giovedì 21 luglio 2016

N. PARDINI: "OLTRE QUEL MURO"

Oltre quel muro

La notte
ai flebili lumi
e fra le stelle
belle le mie anime
sul prato al cimitero;
all’ora tarda,
quando i viventi
sono nei giacigli,
s’incontrano tra i tigli
ed i cipressi.
Escono dai marmi freddi
sulla loro terra
e tra l’odore di cera
e il fumo della notte,
tra l’esalare di rose,
di gigli ed orchidee,
parlano di affetti e di ricordi
ai bordi dei sepolcri;
li puoi vedere:
ecco mio padre con mia madre
ed ecco mio fratello
che sorridente
per l’agognato arrivo
vola di gioia.

Restano le anime
fino a notte fonda,
non odi parole di spiriti,
ma vedi l’aria che vibra,
l’aria che tocca le fronde,
le lievi foglie
alle soglie dei sepolcri.
La vita, la morte,
le corte strade,
le rade immagini dei viventi,
gli spenti visi del passato:
tutto è beato ora.

Il regno dei morti
vive di nuovo,
sorge alla penombra
e si anima nel tardi;
se  guardi sotto l’ombre
dei cipressi,
i tramonti attendono l’oscuro,
il puro regno
oltre quel muro
dei nostri cimiteri.




5 commenti:

  1. Nell'ora tarda, "ai bordi dei sepolcri", accade qualcosa di molto particolare. I cari estinti "escono dai marmi freddi" e tornano a conversare. "Il regno dei morti / vive di nuovo" sul fare della sera. E' nel silenzio, lontano dai rozzi clamori, che si sveglia la vera intelligenza, la vera vita, la profonda conversazione universale. Una comunione interiore, un coro che rifugge da ogni suono esteriore: "non odi parole di spiriti, / ma vedi l'aria che vibra, / l'aria che tocca le fronde, / le lievi foglie / alle soglie dei sepolcri". Un potente e poetico invito alla meditazione interiore.
    Franco Campegiani

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  2. Le stagioni impietose si susseguono, la vita fugge via, le tarde ore della sera che mai non cala col suo buio rasserenante inducono alla riflessione,e il pensiero transitorio, inquieto eppur dolce,duttile e sinuoso prende le sue strade misteriose e rianima immagini ed affetti mai definitivamente sepolti.
    Il presente sfugge, non esiste più non ha alcun senso: rimane la natura più solida, significante, i tigli ombrosi e cipressi agili, come ombre in attesa di dialogo nell’ oscurità.
    Il calore del giorno permette l’esalar di rose di gigli e di orchidee…e nuovi odori: odore di cera, fumo della notte…là oltre quel muro.
    Si svolgono colloqui notturni i bordi dei sepolcri: padre, madre, fratello.. colloqui senza parole, nel silenzio dell’aria che vibra, passando sui visi immoti trascolorati come in una ritrovata melanconica beatitudine.
    Una conversazione che è un invito, forse un coro che ha ritrovato fuori dalla precarietà quotidiana il senso autentico della vita.
    Un invito.

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  3. E' una poesia che avevamo letto tempo fa su questo stesso blog e come allora ci ammalia sia come contenuto che come forma espressiva dove la musicalità verble la regge inefabilmente. Il prof. N. Pardini oltre a darci una lezione di puro legame familire che va oltre il tempo stabilito di ognuno, da fine letterato, ci da anche una lezione di come si può fare oggi poesia "moderna" con i canoni inalienabili di ieri, di oggi e certamente anche del domani.

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    1. Scusate la distrazione su: verbale e ineffabilità sul2° e 3° rigo. P.C.

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  4. Meravigliosa lirica del nostro 'condottiero' Nazario Pardini. Egli torna spesso sul tema della malinconica nostalgia del tempo e delle persone che hanno reso vivo e palpitante il passato e,in quest'occasione lascia che 'sotto i cipressi' risorga 'il regno dei morti per addolcire, forse, il sentimento dell''assenza, per dare ai ricordi contorni diversi. Non so perchè questa lirica mi ha spinto verso l'amato Eduardo De Filippo, che, in più di un'occasione. ha composto poesie dedicate al ritorno delle stagioni andate, al riavvicinamento dei cari estinti. Purtroppo le Sue liriche al riguardo sono poco conosciute, ma quelle del nostro Nazario giganteggiano e valgono come monito per la miseria dei vivi. Non mi riferisco alla famosa "'A livella' di Eduardo, eppure quelle anime, che si incontrano 'tra i tigli e i cipressi' la ricorda non poco. Una schiera di anime pronta a prendere per mano gli amori, nello specifico, il caro Professore, a rendere lieve il passaggio nell'aldilà... In fondo il nostro esistere è solo un momento di transito. I Cari non ci lasciano, continuano a seguirci sotto forme diverse e attendono il momento del ricongiungimento per continuare il viaggio che abbiamo intrapreso insieme. La lirica, all'apparenza triste, apre invece, un sipario di luminosa speranza sul domani.
    Grazie, mio carissimo Nazario. Mi inchino.
    Maria Rizzi

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