mercoledì 22 giugno 2011

Per Ninnj Di Stefano Busà

Per Ninnj Di Stefano Busà

Mi è giunta la tua raccolta in un momento di dolce ozio; l’ho letta di un fiato e ne ho tratto una grande emozione per la freschezza con cui sai rendere esteticamente amabile tutto ciò che è problematico ed esistenziale.

Lo stesso cruccio di essere mortali in te si fa sicurezza poetica. E la stessa insicurezza nell’essere umani in te si fa elevazione lirica. La tua poesia significa lo slancio umano più ardito a cui l’anima possa ambire per avvicinarsi il più possibile all’inarrivabile. Tutto è nascosto nei meandri delle cose, ma tutto è gibigiana pei sapienti accostamenti fonici e metaforici: per te sono le realtà esterne che parlano, ed ognuna di esse è fedele immagine di un momento di vita; allegoria calzante dell’essere e dell’esistere, dolore e riposo in nirvana edenico. E la parola, ora secca, ora ampia, circolare, facilita l’abbandono alla meditazione sull’impossibilità del tutto. E l’importante ed attento uso del significante metrico accosta dire e sentire in una simbiosi che fa della tua poesia un lirismo personale e senza confini fra impegno e soggettivismo. Ma l’unicità del tuo dire si evince soprattutto dal saper elevare da soggettiva a universalmente sentita la precarietà della condizione umana. Le piccole comuni cose che ora ci angosciano, ora ci esaltano, ora ci illuminano si fanno ritratti di un sentire umanamente complesso, ma in te frutto di immagini covate nell’anima che fuoriescono per dire che esistono. E da una condizione in cui: “Frana dai displuvi lo strazio delle pietre, / si addensa la desolazione degli inerti / e tutto pare una trafittura, voce da altra voce / a dispiegarsi. La notte nasconde le macerie.” ci si innalza ad una in cui “Tu, anima, che stringi la luce sui ginepri / per traboccare nei cerchi oscuri degli umani, / vivi in me, oltre la soglia incorruttibile, remota”.   
Cara amica se in Keats, a me caro, (nell’ode L’autunno) è vivo il desiderio di essere nell’esistenza: “un uomo” e di ritornare un giorno “nelle radici della natura ..., non per perire, ma per verdeggiare di nuovo al sommo dei rami dell’albero della vita e respirare insieme con la natura.” in te il desiderio è che l’anima si apra “agli azzurri displuvi” e si renda “meno amaro il miele del viaggio”. “Tu, anima delle veglie notturne, che inclinasti / al nettare dei silenzi, àpriti agli azzurri displuvi, / se una forza implacabile non ti ottenebra, / rènditi meno amaro il miele del viaggio.”.
Un caro saluto da un amico che sempre ha apprezzato il tuo fresco messaggio


