venerdì 1 marzo 2013

N. PARDINI: LETTURA DI "CONVIVIO" DI FLAVIO VACCHETTA, EGIDIO BELOTTI, FRANDO BLANDINO


Convivio

Convivio

Liriche di Flavio Vacchetta

epistolario di Egidio Belotti

matite e chine di Franco Blandino

Convivio. Tipolitografia Ferrero & Salomone. Fossano. Pp. 53

 

 
Nazario Pardini

Opera ricca, questa, a tre mani; opera impreziosita dalle matite e dalle chine di Franco Blandino; matite e chine che si esprimono in  linee varie, rotonde, smussate, circolari; in figure ora precise, reali, ora fuggitive; in abbandoni e fughe in spazi ora più ampi, indeterminati, anche venati di mistero. Tratti di donne, di castelli, di colline con svoli di uccelli; giochi di frammenti d’anima zeppi di vicissitudini di grande impatto tecnico-emotivo.  E che dire dell’epistolario di Egidio Belotti. Un racconto di vita, di esperienze, di storie, di realtà, di propositi, di illusioni e delusioni, di amore, anche, e di sogni. Un diario di impennate iperboliche, e di ritorni alla città, alle cose quotidiane, al vivere che spesso contraddice il sogno. Ma sono proprio i fatti minimi , di ogni giorno che  rendono viva e vibrante la storia. Vicina ad ognuno di noi. E quello che convince è il dire, il messaggio, portato avanti con nonchalance, con una disinvoltura sconcertante; è il tatuaggio di un’anima che vive, che pulsa, che ama, e che offre i suoi sguardi al mondo per trattenerlo e ridarlo al foglio pregno di esistere. Un’analisi psicologica puntuale, ricca e efficacemente costruita su fatti di grande effetto narrativo.

Ma veniamo all’amico Vacchetta. La sua poesia, che io conosco bene per averla già più volte letta e commentata, è complessa; sorretta da un’architettura versificatoria tutta volta a disegnare un sentire di grande intensità emotivo-esistenziale, arriva con immediatezza a sintonizzarsi, a farsi plurale nel suo messaggio umano. Tocca tutti gli ambiti del vivere e dell’esserci e con figure stilistiche che azzardano varianti sul piano sintattico, crea immagini di personalissima caratura. Si parte con lui per un viaggio senza limiti e senza confini. Pur decollando da una terra fatta di minuzie e minimalismi – piogge, piedi scalzi, chiesette, biforcazioni, transito di treni – si abbandona anche a galoppate al confine di cielo e stelle. Ma il verso è nutrito di passioni, anche, e di grandi avvenimenti; eppure il tutto è smussato, proposto en passant per non pesare più di tanto, per non rischiare cadute di stile. E’ da là che parte il Nostro. Dalla vita, dalla quotidianità, ma per slanciarsi oltre, oltre la vita stessa, oltre il mondo, in una fuga verso Urani carichi di amore e di speranza. Speranza che sa irrobustirsi sulle incertezze e, anche, sulle tante malinconie dell’essere e dell’esistere. E la parola è lesta, è pronta: si snoda, si slarga, si abbrevia, si propone con invenzioni creative, novative per soddisfare le esigenze del sentire. Di un sentire cosciente anche della precarietà del tutto e della caducità dei fatti. Per questo se ne vuole svincolare per proiettarsi in mete di largo respiro.

 

M’affaccio ad un elenco d’astri

bisbiglio d’universo

penso di riuscirci

oltre i limiti gestuali

l’esperienza incrocia la parola

il privilegio di vivere

secondo la regola dei bambini

da loro dipende il mondo di pace

 

E’ lì, in quei versi, il mondo poetico di Flavio Vacchetta: in una combinazione di parole vestite di esperienze, e di bisbigli d’universo. E non è detto che proprio nella poesia non trovi quel bisbiglio che lo possa appagare.

 

Nazario Pardini                                                 27/02/2013

 

 

 

 

DA
CONVIVIO

 

 

 

Soffia il vento delle bufere

nitido è il sogno dei congiunti.

Lui che cercava l’affanno di una lacrima

sulle sue dolci ciglia.

Lontano e nascosta

sui vicoli stretti

calava la sera e dovunque andasse a morire

all’improvviso volava via.

Talvolta mi sento fuori da questo mondo rapace

e mi sveglio vuoto e stordito,

privo di sensi.

