venerdì 1 novembre 2019

GIAN PIERO STEFANONI LEGGE: "LE IMMAGINI DELL'ARIA" DI G. PIOVESAN

Giuliana Piovesan, 
Le immagini dell'aria.                 
Biblioteca dei leoni, Castelfranco Veneto (Tv), 2017.

Grazia e intelligenza, sono queste le tracce entro cui è racchiuso questo piccolo resoconto dei giorni di Giuliana Piovesan, autrice velletrana di nascita ma veneta d'adozione alla quarta pubblicazione. Grazia per la forza che ha nella levità della parola di saper sollevare ansie e legami del cuore ai segni, alle remissioni di un tempo che insieme ci scioglie e ci disputa, permane ed assolve. Intelligenza allora per la   cura dello sguardo alle intermittenti letture di una passione mancata, di una ragione ancora viva perché mutila e sospesa nella memoria dei suoi motivi. Nella forza di un procedere nella misura di piccoli evocati richiami, è un dire classico questo suggerire per partecipate assenze, per mancati ma eppure più forti ritorni nella stretta di una passione che ancora confida ma che pure, certo, sa sorridere e spesso risolvere felicemente in commedia le proprie epifaniche separazioni. Così ciò che è stato e che ora non è e che ritorna da ciò che sopravvive perché nell'aria nella nota di accensione di una terra che si nutre anche delle nostre vibrazioni, è un discorso oltre che sull'amore sulla nostra capacità di restare e di risalire all'interno di un mistero che per condizione ci supera ma che pure nella carnalità e nella sensualità del legame abbisogna anche delle nostre umanissime fragilissime confidenze. Di questo sembra farsi forza, come per reciproca fede, la Piovesan nell'accordo della parola alle segrete intimità degli spazi e delle ombre cui per ricordanza sa dialogare  e riconoscersi nel circolo di una corrente cui nulla di ciò che ci appartiene sembra escluso, ma rimesso, rimontato nel dire di ogni storia l'esclusiva sacralità dei suoi elementi. Ed allora in questo copione come da short, da cortometraggio delle illusioni, com'è forte ancora quest'amore così carezzato e vezzeggiato nel trasalire dei frammenti, di luoghi, figure e parole come salde  nell'immutabilità delle promesse di un dire che al cuore, nelle sue finzioni, è per sempre... E come lo invidiamo di tanta attesa, tanta custodita e rincorsa veglia tra letterarietà e stizza nemmeno dichiarata ma che in qualche modo si intreccia e pigola nell'aerea distanza tra contorni e sogno ("come quando, come se, come mai più").  Perché forte di una scrittura che non può trattenere le incisioni della passione e del tempo nel suo purgatorio (e che dall'alba si leva al pensiero di quelle mani), il patire sa ricucirsi nella trasfigurazione accesa e trasparente della sua accettazione sciogliendosi nella trasparenza di una più alta e discesa, continua incarnazione che nell'incontro col mondo sa esserne trama nella forma di un comune desiderio, di un comune cercarsi. E che ha nell'opera della camelia l'interloquire riuscito delle sue figurazioni:"Risplende a filo dell'esile disegno/il punto pieno di quel ricamo//- trama dell'indicibile smalto/racchiusa nel puro cristallo del cielo// (Alla finestra il lieve azzurro dell'opale/trattiene nel suo respiro il caro segno").


GIAN PIERO STEFANONI

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