Nazario Pardini
Arena Metato 11/05/007

          
                             Ho letto l’ultimo tuo libro L’assoluto perfetto. (Meditando in Cristo) e sono rimasto affascinato non tanto dal modo tutto tuo di poetare che apprezzo da  sempre e su cui continuo a essere informato; ma soprattutto da questa rara e preziosa voce intimistica che sa tradurre gli inquietanti interrogativi umani in riposanti approdi sconfinati. Tanto mi ritrovo nella tua ascesi tormentata e serena. Ti ho scritto pochi righi con la speranza di farti piacere e ti ringrazio per avermi arricchito umanamente e più.
                          "L’acqua delle stelle è ancora
                          nelle idi di marzo, ha ponti ingrigiti
                          e nuvole sparse agli angoli di cielo."
                            E’ nelle corde umane cercar di diminuire la distanza tra cielo e terra; è nelle corde umane il tentativo di avvicinarsi il più possibile all’inarrivabile; è nelle corde umane vibrare di intenzioni che frangano i misteri; e qui la poetessa fa dell’umanità la sua arma principale per tradurre in grido quel senso di assoluto che l’uomo ha innato come tormento e quiete. E fare poesia è già ricerca dell’assoluto; fare poesia significa usare tutti gli strumenti lessico-fonici per inglobare proprio quel senso di totalità che ci limita, rendendoci fragili nei confini dell’essere e dell’esistere. E l’essere e l’esistere tutto è contenuto in questa plaquette dal titolo L’assoluto perfetto (Meditando in Cristo) della Busà, che fa dell’umanità una ricerca lirica totalizzante. Proprio lirica, perché è l’arma principale nella quale si risolve la grande esperienza culturale e poetica, verbale e tecnica di questa maestra della stilistica. Poesia non significa vivere una realtà interiore e rovesciarla liberamente e “beceramente” sul foglio. Fare poesia significa grande maturazione linguistico-culturale, grande maturazione tecnico-fonica, diacronica acquisizione di strumenti validi a potenziare una visione estetica personale a cui affidare le nostre vibrazioni; validi a fasciare i contenuti che l’anima è disposta a donare se esistono tali presupposti. E’ il significante metrico e l’importante uso che la poetessa ne fa a creare impennate di lirismo in questa simbiosi fra sentire e dire. Questa ascesi verso l’assoluto, non è altro che una scalata alle forme, agli intendimenti sempre più totalizzanti della traduzione dell’anima. Dio è in questa sonorità leggiadra e suadente di un lirismo come risultato di ricerca poetica, maliziosa ed empirica, seppur incrostata di evidente spontaneità. E stelo dolente, foglia secca, polline leggero, spiga tremolante, giglio di libeccio,  malinconia del fiore, tratturi dell’infanzia, erba trafitta, filari di stelle sono tanti segmenti di pathos tutto teso a rendersi visivo tramite un panismo sacrale. E la natura fa da supporto, si offre come ancella per ritrattare nelle sue parvenze i nodi del sentire; e il tutto si amalgama in un poetare avvolgente d’afflato lirico.  L’autrice si fa spettatrice e affida alla spiga tremante, all’aria del tramonto, all’ala radente dell’ultimo passero, ai chicchi d’ombra il compito di narrare la sua tracimazione sentimentale.

                           “Era solo una spiga tremante,
                            un candido giglio di libeccio,
                            a intenerire l’aria del tramonto.
                            L’ala radente dell’ultimo passero,
                           preludio di aromi celesti.
                          E quel grappolo solitario nell’orto
                         aspro di sole, odorava di lucertole;
                         la luce ai calanchi esalava
                        aromi di mentastro.
                       …
                       Questa sera voglio puntellare il muro
                      diroccato dalla grandine,
                     alleviare le piaghe del Tuo costato.”

                            Tutta l’esperienza di un’anima volta alla ricerca di se stessa sulle strade della poesia è qui contenuta. L’autrice si concede a noi in tutta la sua ricchezza interiore, valorizzata da un dire che fa dei suoi suoni lo strumento principale della sinfonia. E’ così che si fa più tangibile e più umano il suo percorso di sacrificio purificatore al dolore del Cristo salvatore.  “Tornare alla terra come il sasso, / che si accasciò al Tuo legno solitario.” “Solo il tuo verbo ci salverà.” Zirla un tordo canterino: Dio è vivo, / ha resistito alla necessità della morte, / per ampiamente rinascere all’Eterno.".
                            Se Keats nell’ode L’autunno esprime il desiderio di ritornare un giorno “nelle radici della natura, da cui ci stacchiamo come frutti sfacentisi, non per perire, ma per verdeggiare di nuovo al sommo dei rami dell’albero della vita e respirare insieme con la natura”, Ninnj Di Stefano Busà, rivolta al Dio creatore, esprime il desiderio di “ … fermare i battiti del tempo: / alla brezza di nuove meraviglie, / correre sui tratturi dell’infanzia, / superando gl’intrichi dei laccioli, / lavare il corpo dal dolore / col balsamo innocente. / Tornare alla terra come il sasso, / che si accasciò al Tuo legno solitario.”.




