La silloge "OLTRE LA SOGLIA" è stata selezionata nella rosa dei 21 del Premio Camaiore, e come finalista al Premio Europeo Clemente Rebora
Serenella Menichetti, collaboratrice di Lèucade |
Recensione- Serenella Menichetti- Oltre la soglia
di M. G. Ferraris
Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
- Ho commentato
via, via nel tempo, seguendone la scrittura, alcune poesie di Serenella
Menichetti, notandone la cultura, la sapienza immaginifica e l’abilità
compositiva, ora mi trovo una silloge completa- OLTRE LA SOGLIA- titolo quanto
mai emblematico, che indica la strada da lei percorsa in questo ultimo tratto
di fatica e gioia compositiva. Oltre, la composizione iniziale, ci indirizza
sagaciamente permettendo di seguirla nel suo itinerario di ricerca (“Senza
timore/T'immergi negli abissi./Per cercare occhi di luce.”). È ben consapevole
comunque la nostra poetessa che l’approdo non è facile né vicino…(
..”nell’ignoto s’annega”) e che gli occhi della verità interiore dicono che pur
nel silenzio, nello sforzo di cercare realtà edificanti, rassicuranti, poesia e
ispirazione, “la regina è nuda”.
L’ispirazione, la ricerca di poesia, la lingua …hanno i loro aspetti bizzarri e spiazzanti , poesia è selezione, impegno, fatica quotidiana: “Costruire parole, edificare concetti, innalzare universi.” Partorire personaggi mai visti … come entrare in punta di piedi in un sogno e smarrirsi, perdendo le coordinate del quotidiano. Significa anche fare la propria guerra con la lingua e le sue leggi (“Ti dibatti tra linguaggi di ortica/ Ti scontri con verbi appuntiti/ Concetti al veleno ti immobilizzano ...”), eppure infine sa che la sua strada è segnata: “Lo sguardo cerca la rosa./S’aggrappa a gemme/nascoste”. Versi che indicano con efficacia il suo impegno continuo, nonché il fine.
La natura diventa fonte di riflessione non scontata, non banale, come quell’albero autunnale solitario e melanconico che sa dell’attesa, o l’inverno gelato, vuoto e senza colori che induce al sogno del risveglio consapevole, che “l’attesa è un treno in ritardo”, ma anche fonte di rinascita, di vita, di attimi di felicità come le viole che rifioriscono, gli uccelli che “sorridono” insieme all’albero
nel giardino delle meraviglie.
Gli affetti familiari diventano lirica struggente nel ricordo e nel loro dolore contenuto. Si calano nei ricordi della quotidianità: la brace accesa del caldano,le legna scoppiettanti della stufa,i sapori della cucina: il polpettone saporito e gli gnocchi del giovedì….La tremenda ineluttabile verità della morte: l’assenza, la memoria, il dolore che non si riesce a metabolizzare…
… “Una nonna con la testa interamente coperta da una pezzola scura,/quieta spalmava panna di latte su pane fresco./Un magico gatto tigrato, di giorno acciambellato/ su una sedia impagliata, attendeva il tramonto...La morte di nonna l’aveva fatto sparire./Sono certa che conoscesse la strada per il Paradiso”. Eh, come pesano i ricordi! che riconducono a un passato struggente, lontano ma non defunto.
“Chiamalo ricordo./E’ il prezioso lenzuolo in lino del tuo corredo
conservato al buio di una cassapanca tarlata.
Tu sulla soglia seduta/ lo osservi mostrarsi in tutte le sue pose.
Poi i fiori:i mille piccoli fiori di myosotis, una piccola ma non inutile consolazione.
Non manca la dedica a Pisa, la Pisa colta, dotta e generosa del contino Leopardi che lontano da Recanati torna a vivere, a sognare, a poetare…, la Pisa velata di nostalgia,serale, caleidoscopica dalle spallette del ponte di mezzo, degli studi, dei primi successi, dei monumenti così cari ai turisti, simboli di nascita- vita e morte…Nella loro maestosità sfilano davanti agli occhi, segnati dalla intimità della appartenenza affettiva, come quella S. Maria della Spina, il gioiello, silenziosa sull’Arno, che scorre lento, e riporta all’innamoramento giovane, che rivive nel ricordo.
Una città che è un mondo, una vita, un micro-macrocosmo.
C’è la consapevolezza che per quanto melanconica e deludente, precaria, misteriosa la vita è un bene meraviglioso e inestimabile.
La seconda parte della silloge la vede impegnata nella ricerca poetica fondata sulla NOE «nuova ontologia estetica», stile più oggettivo-realistico, e sperimentare una dizione meno intimista, come dà atto G. Linguaglossa.
