo percorso disseminato di crimini, che sulle prime la scrittrice sembra dichiarare obbligato, una sorta di maledizione ineludibile, ma che pian piano invece si rivela superabile. Un atteggiamento certamente comprensivo, ma non per questo permissivo, nei confronti della delinquenza. Anzi, il vero intento della scrittrice è di far comprendere che "un cambiamento è possibile anche laddove gli uomini si vedono come condannati ad una dannazione eterna”. Dipende da loro, dalla loro volontà di rinascere, di essere autentici.
Un cambiamento, chiarisce l'autrice, che in questo caso, "non passa attraverso il pentitismo, come molto spesso è accaduto negli ultimi anni, dove pentirsi significa denunciare altri solo per avere uno sconto di pena. In questo caso particolare si tratta di uomini che non hanno né chiesto né avuto sconti di pena, ma che vogliono dimostrare con il loro comportamento che per tutti è possibile modificare il percorso di vita in meglio, dopo aver pagato pienamente per i propri errori”. I tre protagonisti - Franco Altavilla, Luigi Narcisi e Luigi Patisso -  si muovono sullo sfondo di una città dissestata dal contrabbando, dalla corruzione e dallo spaccio, con storie segnate da reati penali d'ogni genere, ma accortisi della vanità di una vita vissuta all'insegna della prevaricazione, della superbia e dell'inganno, decidono di cambiare.
Si ravvedono e danno avvio ad un processo di bonifica interiore che li porta a vivere all'insegna dell'onestà, impegnandosi nel sociale in un'opera di risanamento civico e di liberazione della città dalla corruzione che la sta distruggendo. Una visione del mondo che lega fortemente gli individui alla città, alla comunità in cui vivono. Dove però inizialmente i protagonisti subiscono l'azione aggressiva dell'ambiente - e la subiscono sia pure divenendo capibanda - successivamente, quando decideranno di vivere anziché di lasciarsi vivere, reagiscono al plagio, al pilotaggio di partenza, al senso di rivalsa che li induceva a conquistare il mondo, comprendendo che non sempre i padroni del mondo riescono ad essere padroni di se stessi.
Si può essere infatti schiavi del mondo pur esercitando funzioni di comando, mentre si può essere padroni di se stessi pur vivendo nella precarietà e nella miseria. Non dipende dal conto in banca. Patisso, uno dei personaggi chiave del libro, si era già accorto di quel perverso plagio mentale che lo aveva reso vittima della smania di mostrare ad ogni costo il proprio valore, sottomettendo con il terrore e con ogni mezzo: "Ho iniziato a vivere da tempo come se non dovessi morire mai, confessa, eppure sento che questa scelta mi farà morire dentro". E giustamente Simona commenta: "Quando sbagli una volta continui a farlo, accumulando crimini su crimini, condanne su condanne. E' un circolo vizioso in cui entri e dal quale difficilmente riesci ad affrancarti".
Difficile certamente, ma non impossibile. Da un lato l'autrice dà vita ad un grande, umanissimo sforzo di comprensione del male, rintracciando le ragioni sociali e storiche della delinquenza (interessanti i riferimenti alla situazione carceraria durante il dominio di Carlo I d'Angiò, nel milleduecento). Dall'altro lato, tuttavia, la pietas per questo mondo crudele e disumano, non le impedisce di indicare le impervie vie che possono condurre fuori dal baratro. Non c'è dubbio che la società, la famiglia, l'ambiente e tutti i possibili fattori esterni abbiano le proprie colpe. Non è tuttavia sostenibile che le colpe siano solo e sempre degli altri, giacché del contagio ciascuno è responsabile. E ciascuno dovrebbe farsi carico della propria bonifica interiore, come fanno i protagonisti delle inquietanti vicende narrate.
Nessuna condanna, ma nessuna assoluzione. La scrittrice non giudica, e tuttavia plaude a questi personaggi che riescono a rimodellare la propria esistenza, imboccando una via diametralmente opposta a quella iniziale. Sono tanti ad essere coinvolti nelle spire della mafia. Per arrotondare il misero stipendio, ad esempio, persino il secondino finisce per farsi corrompere, perché, scrive Simona, "il cervello è una sfoglia di cipolla e nessuno può ritenersi incorruttibile". Per non parlare poi dei personaggi politici e dei molti illustri protagonisti della vita civile. "Mafia, politica e giustizia, scrive l'autrice, camminavano sempre più spesso di pari passo, mescolandosi in commistioni e matasse inestricabili, abilmente create da esperti malavitosi, insospettabili colletti bianchi, credibilissimi uomini in divisa".
In tanto degrado morale nasce impellente la necessità del riscatto. Molto spesso è così. Dal male nasce il bene e tutti hanno la sensazione della fine di un'epoca, del bisogno di aprire un nuovo corso. Quel corso cui il Patisso si era lungamente preparato, studiando in carcere e giungendo persino a laurearsi. Ma è il Narcisi il personaggio chiave della svolta morale del gruppo, quando, dopo l'incidente con la moto che lo spedisce in coma per un mese, si risveglia miracolosamente e decide di cambiare radicalmente vita, come spesso si narra nelle esperienze pre-morte, vissute ai confini con la morte. I due, insieme ad Anna candidata a sindaco, giornalista e antica compagna di infanzia del Narcisi, possono così dedicarsi al riscatto di se stessi e al rinnovamento della vita cittadina.  
                               
Franco Campegiani

                                                          

1 commento:

  1. Non ero presente all'evento, che si è svolto in collaborazione con il nostro Circolo, ma la relazione del grande amico Franco mi consente di vivere interamente l'atmosfera inquietante e coinvolgente di questo romanzo -inchiesta.L'Autrice, Simona Pino d'Astore si è inoltrata in territori difficili per indagare su un fenomeno che riguarda il suo territorio, ovvero la città di Brindisi, ma purtroppo è specchio, come asserisce Franco, di molte aree urbane della nostra penisola. Un'inchiesta che è resa ancora più vivibile - il nostro relatore, infatti, la definisce 'filmica' -, grazie alle interviste ai diretti interessati, a coloro che sono stati 'coinvolti nella spirale della mafia'. La presenza di uno di essi in sala e la sua storia incredibile, ha reso l'evento ancora più avvincente. Un romanzo che segna un grande esordio e che verrà apprezzato ovunque. Fiorella Cappelli e Franco Campegiani hanno dato il contributo iplac a una serata così importante, e il mio profondo ringraziamento va a entrambi e a Simona, che non conosco di persona, ma sento già vicina al mio cuore.
    Maria Rizzi

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