Nazario Pardini

                           Arena Metato 10/06/2010  

Ho letto il tuo ultimo libro Quella luce che tocca il mondo, del cui grande senso la tua solita generosità mi ha arricchito, con intensità d’animo e bramosia dell’oltre.  Ti ho trovata solita per ricchezza verbale e invenzioni emotive, ma sempre nuova per generosità poetica, accostamenti stilistici, e variazioni metriche. D’altronde che cosa è la poesia se non che la grande spontanea e maliziosa  virtù di frantumare l’anima nell’infinito finito delle cose umane, per riconquistarla come riflesso e terriccio indispensabile per l’unicità del dire poetico. Ed è proprio questa complicità fra la luminosità del sentire, e il supporto tecnico a fare della tua poesia un canto totalizzante d’amore sacro e profano. E’ lì il nocciolo della tua poetica: l’amore per la parola, quel verbo che come un mistero mai appagato compie sublimi furti al creato, per rendere visivo quel pensiero parlante inesauribile e forse esageratamente sproporzionato per la parola umana. Ti ringrazio, e ricevi queste poche considerazioni, che seguono, come un modesto apporto al tuo già tanto celebrato canto. "Senza fretta, ci dormono accanto / le meraviglie del giorno." La luce che tocca il mondo è forse la tua luce, quella che esplode dentro, e dal dentro si irradia nelle cose, offerenti, poi, riflessi intrisi di sapore erbale, di forza terragna, di arroganza di cielo, di prepotenza di mare; riflessi che proprio al ritorno e proprio ora, hic et nunc, si fanno poesia.    "Mi porgevi i tuoi chicchi radiosi / come oro tra i vitigni. / Al sole che esondava dal tuo / cielo; volgeva l’autunno dei clangori, / ai pampini maturi, al miele / gemmante dalle acacie."
Mi porgevi i tuoi chicchi radiosi / come oro tra i vitigni.
L’erba è un’aspra erba amara, …
… l’autunno dei clangori / ai pampini maturi …
… al miele / gemmante delle acacie …
… i pettirossi / (che) provano ad impazzire …
… mentre le ortiche insanguinano / i papaveri …
Lascio una terra di mare e di lava, / di spicchi di porpora e di vento; …


Non siamo solo di fronte a configurazioni naturali, o a semplici rappresentazioni elegiaco – idilliache; ma di fronte a oggettivazioni disposte e disponibili a restituire, come valore aggiunto, violenze luminose, arricchitesi dei travagli, delle esuberanze, delle meravigliose meraviglie di quella luce che tocca il mondo. Il mio amore per questi canti tocca l’impossibile, quando versi ora più ampi, ora più brevi s’immolano alla musicalità di un endecasillabo che si fa vera cascata di luce. " mutevole e giocoso, quasi amore ... i suoi silenzi gravidi di spighe. …  trascina i gigli d’anima, li affonda. Ed anche nella memoria dell’anima resteranno, per la poetessa, mare, lava, spicchi di porpora e di vento, eco di stelle, follia di tramonto, dune sabbiose tra case bianche e libeccio. Un morboso attaccamento alla sua terra, alle sue più esagerate esplosioni, dipinte con altrettante iperboli verbali: spicchi di porpora, eco di stelle, sbiancare l’anima, follia di tramonto. Per Ninnj Di Stefano Busà la vita è luce, luminosità; e viverla significa godere di questa luminosità che esplode ed implode dalle cose e nelle cose. E crede e spera che  questa luce sia la scala possibile per unirci all’inarrivabile. Ma l’anima sarà pura, sbiancata? O l’anima avrà consistenza, avrà un volume, un contenitore di bellezze terrene a cui l’autrice difficilmente rinuncerebbe. La poetessa è tutta qui, non solo in questa opera, ma in tutto il suo percorso poetico. L’inquietudine umana, la coscienza della nostra fragilità, il quesito del destino del nostro pensiero e delle nostre memorie è ciò che rende estremamente universale e umanamente fruibile il verso di questa poetessa che ha prodotto e continua a produrre opere fra le più belle e più conosciute nel panorama letterario attuale.  Il poeta è un uomo vivente in tutto il corso del tempo (passato, presente e futuro) e la poesia è vita, con cui è inscindibilmente congiunta. Ma la vita è anche sogno, immaginazione, aspettativa, aspirazione a fughe liberatrici, verso isole contornate di venti leggeri e fragranti, saporosi di salmastrose visioni dovute e che la vita spesso non offre. Trovare il senso di queste fughe e rafforzarlo con la vitalità del verbo della Busà, significa elevarci al di sopra del contingente ed offrire ai giusti palati il beneficio ed il piacere di una magistrale creazione poetica. Se Hönderlin nella lirica Iperione chiede al canto che sia per lui: “rifugio amichevole”, affinché la sua “anima raminga e senza radici / non smanii di oltrepassare la vita” e divenga “luogo di felicità …/ ove io abbia dimora, / mentre di fuori con tutto il suo ondeggiare / il tempo possente … rumoreggia lontano”, Ninnj Di Stefano Busà chiede al suo canto che si faccia lucente di terra e di Cielo e che  sublimi, foscolianamente eccelso, per dare un senso alla vita.   