Ma il suo stile veloce ed irrequieto è solo in progress e non dimentica nulla del passato: vedi ad esempio Ci sono Palazzi, che chiude la raccolta, dove le cose- i palazzi notturni , l’ascensore, la vecchia radio, la gabbia spalancata, i fiori appassiti, la sedia impagliata sono i correlativi oggettivi della solitudine (“Al quarto piano il tarlo dell’assenza non si stanca di rosicchiare./Un pezzo dei nostri cuori è diventato polvere.”).
Come sempre Serenella Menichetti sta cercando il suo lasciapassare per l’isola dei nostri sogni, quella della poesia.
L’ispirazione, la ricerca di poesia, la lingua …hanno i loro aspetti bizzarri e spiazzanti , poesia è selezione, impegno, fatica quotidiana: “Costruire parole, edificare concetti, innalzare universi.” Partorire personaggi mai visti … come entrare in punta di piedi in un sogno e smarrirsi, perdendo le coordinate del quotidiano. Significa anche fare la propria guerra con la lingua e le sue leggi (“Ti dibatti tra linguaggi di ortica/ Ti scontri con verbi appuntiti/ Concetti al veleno ti immobilizzano ...”), eppure infine sa che la sua strada è segnata: “Lo sguardo cerca la rosa./S’aggrappa a gemme/nascoste”. Versi che indicano con efficacia il suo impegno continuo, nonché il fine.
La natura diventa fonte di riflessione non scontata, non banale, come quell’albero autunnale solitario e melanconico che sa dell’attesa, o l’inverno gelato, vuoto e senza colori che induce al sogno del risveglio consapevole, che “l’attesa è un treno in ritardo”, ma anche fonte di rinascita, di vita, di attimi di felicità come le viole che rifioriscono, gli uccelli che “sorridono” insieme all’albero
nel giardino delle meraviglie.
Gli affetti familiari diventano lirica struggente nel ricordo e nel loro dolore contenuto. Si calano nei ricordi della quotidianità: la brace accesa del caldano,le legna scoppiettanti della stufa,i sapori della cucina: il polpettone saporito e gli gnocchi del giovedì….La tremenda ineluttabile verità della morte: l’assenza, la memoria, il dolore che non si riesce a metabolizzare…
… “Una nonna con la testa interamente coperta da una pezzola scura,/quieta spalmava panna di latte su pane fresco./Un magico gatto tigrato, di giorno acciambellato/ su una sedia impagliata, attendeva il tramonto...La morte di nonna l’aveva fatto sparire./Sono certa che conoscesse la strada per il Paradiso”. Eh, come pesano i ricordi! che riconducono a un passato struggente, lontano ma non defunto.
“Chiamalo ricordo./E’ il prezioso lenzuolo in lino del tuo corredo
conservato al buio di una cassapanca tarlata.
Tu sulla soglia seduta/ lo osservi mostrarsi in tutte le sue pose.
Poi i fiori:i mille piccoli fiori di myosotis, una piccola ma non inutile consolazione.
Non manca la dedica a Pisa, la Pisa colta, dotta e generosa del contino Leopardi che lontano da Recanati torna a vivere, a sognare, a poetare…, la Pisa velata di nostalgia,serale, caleidoscopica dalle spallette del ponte di mezzo, degli studi, dei primi successi, dei monumenti così cari ai turisti, simboli di nascita- vita e morte…Nella loro maestosità sfilano davanti agli occhi, segnati dalla intimità della appartenenza affettiva, come quella S. Maria della Spina, il gioiello, silenziosa sull’Arno, che scorre lento, e riporta all’innamoramento giovane, che rivive nel ricordo.
Una città che è un mondo, una vita, un micro-macrocosmo.
C’è la consapevolezza che per quanto melanconica e deludente, precaria, misteriosa la vita è un bene meraviglioso e inestimabile.
La seconda parte della silloge la vede impegnata nella ricerca poetica fondata sulla NOE «nuova ontologia estetica», stile più oggettivo-realistico, e sperimentare una dizione meno intimista, come dà atto G. Linguaglossa.
Ma il suo stile veloce ed irrequieto è solo in progress e non dimentica nulla del passato: vedi ad esempio Ci sono Palazzi, che chiude la raccolta, dove le cose- i palazzi notturni , l’ascensore, la vecchia radio, la gabbia spalancata, i fiori appassiti, la sedia impagliata sono i correlativi oggettivi della solitudine (“Al quarto piano il tarlo dell’assenza non si stanca di rosicchiare./Un pezzo dei nostri cuori è diventato polvere.”).
Come sempre Serenella Menichetti sta cercando il suo lasciapassare per l’isola dei nostri sogni, quella della poesia.
Maria Grazia
Ferrraris
Gavirate 17-02-2019
Gavirate 17-02-2019
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