giovedì 1 maggio 2014

N. DI STEFANO BUSA': "INEDITI"



Origina da lì ciò che chiami mistero,
forse schiva del mondo la sua fine,
o assapora la fatica, il sudore di andare
oltre, in cerca di luce
                           che non trova,
di parole che non sa.
Uno sguardo ti lascia, di stupore,
tra la moltitudine di giorni tutti uguali,
ne assapori in parte l’immagine lieta nel cuore.
Ti fiorisce l’anima in quell’anelito chiaro
che senti arrivare a sfinirti.
Capace di rischiarare solo il mondo,
o forse resistere fino all’ultimo
embricare del silenzio, nell’ultimo sguardo
di un addio.





(i clandestini)

Eppure, anch’essi amano la vita maltrattata,
derisa, come le radici la terra
che li accoglie.
                       Il loro spazio opaco è fatto
di fuliggine e catrame,
e vivono il tempo inutile dei giorni spersi,
senza calendario, al solleone, alle nuvole sparse:
ripararsi è ciò che viene loro consentito
negli androni di periferia, nei sottopassi
del metrò...e poi saltare il pasto
per la stessa ragione di un congedo;
un’attesa che portano nel cuore
mentre l’estate li abbaglia, e li sfianca
il peso del dolore.
                          Tutto quello che hanno
è una sorte: senza amore né onore.





1 commento:

  1. Che struggente malinconia! Che sottofondo di pietà consumata, eppure rassegnata portano i testi della prof. Busà. Da veterana della poesia sa dare al verso il taglio di una pietra preziosa che emana i suoi riflessi e abbaglia per la precisa connotazione della luce che vi s'imprime...è sempre un privilegio leggere poesia come questa. Grazie

    Mirella Zangheri

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