Nazario Pardini

02/11/2010

26 commenti:

  1. Ho letto diverse cose di Ninnj Di Stefano Busà e penso che sia una delle scrittrici più autorevoli, soprattutto nel campo della critica, della letteratura contemporanea. Ho avuto in omaggio da un amico un testo di Sirio Guerrieri (Calipso); ho letto le poesie e la prefazione della Busà. Secondo me costituisce un vero esempio di come andrebbero stese le analisi esegetiche degli autori, un esempio da utilizzare a livello universitario.

    Silvano, La Spezia

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  2. Una delle personalità più interessanti e autorevoli del mondo letterario di oggi, in cui prolificasno autori di nessun valore e critici prezzolati e ingabbiati in schemi che nulla hanno da dire e da dare alla Letteratura di domani. La Distefano Busà è un esempio da additare, una pagina critica e poetica di gran lunga superiore a tante altre di nessun valore di questo momento.

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  3. Dalle esegesi di Nazario Pardini sulla Di Stefano (come su tante altre presenti in questo blog)emerge chiaramente un possesso di mezzi analitici che fanno di Pardini un autorevole rappresentante della letteratura critica attuale. Mi colpisce la sua possibilità di spaziare sui diversi aspetti di un autore trattato: quello culturale, il rapporto con la realtà, con il mondo sociale, lo stile (e qui lo vedo anche molto padrone della prosodia e della metrica), e le motivazioni che riguardano lo spleen e l'inquietudine esistenziale, uno dei mali di vivere che ha caratterizzato tutto il '900. Il suo discorso letterario non è mai vuoto o campato in aria, ma si capisce bene che è frutto di una lettura attenta e meditata, e che dai riferimenti precisi trae le connessioni del suo dire critico. Altro aspetto che apprezzo è la sua capacità di trattare il discorso panico con una umanizzazione non indifferente; è evidente, senz'altro, l'apporto positivo della sua sensibilità poetica

    Prof Carlo Esuli da Firenze

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  4. E' quasi certo che nell'interpretare così' autorevolmente una tematica poetica complessa, come quella dell'autrice in questione, il prof. Pardini sia fortemente motivato dalle ragioni esegetiche che lo ispirano. Anche a me la poetessa appare come una delle migliori nel diorama di oggi, ma le definizioni di Pardini sono così puntuali, così precise da destare il sospetto se sia più brava l'autrice o il critico, riuscirebbe a dare altrettanto quest'ultimo se l'autrice non fosse di tale spessore?...

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  5. Ceratamente un critico deve avere del materiale valido per poter espletare i suoi mezzi. Ma questi mezzi devono essere presenti, e devono poter essere contestualizzati con termini, rifessioni e preparazione culturali adeguati. Ciò non toglie che il binomio Di Stefano Pardini, in questo caso, è inscindibile e che la bravura della poetessa aiuta senz'altro la riuscita di una buona esegesi. Ma non tutti i critici del panorama letterario attuale sanno cogliere gi aspetti più reconditi, stilistici ed oltre, di uno scrittore. Io lo so, perché ho a che fare quotidianamente con tali letture; e tanti critici di nome si parlano addosso...!

