Claudio Vicario
Cala il sole
Cala il sole che l’orizzonte
infiora,
la sua brace s’estingue
all’orizzonte
come il tizzone ardente in
fondo al mare
che frigge, e poi riemerge, e
un acre odore
si spande intorno alla balia
del vento,
e un nero fumo su per l’aere
sale
qual volto di un sudario senza
Cristo.
se il destino mi spinge in
altro lido
ove il corpo s’evolve in
quieta vita
oltre quel muro che non sempre
cela
l’atroce vista all’anima
smarrita.
E’ quanto ormai mi resta delle
genti
della mia terra, ora che il
freddo gelo
e non il fuoco porta alla
memoria
il natio suolo che non ho più
visto.
Ho letto questa lirica bellissima, ascoltando echi di Quasimodo. La cifra è senz'altro più sanguigna, forse più pessimista, ma Claudio Vicario, da ottimo funambolo delle parole, sa inanellare i ricordi e le considerazioni con arte ineccepibile. Egli ricorre al metro classico, stile che asseconda il tormentoso, magnifico andamento dell'Opera. L'Autore adotta un verso, nel corso delle sue considerazioni liriche, che trafigge l'anima; "qual volto di un sudario senza Cristo". Il passato, ridotto 'al nero fumo che sale per l'aria', prende le sembianze di un sudario privato del volto di Gesù... Altissimo l'afflato di Vicario, teso come corda, che ci stringe tutti in una morsa... la morsa del tempo dei bilanci e dell'inevitabile paura. Sono rimasta molto colpita dal componimento, dal caleidoscopio di immagini, dalla tecnica che nulla toglie all'ispirazione e dalla capacità di condivisione, di rendere intimisti e mai intimi i versi. Mi complimento con tutto il cuore!
RispondiEliminaMaria Rizzi
Ringrazio Maria Rizzi per la sua bellissima recensione.
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