IL NUOVO LIBRO DI
GIOVANNA BONO
Note di Paolo Bassani
E’ stato pubblicato in questi giorni “AU
SUCURSU”, una nuova raccolta di poesie, in vernacolo della Val di Vara, di
Giovanna Bono.
Giovanna Bono è ben nota ed apprezzata
come scrittrice non soltanto nel territorio spezzino ma nazionale. Penso che
anche un suo brevissimo profilo possa darne idea:
Giovanna Bono Marchetti è nata alle
Ferriere di Carrodano (SP), ha insegnato nelle scuole della Val di Vara e alla
Spezia dove vive. Fin dall’adolescenza scrive poesie. Partecipa a concorsi nazionali ottenendo significativi riconoscimenti.
Desidero ricordare alcuni primi premi conseguiti:
Nella sezione poesia singola: “Il
Picchio-Lipu – Trento 1996” ,
“Città di Santelia Fiume Rapido 2006” ,
“A.N.C. Adria (RO) 2001” ,
“A. Giovannitti – Oratino (CB) 2006” ,
“Macchia D’Isernia (IS) 2008” ,
ecc.
Nella sezione silloge inedita ed edita:
“Val di Vara 1998” ,
“Camelot 2005” ,
“Pablo Neruda 2008” ,
ecc.
In questa sua nuova opera, la scrittrice è ispirata da una
“chiesetta bianca”, antica di secoli, che si trova in una solitaria località
boscosa non distante dall’abitato di Carrodano Inferiore. Penso che la
“Premessa” del libro spieghi chiaramente perché l’autrice ha deciso di ricercare
nella storia di questo antico luogo di culto, le ragioni che hanno legato
affettivamente tante generazioni al santuario
PREMESSA
In Val di Vara, poco
distante dall’abitato di Corrodano Inferiore, sorge una piccola chiesa
conosciuta come Madonna del Soccorso e dedicata a Nostra Signora della Neve.
L’autrice di queste pagine, pur avendo trascorso i primi anni
dell’infanzia alle Ferriere di Carrodano dove è nata, non ha mai visitato
questo luogo di culto. In età matura, un giorno d’agosto, parte in corriera
dalla Spezia, dove vive, per “cercare” la chiesetta, di cui conosce soltanto il
nome. Giunta a Carrodano Inferiore, raggiunge a piedi il terreno detto Ri
(Rio), non lontano dalla Via Aurelia, in direzione Mattarana.
Qui “scopre” la chiesetta bianca e, in completa solitudine, vive un
momento di riflessione e di spiritualità che in parte esprime per iscritto con
il linguaggio semplice e spontaneo della sua terra d’origine. In seguito viene
a conoscenza di credenze popolari tramandate oralmente dai nativi del borgo, i
quali pare non conoscano la storia della cappella ma ne hanno cura e vi si
recano annualmente, il lunedì che segue la festa di Santa Felicita, patrona di
Carrodano (Ia domenica d’agosto).
Le notizie apprese, vaghe
e frammentarie, e l’ubicazione inconsueta dell’edificio incuriosiscono
l’autrice che si sorprende a formulare ipotesi (espresse anche nei versi) sulle
possibili origini di questa chiesetta e a consultare libri nella speranza di
reperire qualche attestazione attendibile.
Le poche notizie certe trovate sono riportate nelle Note, le quali
sono suscettibili di integrazioni e aggiunte (magari ne arrivassero!) da
includere in itinere. Questo viaggio infatti, come suggerisce il sottotitolo, è
un momento del cammino misterioso di cui non conosciamo il principio né la fine.
Un disegno infinito ci accoglie e noi andiamo, pellegrini...
cercando Santuari.
Il testo dialettale si
presenta in forma poematica; il verso è l’endecasillabo sciolto, tipico del
“parlato”. La traduzione in lingua italiana è letterale, quanto più possibile
aderente al vernacolo.
Le Avvertenze per la lettura, superflue per il dialetto- fono
locale, potranno essere utili per chi non conosca la parlata di quest’angolo di
Val di Vara.
Interessante raccordo:- il luogo raggiunto nello spazio del ricordo/ Complimenti! M.Binda
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