    Prof Carlo Esuli da Fienze

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  6. In risposta al Prof. Carlo Esuli, Firenze

    E' perfettamente vero quello che Lei dice a proposito della critica pardiana, le due intelligenze si equivalgano e si amalgamano nella contestualizzazione del fattore poetico. Sono convinto che il critico-poeta possa riuscire meglio a captare le vibrazioni dell'anima di chi sa scrivere poesia vera e le due cose. poesia/critica in tal caso si compenetrano al meglio, creando la pagina letteraria. In quanto ai critici che si parlano addosso, ha perfettamente ragione, ma o, sono prezzolati, o fanno solo il gioco delle tre carte: autore/critico/editore "inscindibile" per realizzare lo scempio dell'attuale compagine letteraria, fatta di mediocri, di blablabla e di
    falsi critici. Per fortuna vi sono nomi come Pardini o la Di stefano stessa che provvedono a differenziare davvero la cultura di oggi.

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  7. Caro amico,
    (mi permetto questo amico, perché non conosco altro nome con cui chiamarla. E lo accetti come appellattivo di simpatico affetto. D'altronde mi configuro dai suoi iinterventi una persona di grande cultura, e senz'altro addetta ai lavori dalla quale c'è molto da imparare),
    sono perfettamente d'accordo su tutto quello che scrive. Sulla sincronia delle due sensibilità: poeta/critico. Sono d'accordo sull'eccellenza della poesia della Di Stefano, e su quanto faciliti un'analisi critica un dire concreto, umanamente palpabile, e immensamente esteso come il suo. E purtroppo mi trova anche d'accordo sui giochi ai quali si riferisce fra autore/critico/editore. La nostra buona Letteratura ha pochi spazi, e il tutto viene pilotato dagli intressi econimici. Io sono un appassionato di poesia e ho avuto occasione di leggere e gustarmi, sui blog o altro, pièces della Di Sterfano, e di altri poeti contemporanei che meriterebbero una collocazione precisa nella nostra Letteratura Contemporanea. E ho avuto occasione di apprezzare altri autori, forse meno conosciuti della Busà, come Galilea, o Rescigno. Ho un amico che prende parte a concorsi letterari e spesso mi propone sue poesie e antologie dei suddetti Premi. Ma le posso aggiungere che pochi sono i poeti degni di autentici allori. Mi sento un po' di vecchia scuola, per cui credo che la poesia non abbia bisogno solo d'ispirazione, ma credo che debba nascere da un'anima con una grande storia umana da dire, e che tale storia debba essere supportata, anche, da una solida padronanza culturale e stlistica maturata nel tempo. Un mio vecchio professore mi diceva. "Se sventuratamente vi avventurate nella poesia, vi sconsiglio di registrare la realtrà; prima vivetela, poi immaginatela, e se riaffiora, lavorate e provate a farne poesia ". Il mio vecchio Prof. si chiamava Luigi Russo.

    Prof. Carlo Esuli da Firenze

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  8. Altroché, Egr. Prof, condivido appieno quanto dice:"che pochi sono i poeti degni di autentici allori", ma ci sono...ci sono...anche se 4 o 5 in cui riaffiori la memoria del divino che è in noi. Solo che delle poesia e dei poeti per il ricambio generazionale non ci fa caso nessuno.Nessuno pensa alla Poesia, al cambio di guardia o "testiminial". Oggi, gli assilli sono altri! tra questi la nostra sopravvivenza, sono in gioco fattori di carattere globale che ci rendono inerti e reprobi, in balìa di noi stessi. Ma andrebbe fatto un bilancio,eccome, andrebbe rivisto il repertorio che è ancora fermo a Montale, Ungaretti, Saba, Quasimodo, D'Annunzio....la verità è che si vive di "niente", o meglio di solo , di pathos economico/speculativo (che è poi la stessa cosa. Proprio l'aver perduto l'identità più autentica, la virtù di gustare il bello, il buono della vita, ci condanna, ci deprime ogni giorno... Non si pensa più alla Storia, soprattutto alla Letteratura, come ci troverà ignavi e inetti la pagina del futuro!!!Che squallore, che inettitudine, che barbarie la nostra esistenza OGGI.Solo che Professeri come il Suo Luigi Russo non ve ne sono più, vi sono prezzolati critici che amano lo pseudonimo di grandi, solo perché hanno la fortuna di inserirsi in territori inappropriati alle loro capacità vere: in Case Editrici d'alto rango, o intrufolarsi in congreghe innominabili e tristemente immaginabili. Voglia considerarmi anche Lei amico, come ha ben detto. Cordiali saluti

