giovedì 13 febbraio 2014

FRANCO CAMPEGIANI SU: "A COLLOQUIO CON IL MARE..." DI N. PARDINI

Colloquio con il mare e con la vita
UN TUFFO NEL MISTERO DEL CREATO
A Nazario Pardini il Premio "Libero De Libero" 2012




Le Edizioni Confronto hanno pubblicato "Colloquio con il mare e con la vita" di Nazario Pardini, vincitore della Sezione Opere Inedite nella XXVIII edizione del Premio "Libero De Libero" (anno 2012). Questa la motivazione della Giuria: "In una sinuosa linea melodica, sorretta da una padronanza metrica, la raccolta di Nazario Pardini "Colloquio con il mare e con la vita" esprime tematiche esistenziali, senza retorica e con immagini suggestive. E' un abbraccio sincero quello di Pardini, come sincera è la sua poesia, tra il mare e Delia, in una intesa di dolore condiviso e custodito per sempre in questi versi".
La golosa primizia - corredata da sei foto ispirate al paesaggio marino scattate dall'autore (di cui una in copertina), nonché arricchita da motti e dotte citazioni (Catullo, Eraclito) - propone un tuffo nel mistero del mare e del creato, come è consueto nella poesia del poeta toscano. Un'avvertenza è d'obbligo: lo sguardo sulla natura non è di tipo arcadico o idilliaco, georgico o pastorale. Non è esteriore o superficiale, ma scava nelle viscere profonde per cercare le leggi fondamentali della vita. Così il mare  diviene uno specchio dove si riflette l'animo umano in cerca di rispondenze con gli arcani sensi dell'essere universale.
E' questo che da sempre fanno i poeti e gli artisti più autentici, ponendosi con le loro opere sulla scia della creazione universale. La creatività umana non può che trarre origine dal fondo originario del creato, dalla potenza creatrice della vita. E il mare... tutto ingoia e tutto genera, il mare! E' un laboratorio immenso di morte e di vita, di dolori agghiaccianti e di ineffabili esultanze. In esso si consumano tragedie e si accendono speranze, si conservano i misteri originari ed essenziali, si svolge e si propaga l'orgia dolcissima e crudele della vita. Tutto ruota intorno al principio dell'armonia dei contrari: quella legge che troviamo poeticamente espressa nelle liriche pardiniane.
Si pensi al sogno e al dramma dei migranti che muoiono in mare: "Come era bello! Come era bello il cielo!". Si pensi al "singhiozzo di un settembre stanco" che suscita nel poeta "un senso di distacco dalla vita": c'è forse un inno alla vita più esaltante di questo struggente "singhiozzo di stagione morente"? Quando Pardini nomina il nero, è al bianco che pensa e che fa pensare. Viceversa, il bianco evoca il nero, perché negazione e affermazione sono l'una nell'altra, come il Tutto e il Nulla, il Vuoto e il Pieno, il Finito e l'Infinito, il Bene ed il Male. E' all'Assoluto che potentemente alludono questi versi, tenendo presente che nell'Assoluto risiede il Relativo (come è pur vero il contrario).
Così le stagioni sfumano l'una nell'altra, in metamorfosi perenne, in un processo inesausto di rinnovamento e consunzione: "E' febbraio. Non vedi per i campi / traccia di paesani; tutto è fermo / ... / Ma è il mese che si avvia / a promettere speranze; la mimosa / staglia il suo giallo sopra la campagna / e ricorda il colore di ginestra / che gonfierà l'estate". Il poeta si immerge nel mistero di trasformazione e di ciclicità della vita. Mistero che lo porta a ritroso nel tempo, "tra i fiordi del passato", a salutare una persona amica per poi di nuovo andare... ma dove andare? "Davanti a me c'è un guado, / un guado che riporta / quest'uomo ormai attempato / all'altra sponda".
E' tutto un peregrinare, un divenire, un viaggiare verso mete sconosciute e lontane. La vita è come l'andirivieni del mare, come il mulinello di sabbia di vento e di onde che il poeta osserva attonito sull'arenile. E i ricordi non sono memorie ma visioni, bolle di vita vissuta, immagini di vita reale che l'occhio (non la mente) coglie come astronavi fantasma nel loro volare infinito. Tutto è nella realtà: "Che cosa sia vero, poi non sai più: / o se la vita reale che ogni giorno / consumi senza rendertene conto / o quel bel senso di malinconia / che ti è compagno / in questa ricordanza". Ed il tempo è un eterno presente: "il suo futuro è là col suo passato; / e il divenire continua nel vasto / mistero che torna sorgente".
Non di memorie quindi si deve parlare, ma di evocazioni. La differenza è abissale, perché si ha memoria solo di cose assenti, mentre ciò che si evoca viene ripescato dall'invisibile e si presenta vivo di fronte a noi. Così è per il ricordo del padre, cui il poeta chiede perdono per non avergli saputo esprimere in vita tutto il suo amore. L'assenza si trasforma in presenza, il distacco in unione. Ed ecco i "Canti per Delia": undici tempi per evocare amori giovanili amaramente trascorsi, in struggente unione con il mare e con la terra, con la selva e con l'orto, con la pineta e l'arenile. Il sogno è più vero della vita reale: "Non ho tempo di vivere, / voglio solo rivivere con te / nei miei pensieri".

                                                                                                            Franco Campegiani     
13/02/2014




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