martedì 3 gennaio 2017

IO VITTORIO "ALFIERO" PER PISA

Questa originale poesia folta di input letterari alfieriani è sull'isola di Lèucade a godersi la saffica rupe; è inconfondibile lo stile,  il copyright, il saper controllare con argini verbali l'aggressione delle invasioni culturali che la nutrono. Una vera cascata di armonie eufoniche tra loro unite da sinestetici allunghi simbolici; da punti luce di una collana di preziosa fattura. Ho apprezzato, come al solito, l'ingegno fattivo, operativo, creativo; la forza maieutica; gli slanci di ermetica natura, brevi, succinti, apodittici, essenziali come si addice a chi va in cerca della verità; a chi non si perde  in vane locuzioni che spesso deviano dalla strada maestra.

Nazario Pardini



IO VITTORIO  “ALFIERO” per PISA
(1785)

Sul ponte dei giochi
pisano cavalco selvaggio
d’arnie rissose
Bruto a festa rovisto rivesto
m’arrendo indomo
lumino per Torre girandolo
Alfiero biado a colli e brancoli libri
fieri cavalli su fieni crearsi
mirra consòlo m’alliscio brucìo
mollezze redente per tragiche erte
 sconforto sconvolto m’ascolto
d’eroi deluso tiranno
Filippo
infelice misantro m’aggira
mia vita vinto fantasma
tenebro maliardo
di Saul solo titano degnoso
vate d’Oreste negarsi furioso
panchetto solfeggio contendo
cuore ed orecchio illudendo
despota vano per libera morte
catasta di Pisa tramonta ringhiosa catarsi
tra erbe glorie ugoline
memoria in veglie teatri sbadarsi
di scontri confronto
me stesso contro



Marco dei Ferrari

6 commenti:

  1. Questi versi hanno una cifra stilistica inconfondibile; a prescindere dai contenuti che nel poeta e scrittore Marco dei Ferrari sono sempre imprevedibili e pregni di cultura, storica in particolare,ogni suo scritto viene esaltato dal personalissimo lessico ricco di effetti, da vero funambolo della parola, come verrebbe spontaneo definirlo. Tuttavia la sincerità dell'arte evidenzia anche la personalità dell'Autore, e questo risulta soprattutto nei versi finali: una confessione a cuore aperto.
    Edda Conte.

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  2. Originalissima e di fattura poetica perfetta questa lirica di Marco dei Ferrari, ispirata alle tramelogedie di Vittorio Alfieri. L'Autore fonde il potere del passato con la modernità di un linguaggio che schiaffeggia, convince e vince. La chiusa è dolore e verità. Un'Opera di grande valore. Grazie.
    Maria Rizzi

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  3. Un lessico aulico e insieme intenso e graffiante, quello dell'amico Marco, che, dietro riferimenti storici forti e pregnanti, ammiccati attraverso un uso disinvoto e straniato dei nomi, fa uscire con immediatezza la sua complessa personalità poetica e umana, sempre in bilico tra l'angusto presente e la nostalgia sofferta per il passato glorioso.

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  4. mi è venuto da piangere, sul verso "infelice misantro m'aggira mia vita vinto fantasma"...di quella commozione che ti sale alla gola quando non l'aspetti, quando ti sorprende il senso del tragico. Euripide, le Erinni, il sentirsi contro se stessi, il mondo intero nemico e ostile, ilare e disumano. Tragedia greca e spirito ellenistico..Laocoonte e Cassandra lingua muta. Grande Marco!

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  5. Ricevo dallo scrittore e poeta Paolo Stefanini un commento ai versi di Marco dei Ferrari che qui di seguito trascrivo:
    " E' inconfondibile Marco dei Ferrari:ogni suo lemma, attuale,desueto o coniato, è portatore di molteplici significati, dei quali , forse, quello positivo è il meno importante. Ne esce un rilievo di immagini e sensazioni,la cui consistenza quasi lapidea pone il lettore in una posizione atemporale, dove modernità e storia irrompono simultaneamente.
    Paolo Stefanini,"

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  6. Uno stile inconfondibile quello di Marco dei Ferrari che ci stupisce ancora penetrando nell’immaginario soliloquio di un genio del passato. Tra le strade di Pisa, tra le sue antiche glorie, come in uno specchio, si riconosce l’anima fiera e sdegnosa del grande Alfiero in un incontro/scontro quanto mai fecondo e creativo.
    Il linguaggio poetico si impone grazie a una sorta di superba solennità che ben si addice al personaggio e alla sua estenuante ricerca di un significato che vada oltre le angustie terrene e si innalzi fino alle altezze di una metafisica laica e civile.

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