sabato 23 luglio 2022

MARIA RIZZI su "hasch Md5" di IACOPO CHIOSTRI

Maria Rizzi su “Hash Md5” di Jacopo Chiostri edito da Il Viandante

 

Ho ricevuto il romanzo Hash Md5 del caro Jacopo Chiostri, referente della bassa Toscana del nostro Circolo Insieme per la Cultura (I.P.la C.) e sono rimasta molto colpita dal suo modo di affrontare il ‘genere’ giallo. Ho posto il termine genere tra virgolette perché sono stanca di veder catalogare la letteratura considerando alcuni testi, in particolare i gialli, i thriller, i noir, come sottospecie. A mio umile avviso si tratta di libri dello stesso valore di quelli storici, esistenzialisti, o di altro tipo, e per scriverli bene occorre particolare abilità, in quanto è necessario curare l’intreccio, far sì che nessun particolare renda banale o poco credibile la storia. Il testo di Jacopo Chiostri si può definire senza ombra di dubbio un giallo poliziesco e, per fortuna, è ambientato in Italia, per l’esattezza a Firenze, città dove l’Autore è nato e vive da sempre. Inoltre ha tutti i canoni del giallo, presenta i crimini e, termina con la soluzione degli stessi, al contrario del noir che lascia al lettore varie possibilità di interpretazione. La novità assoluta del testo credo si possa rilevare nella capacità del Nostro di narrare mettendo in rilievo gli aspetti comici delle situazioni e dei personaggi. Lo Scrittore ha grande padronanza dell’umorismo, della capacità di cogliere gli aspetti divertenti della vita e rende godibilissimo un testo che è strutturato in modo perfetto e con risvolti originali e sociali. Il Commissario Prospero Gennaro, che come spesso accade, è il protagonista di vari romanzi di Chiostri, nel testo in oggetto è reduce da un infarto e terrorizzato all’idea che gli accadimenti nei quali viene coinvolto possano interferire con la sua salute. Ama Maigret e, come il famoso commissario, è stato sposato dieci anni e poi la moglie l’ha lasciato, esasperata dal suo lavoro che non lasciava tra le pareti dell’ufficio. Va detto che Gennaro, antieroe e uomo di grandi valori, sembra dimostrarci che tante cose umane sono patetiche. La segreta fonte dell’umorismo non è la gioia, ma il dolore. Risulta impossibile per i lettori non affezionarsi al protagonista e ai personaggi del distretto, l’ispettore Dell’Amore, esperto in massime, proverbi e fedele al suo cognome nel coltivare amori saltuari e senza senso; l’autista Frangipane, che vede ogni disgrazia come una liberazione da ulteriori ‘rotture di scatole’; il Questore Minghetti, sempre sull’orlo di una terribile crisi di nervi, teso a ricordare al commissario che in passato ‘hanno risolto un omicidio su sei’ e che la sua futura destinazione sarà la Barbagia. L’Autore crea una carrellata di figure irresistibili, che fanno spesso dimenticare la violenza e la stranezza degli omicidi. Lo stesso Gennaro nel susseguirsi convulso degli eventi, a un certo punto afferma d avere la: “sensazione di una congiura, come ci fosse una regia occulta che sceglieva con cura tra i pazzi in circolazione e, fatta la selezione, li indirizzasse uno dopo l’altro nella sua stanza”. In effetti la caratterizzazione di ogni persona risulta talmente accurata che l’intera Opera meriterebbe di essere letta da uno sceneggiatore. Lo stesso Questore in vari estratti esula dal ruolo ed è a dir poco esilarante. Tra coloro che collaborano all’indagine meritano di essere citati Ugo Betti, famoso come menagramo, che evoca il racconto pirandelliano “La patente”, perché non fa nulla per scrollarsi di dosso l’appellativo, anzi gira per il cimitero in cerca di vedove da consolare e corteggiare; e soprattutto Pieroni, fondamentale per la soluzione del caso, affetto da disturbi ossessivo- compulsivi. Il contraltare è un testo di indubbio valore sociologico, che presenta due vittime uccise in modo assurdo e senza apparenti legami. Si tratta di ‘poveri cristi’, infatti il primo, Esposito, aveva l’attitudine a fare l’aeroplano nelle strade sbattendo contro i passanti, il secondo era un uomo sandwich, ovvero uno di quei ragazzi che indossano cartelloni pubblicitari per sbarcare il lunario. Le loro morti sono violente e condite di grottesco e gli investigatori brancolano nel buio e nell’amarezza. Quando in un’Opera “si riesce ad alternare l’umorismo con la malinconia si ha successo, se le stesse storie sono al contempo divertenti e malinconiche, il risultato è meraviglioso” - Francois Truffaut. Gennaro e il suo gruppo di eccentrici poliziotti, seguono il caso con competenza e professionalità e, come accennavo poc’anzi è proprio Pieroni, che nonostante le turbe maniacali che lo spingono a voler un ordine ossessivo, forse addirittura grazie a esse si accorge che l’assassino o gli assassini, si sono firmati, lasciando su entrambi i luoghi dei delitti la sigla che dà il titolo al romanzo: hash Md5. Le sigle non sono complete, ma l’agente spiega che si tratta di un un algoritmo che si usa in genere in informatica per la crittografia. L'hash MD5 è identificativo di uno dei giochi elettronici messi costantemente al bando dalla Polizia postale perché per lo più violenti o a sfondo sessuale, Giochi che rappresentano delle sfide. Il testo dopo questa scoperta vira verso una possibile soluzione, che ovviamente richiede giorni e impegno, ed è scandita dalle minacce del Questore che ventila solo traghetti diretti verso le zone più sperdute della Sardegna. Dal canto suo Gennaro, che “in ospedale aveva imparato che il tempo diluisce i guai”, segue le piste cercando di mantenere la concentrazione. La malinconica ironia del protagonista è affiancata da una pietas, intesa nella declinazione latina come sentimento di amore, compassione e rispetto verso i poveri ragazzi che hanno perso la vita in modo tanto crudele, che lo rende ancora più caro ai lettori. Confesso che il libro, di raro interesse, mi ha ricordato il mistero della Sapienza, ovvero la vicenda rimasta di fatto insoluta, nel corso della quale perse la vita Marta Russo, studentessa dell’Università d Roma. Michael Connolly, scrittore americano, che gli amanti di gialli conoscono senza dubbio, asseriva che “Nei migliori romanzi polizieschi non è importante il modo in cui un detective lavora su un caso, ma il modo in cui un caso funziona su un detective.” Nel testo di Chiostri gli omicidi di Esposito e Querci incidono su Gennaro in modo determinante. Lo spingono a superare i timori legittimi sulla salute e gli restituiscono vigore.

La cifra stilistica dell’Opera è ottima. L’Autore è dotato di nerbo narrativo superbo e si muove tra le varie situazioni con padronanza straordinaria. Ho parlato di sceneggiatore perché in questo libro la curiosità di noi lettori sorge sin dalle prime - critiche -cinque pagine. La suspense introdotta nelle primissime righe del giallo, che viene definita hook, uncino, ci avvinghia e ci rende felicemente schiavi.

 

Maria Rizzi

 

  

 

 

 

 

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