lunedì 28 agosto 2017

M. LUISA TOZZI LEGGE: "NON VEDO, NON SENTO E..." DI E. CECERE

Maria Luisa Tozzi su “Non vedo, non sento e…” di Ester Cecere

Denuncia dei paradossi storici, l’opera evoca l’eticità della Poesia; le affida con emozione il compito dell’Utile; strumenta linguisticamente categorie spazio-temporali in una simultaneità scenica sfidante.
Qui è registrata l’antica voce del coreuta, che ha affidato al tempo la sua memoria; qui è il baratro dell’inutilità della Storia, morta con Aylan nell’infanzia del suo divenire.
E si avverte, nel dire sanguinante, sovrastorico del Poeta, nel tono epico a lui necessario, la ricerca con fiaccola eroica  della coscienza perduta in foreste e paludi notturne; la coscienza del Principio rifiutato.
I versi sono urto interiore, collisione fra pensiero favoloso, trascendente, certo che ogni bellezza appartiene all’Ultima, e la realtà spiritualmente disorganizzata; sono  accorgimento didascalico, nel sottolineare il divario tra Thanatos ed Eros, tra negazione della Vita e Perfezione; tra morte ed eterna rinascita dell’uomo.
Ma  il “poema” altresì, nella sua bilocazione,  si avvale di una ricognizione linguistica specifica: laddove il Poeta - a conoscenza di mare e di venti - parte per il viaggio con parole (canoniche o frantumate dal pianto), che invitano a staccare l’ancora, a slontanarsi,  lega sintatticamente io assoluto e io relativo.

Aedo struggente, Ester Cecere va sui mari di ogni tempo, tesa verso un Dio che conosce da vicino.

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