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  9. Gent.mo Prof.Carlo Esuli mi piace il recente dibattito intrapreso tra Lei e un certo anonimo: interessante, perché fa onore alla categoria dei poeti e dei critici. Se vorrà visitare i miei blog me sarò lieta: www.Volapoesia.Overblog.it
    oppure www.Ninnj.Literary.it
    oppure:www.CieliAltiPoesia.Beeplog.it
    oppure: www.Ninnj.Facebook
    oppure. www.Comunicati-Stampa.net
    Vi troverà molto materiale per poter contestualizzare meglio le sue argomentazioni. Grazie dell'attenzione con vivi e cordiali saluti. Ninnj

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  10. Ho avuto modo di leggere il Consuntivo Storico uscito in questi giorni della curatrice Ninnj Di Stefano Busà, potrei giurare che opere così non ne escono da decenni, E' un archivio storico che rimarrà, purtroppo, isolato, perché i critici non vogliono coinvolgersi in distinzioni che riguardano la Poesia, molti editori hanno accantonato le collane poetiche, seppure poeti veri ve ne siano ancora. Che dire? se non un grazie ai curatori di questa opera che hanno tentato di sollecitare l'interesse verso un settore in declino. Speriamo che altri seguano il segnale.

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  11. Voglio ringraziare pbblicamnte la Prof Di stefano Busà, perché leggere qualche sua poesia mi fa pensare ad un mondo diverso, più pulito, più felice, pure se dentro quella poesia c'è anche nostalgia, tanto dolore per un mondo in declino. Però la sua poesia fa uscire fuori i sentimenti buoni, la felicità che cerchiamo è

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  12. Ha ragione l'anonimo, la poesia della Busà ha il privilegio della Poesia
    che sarà storicizzata, pure se è collocata su un binario di tormento, di nostalgia, di sofferenza. Ma proprio ciò che è comune a tutti la presnta
    su un territorio condivisibile, vero, umano. Dovrebbero studiarla nelle Scuole.

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  13. è una brava poetessa non c'è dubbio, ma ve ne sono altre che si equivalgono o la superano...in altezza lirica.

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  14. Perché vincono qualche premio importante dai poteri editoriali. Avete mai visto un Premio importante che non sia vinto da personaggi che sono il risultato di Mondadori, di Einaudi, di garzanti? se c'è fatemelo sapere, perché io non ne ho mai incontrati..la Distefano è " Lei" e basta, lei con la sua umanità struggente, col suo isolamento dai premi e dalle conventicole.

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  15. Claudio Cavallari, sento parlare un gran bene di questa antologia curata dalla prof. Ninnj Di Stefano Busà insigne poetessa e critico. Mi sono perciò documentato dal "vivo" ho richiesto all'Editore il volume e devo ammettere che il lavoro è eccelso e immane. Perciò, malgrado la grande e iniziale ritrosia, ho dovuto ripiegare davanti alla grande umanità con cui la Poesia è presente in questo tomo (800 pp) e su come è gestita e governata la proposta da trasferire al Futuro. La scrittrici non ha scelto gli autori, li ha presentati al grosso pubblico e alla Storia, lo ha fatto in modo eccellente. Ora sarà la Storia quella abilitata a scegliere i poeti (poetabili oserei dire, come per il papa papabili). Ma se nessuno si fosse interessato di questa mappatura, il futuro non avrebbe un realistico quadro della situazione poetica. Per quanto riguarda poi la poesia della Di Stefano è sicuramente unica, irripetibile, batte tutti perché è vera, è significativa. L'anonimo del 13 febbraio ci avverte che altre si equivalgono...Ma credo che nessuno possa superarla né eguagliarla per forza e potenza espressive.

