Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Intervista/3 al
filosofo Campegiani. La cooperazione e la pace
di Daniela Di Iorio
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Il
saggio Ribaltamenti, dello scrittore Franco Campegiani, Primo
Premio con la Dante Alighieri, mette in luce, tra le altre cose, una
visione del mondo dove i contrari cooperano uniti per la pace. I temi
che l’autore approfondisce, in questa parte d’intervista, sono “La grande
relazione” e il “Discorso sul mito”.
Copertina Ribaltamenti
Che
cosa intende per “Grande Relazione”?
Intendo
né più né meno che l’Armonia dei Contrari: l’unità del giorno e della notte,
del bianco e del nero, dell’estate e dell’inverno, del maschile e del
femminile, del cielo e della terra, in breve di ogni possibile coppia di
opposti in armonia. E’ una visione del mondo eminentemente relazionale, dove i
contrasti, che sono il sale della vita, vengono vissuti e intesi in forma
armonica anziché conflittuale. La lotta, infatti, può essere sia costruttiva
che distruttiva, può essere finalizzata alla guerra oppure alla cooperazione e
alla pace.
La
dualità di cui lei parla in questo capitolo, ad un certo punto si trasforma in
trialità. E’ il concetto della bilancia, i cui pesi contrastanti sono tenuti in
equilibrio da una terza forza mediana. Tale concetto ha qualcosa a che fare con
il mistero trinitario divino?
Il
mio orizzonte di studi non è teologico, ma umanistico e creaturale. Tuttavia la
stessa teologia afferma che “Dio è Relazione” ed informa che la Relazione
avviene fra Tre Persone distinte e collegate. Come dire che l’Essere è in
relazione con se stesso: non è chiuso in se stesso, ma è in relazione con
quella parte di se stesso che nel Mondo s’è catapultata. Anche in questo caso,
senza voler confondere questi miei studi con la speculazione teologica, c’è
armonia di contrari.
Facciamo
un esempio concreto. Il Bene ed il Male sono principi antitetici. Come si
possono, se si possono, tra di loro conciliare?
Nel
racconto biblico i guai hanno inizio dal momento in cui Adamo ed Eva mangiano i
frutti proibiti, quelli che danno la scienza del Bene e del Male. Discriminando
l’uno dall’altro, l’uomo non fa che squarciare l’unità di se stesso e dunque la
propria integrità morale. Se poi osserviamo Caino ed Abele, capiamo che non
sono due uomini, ma un uomo soltanto. Fuor di metafora, bisogna amare sia il
Bene che il Male, perché sono fratelli ed entrambi occorrono alla costruzione
coscienziale. La logica razionalistica, costituzionalmente astratta, si fonda
sul principio di non-contraddizione, che è come dire sul principio della
separazione radicale (“o è questo o è quello”). Invece la logica relazionale,
che potremmo anche definire “quantistica”, profondamente concreta, si basa sul
principio della contraddittorietà (armonia dei contrari appunto), secondo cui
il bianco non esiste senza il nero e viceversa.
Se
la relazionalità è ovunque, si può riscontrare anche nell’animo umano? Possiamo
anche qui parlare di struttura duale-triale?
Ovviamente,
la prima delle relazioni possibili è quella dell’uomo con se stesso. Un
interscambio di materia e spirito, di ego ed alterego allineati con un polo
superiore e misterioso, incorruttibile, dell’uomo stesso. Sta qui il primo
anello della catena relazionale, saltando il quale va in pezzi l’intera catena,
rendendo inautentica ogni altra relazione. L’uomo deve dialogare con se stesso,
con il proprio angelo interiore, e sta in questo auto-trascendimento il
preliminare di ogni relazione autentica, la regola aurea del vero discorrere,
il fondamento di ogni sana forma dialogica, la base e la condizione
imprescindibile della stessa logica come scienza dell’argomentazione.
Nel
quarto capitolo, lei svolge un “Discorso sul Mito”, trattandolo non dal punto
di vista antropologico, ma da quello filosofico. Non fa descrizioni di miti,
piuttosto s’interroga sulla loro essenza: che cosa sono, a quale esigenza
rispondono, qual è il loro rapporto con la storia, se rapporto c’è.
L’illo
tempore del mito non è un tempo storico, ma un attimo sacro che sfugge vuoi
alla logica del tempo vuoi a quella dell’eternità. E’ un ponte tra i due poli.
Se da un lato il mito è fuori dallo scorrere del tempo, dall’altro è interno
alla mutevolezza, alla turbolenza, alla vorticosità. I miti appartengono alla
storia in quanto sono l’aspetto eternamente nuovo della storia, cui questa
attinge quando sente il bisogno di rinnovarsi, di ricominciare daccapo, di
risvegliarsi nelle sue sorgenti archetipe, di rigenerarsi in quella segreta
humanitas che, proprio in quanto fuori dal tempo, vive sempre nell’attualità.
L’eternità non c’entra, essa è distaccata dal tempo. Il cosiddetto eterno
presente dei miti vive nel cuore profondo della storia, è avvinghiato
strettamente al tempo senza farsene sopraffare.