Ho riconosciuto il peso della follia

ma sento che ormai

sta andando via: il male, il dolore e la risata vuota.

Fermo le mie mani,

tumuli e voci,

nuovi limiti di senso

penetrano su di un vuoto

insignificante e opaco. Il Mistero

non lo riconosco più.

Nel dormiveglia inquieto balbetto nonsense per cercare di prendere sonno,

ma la sua incalzante passione di donnacugina dai toni misurati e precisi mi

dischiude insolite emozioni: graffiante, il suono incisivo dei Marlene Kuntz

mi fa compagnia e quella sua voce delicata e sottile mi trascina su un sofferto,

vellutato, mare di nebbie.

Fossano (CN), luglio ’89

 

 

Milano, 20 febbraio ’06

Egidio,

È come se fossero passati solo pochi giorni, è come se fosse passata una vita

intera, è come se si parlasse di un’altra vita, o forse della vita di qualcun’altra:

adesso mi chiamo per Anna e non più Annachiara, come nella mia adolescenza.

 

La coscienza

non dorme, si propone

oscilla tra bene e male

prepara un’anima di legno

si trastulla comodamente.

Non provare a non darle risposta

resta in guardia.

Se la noti nell’aria

adattati ai suoi respiri

arrestala

sollevala senza capire

da finte mosse

se necessario.

Ma rispondile senza scandire il tuo nome:

è già in suo possesso

cucito sulla tua pelle d’orso.

Fossano

“Fossano, una specie di Bergamo in miniatura, formata dalla città alta con castello,

portici antichi, chiese, palazzi d’epoca, suggestive piazzette (che la rockstar Gianna

Nannini, ospite vent’anni fa nella trasmissione radiofonica da me condotta, aveva un

po’ paragonato alla sua natìa Siena) e la parte bassa, moderna e industriale…”

 

 

Non sto tentando di fare della Poesia anch’io, ormai da quando avevo 16 anni

non ci ho più provato, anche se penso spesso che un giorno o l’altro, quando

sarò stanca di vivere nello spazio convulso di Milano, mi rifugerò in Valsesia

in mezzo ai boschi di faggio e di castagno e ricomincerò a sentire i suoni della

natura, a guardare i segni delle stagioni e a leggere e scrivere poesie.

È arrivata una busta gialla, ma io non avevo tempo di andarla a ritirare, è

arrivata da Fossano, in provincia di Cuneo. Mi piace lasciare che i giorni

passino e il pensiero possa andare a qualcosa che non sai, che ti immagini,

ma che non conosci e devi scoprire. Oggi tutto è programmato e ogni cosa si

sussegue in modo frenetico: invece è così bello aspettare, lasciare che il tempo

passi e l’ immaginazione lavori…

Sapevo che era qualcosa che mi avrebbe riportato indietro nel tempo in modo

delicato, come delicata è l’immagine che conservo di quel cugino curioso che

 

 

Sono al capolinea

forzata prigionia

neanche un secondo da sprecare

di questo ammiccante viaggio

sapremo cantare la vita

con tenerezza di doni selettivi

giochiamoci con l’uomo,

istinto da lupi,

le nostre ansie

nessuno ci troverà

avvolti da nebulose d’universi

 

 

ho conosciuto di sfuggita e poi niente più. Mi ricordo bene la caduta dal motorino

e, ancor prima, dei dialoghi nella cucina della nonna in Città Alta e quella

zia che veniva da Zambla e lo zio che se ne era andato in Piemonte. Il mondo si

è rimpicciolito oggi: sono stata in Cina, Finlandia e Messico, ma nel Piemonte

occidentale mai. Ogni tanto pensavo al cugino di Fossano, un passato a cui

sono molto legata, perché fa parte di quel tempo della vita che sento indissolubilmente

legato alla civiltà contadina, ai racconti dei nonni, a qualcosa che

conservo come un ricordo perché l’oggi è così diverso! Entrambe le dimensioni

mi appartengono, una dentro l’altra, e il tuo breve racconto ‘Annachiara’ mi

ha fatto sentire che anche la più intima è reale e rappresentata sulla carta con

l’inchiostro delle parole. È una bella sensazione, grazie per avermela regalata.

Anna

 

la “censa”

i “persi delle vigne”

il silenzio notturno

interrotto

dal muggire di vacche grasse

rino

maria labella

jota

bias taric

inota

la corriera

se li è portati via

tutti

tutti quanti

dimenticandosene

nessuno

Milano

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