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  16. Carla Baroncelli
    E' davvero un'ottimo lavoro di ricostruzione storica, il volume curato dalla Prof. Ninnj Di Stefano Busà, una vetrina di autori, noti o meno noti che però hanno in comune l'amore per la Poesia. Si sente attraverso la lettura che il processo della storia è in atto. Cosa aspettano gli Editori di spicco di questo momento? perché non se ne interessano? Almeno un plauso e un riconoscimento vadano alla Di Stefano Busà per aver interpretato il pensiero e l'esigenza di creare un consuntivo da consegnare alla Storia elle nuove generazioni. Gliene dovremo essere grati. L'italia di domani avrà solo partigianerie e autori di congreghe, (vedi l'ultimo volume di Einaudi con pochi autori che non valgono niente...risultato più che palese di conoscenze all'interno della Redazione. Bravi, continuate così. La Storia vi premierà!!!

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  17. Alessandro Garbarino,
    sono lieto che 2 critici qualificati abbiano a cuore la situazione della Poesia attuale, che in piena crisi non viene più caricata di qualità valoriali da trasmettere al futuro.
    Faccio atto d'accusa alle grandi Case Editrici che non hanno a cuore "il testimonial" da trasmettere alle nuove generazioni. Siamo fermi ai soliti: Montale, Ungaretti, Quasimodo. Grazie ai curatori di aver dato questo segnale che è di conforto ai poeti della nostra generezione.

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  18. Paolo Broussard,
    sono lieto che la parola poetica risulti essere ancora un fattore di evoluzione umana. Senza un apparato linguistico che ci salvi dalla barbarie ritorneremo allo stadio di primitivi del pianeta. Perciò dobbiamo essere grati ai curatori che attraverso studi e comparazioni portino la Poesia in alto della scala sociale e alla comparazione della Storia.
    Il volume: "L'evoluzione delle forme poetiche" è un civile e pacato confronto con la produzione più qualificata di questo momento storico.
    Auguri Ninnj

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  19. Giuliano Griffo,
    Un plauso alla curatrice di quest'opera così importante per la Storia della Letteratura del futuro. Non uno ma "mille" di questi "archivi storici" sarebbero necessari, per dare maggior fermento alla Poesia che in questo periodo sta boccheggiando, in stato di asfissìa.I grandi editorialisti si fermano a 3 o 4 titoli l'anno, veramente troppo pochi per stimolare forme variegate di strumenti verbali che variano nel tempo e che sono il termometro dell'adeguamento ai tempi...

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  20. Pascal Gabellone, (docente di Letteratura italiana all'Università di Montpellier). Mi sento molto onorato di essere stato incluso in questo archivio storico che rimanderà alla storia di domani la pagina poetica di oggi. Il volume è corposo (circa 800 pp) di buona poesia. E' un manuale sul quale si può fare affidamento per maggiori approfondimenti futuri. Ringrazio vivamente i curatori dell'opera e lo indicherò come libro consultabile per la poesia di fine secolo.

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  21. Silvano di La Spezia

    Un lavoro intenso e molto interessante non solo perché consuntivo storico, che è carente nel mondo letterario dei ns. giorno, ma anche perché mette un luce talenti
    che seppure liricamente proposti da Case Editrice di risonanza, nessuno legge.
    Beneaugurando ai due curatori che hanno saputo realizzare un'opera miscellanea di grande spessore.

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  22. Guido Riccardi

    Un ottimo lavoro di selezione critica. Ne risulta un consuntivo storico d'eccellenza che sta a dimostrare che la Poesia è sempre avvertita. Non c'è da fare paragoni tra questo sondaggio che archivia una vetrina storica tra le migliori degli ultimi venti anni, e quei volumi di Case Editrici rinomate che espongono solo nomi "privilegiati" in cui i rapporti amicali e congreghe sono facilmente reperibili e si toccano con mano. Orrendi sperimentalismi e variegate forme di rapporti amicali precostituiti, squallidi. Auguri ai curatori di questo splendido lavoro che non riporta nulla di artefatto né di falso, solo le posizioni e i tracciati di una ricerca profondamente sentita come strumento da adeguare ai tempi e alle logiche evolutive della Poesia.

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  23. Valerio Guzzi

    Le consorterie di ogni genere hanno sempre rappresentato la maggior parte delle antologie di case Editrici elitarie. Io le possiedo quasi tutte quelle che sono uscite negli ultimi decenni e ho potuto fare il paragone dal vivo. E' bello respirare l'aria pulita e meritoria di questo volume miscellaneo che si rapporta soltanto con la Storia della Letteratura. I quasi 200 autori inseriti sono di levatura alta. Un plauso ai curatori per aver fornito dati storici di tutto rispetto. C'era un gran bisogno di correttezza e di verità, almeno in questo versante!!!

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  24. Carlo Fracci, ci sarò!

    sono stato invitato alla presentazione della grande "antologia" che avverrà a Roma il 13 maggio. Mi sento di complimentarmi con i curatori di questo lavoro d'archivio davvero encomiabile, rivolto al futuro della Poesia. Non vi è niente di stonato, di fuori luogo, di "raccogliticcio"come certe antologie curate a fine concorsi, sono orride rappresentazioni assemblate per spillare denari agli illusi. Questa antologia è uno spartiacque, vi sono presenti una dignità di scrittura ed è una testimonianza ineludibili del punto di vista letterario. Qui la critica ha saputo abbinare autentici poeti, e la rappresentatività delle loro opere lo dimostra.

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  25. Enrico Linguaglossa

    La presentazione dell'antologia è stata un successo, un tripudio di poeti che hanno avvalorato, in caso ve ne fosse ancora bisogno, la necessità di porre in evidenza la Poesia che vale, per il futuro della dignità umana e della Storia della Letteratura.
    I due curatori hanno fatto davvero un'opera imponente, di quelle che passeranno al futuro, (o almeno ce lo auguriamo). A Ninnj Di Stefano Busà che era presente alla celebrazione del suo stesso lavoro, vadano gli auguri più intensi e sinceri di altri progetti di tale levatura e spessore. Il mondo poetico ne ha bisogno, l'Arte della parola attraverso la Poesia e i poeti aderirà alla sperimentazione di un linguismo sempre più maturo e competitivo, o almeno ce lo auguriamo...

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  26. Gaetano Inzerillo

    Un plauso a Corrado Calabrò che nella serata augurale dell'antologia dell'anno, (a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo), ha saputo tenere alto il profilo di una buona e onesta critica, condividendo coi presenti, intervenuti numerosi per l'occasione, l'augurio di sempre nuovi traguardi per la Poesia. Esaustivo e interessante è stato anche l'intervento di Plinio Perilli che ha spaziato a 360° nella necessità di porre attenzione a lavori di tale spessore che caratterizzano la giusta e sacrosanta storicizzazione dell'arte poetica, traguardando al futuro testimonianze meritevoli. A conclusione, Franco Campegiani ha esposto il suo parere, con grande perizia e lucidità critica. "La poesia ha bisogno di adepti, ma anche di coraggiosi editori che portino avanti in un periodo di regressione per la cultura, e di crisi del mondo globalizzato...dunque, la lingua poetica, come stimolo di crescita. Siamo grati a Giovanni Musella, grande e lungimirante editore del Sud che ha voluto meritoriamente progettare un compendio di grandissimo spessore, senza valutarne prima il mercato e l'introito, ha infine dichiarato Ninnj Di Stefano Busà, sostenendo la necessità di dare ossigeno e nuovi impulsi al settore poetico che rimane asfittico in un momento di crisi di valori. Vi sono stati momenti di grande applauso.

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