Nel
corso del capitolo lei fa una distinzione nettissima tra mitopoiesi e mitologia.
La
mitopoiesi è la nascita del mito, la mitologia è la schematizzazione del mito
per fini egemonico normativi. Mitopoietici sono i momenti di grazia e pienezza
segnati da grandi rivelazioni sul senso e sul valore della vita. Mitologici
sono invece i momenti degenerativi del mito, dove il simbolo si trasforma in
feticcio, la metafora in dogma e la freschezza sorgiva in arida ripetitività.
La vera essenza dell’uomo è mitopoietica, ma nel corso della sua storia
raramente egli riesce ad inserirsi in questa sua alta tensione creativa, preso
dal conformismo e dalla convenzionalità. Una degenerazione purtroppo
necessaria, così come il nero occorre al bianco e il tramonto all’aurora. Non
si può stare sempre nello stato di grazia, occorre sperimentare la disgrazia
per poter tornare nella grazia. Tutto è pulsazione. Nei momenti sorgivi del
mito si aprono visioni inedite della vita dove in nuce c’è tutto: arte,
religione, scienza, filosofia, eccetera, non ancora entrate in conflitto tra di
loro. L’uomo sta al centro e tiene tutto in pugno, laddove nella decadenza
successiva finisce per diventare succube di ciò che lui stesso crea e di cui si
dovrebbe servire per le proprie esigenze spirituali e fisiche.
Anche
la metafisica occidentale è causa del nichilismo postmoderno?
Esatto.
Il mio pensiero non è infatti assolutamente metafisico. La metafisica non è che
l’anticamera del nichilismo ed entrambi appartengono alla storia di quel
razionalismo che, inaugurato nella Grecia classica, è giunto fino ai nostri
giorni mostrando oramai i segni del declino. Più che metafisico, definirei il
mio pensiero prelogico, fautore degli stati mitico-sapienziali precedenti
all’insorgere del razionalismo metafisico. Ritengo si stiano preparando
cambiamenti epocali di enorme rilevanza, fondati su quella rinascita del patto
di alleanza dell’uomo con l’essere che produrrà spinte mitopoietiche di
inusitate proporzioni. La rigenerazione è il terreno su cui da sempre allignano
i miti. Del mito c’è estremo bisogno per superare l’impasse di una cultura omologata
e stantia, naufragata nel Nulla e priva di entusiasmi, non più desiderosa di
nuove avventure.
L'intervista di Daniela Di Iorio all'amico Franco merita un plauso in quanto ha saputo toccare i temi portanti del pensiero di Campegiani e, sinceramente, era tutt'altro che facile. Mi permetto di dirlo poiché ho stilato la postfazione al libro e ne sono onoratissimo: è un'opera di alto valore, non solo filosofico, ma antropologico (per così dire) e spirituale (laddove per "spirituale" correttamente s'intenda non qualcosa di pertinenza religiosa ma un elevarsi o uno scendere (non c'è alcuna differenza) nelle profondità del proprio io con obiettività e, soprattutto, autocritica.
RispondiEliminaNon mi addentrerò nello specifico ovviamente ma sento di invitare coloro che leggeranno a riflettere in particolare sulla prima di queste domande che costituiscono la terza parte dell'intera serie: "La Grande Relazione" è - a mio parere - il concentrato dell'opera.
Auguro a Franco altri riscontri oltre quelli che ha già meritato ed all'Intervistatrice altre operazioni di spessore come quella cui ha dato vita con Campegiani.
Sandro Angelucci
Non finirò mai di ringraziarti, caro Sandro, per l'attenzione e la condivisione che rivolgi, non da oggi, ai miei studi. Non so se si possa parlare, nel nostro caso,di affinità elettiva. Non sta a me dirlo, ma non è da oggi che noto (notiamo) convergenze di pensiero significative. Mi capita spesso di sfogliare le pagine della tua brillante ed empatica postfazione. Ne sono entusiasta, soprattutto laddove confermi e rinsaldi il concetto che recuperare il pensiero prelogico non significa tornare al passato, bensì risvegliare il bambino che è in noi. Daniela Di Iorio è molto brava e i tuoi apprezzamenti le faranno piacere.
RispondiEliminaFranco Campegiani
L'intervista della dottoressa Daniela Di Iorio all'Amico poeta, filosofo, critico letterario e critico d'arte Franco Campegiani, che mi onoro di conoscere da molti anni, è condotta con eccellente padronanza della materia e stimola l'autore sulle tematiche salienti del suo saggio, che come sottolinea Sandro Angelucci, postfatore del testo, è
RispondiEliminaimpresa tutt'altro che facile. La teoria, che sta riscuotendo successi di pubblico e di critica, sta dando una 'sferzata di novità' alla filosofia. Franco sa che io continuo a definirla rivoluzionaria. L'armonia dei contrari, che ormai è entrata nello spirito analitico di molti di noi, lettori delle sue opere - alludo anche alla prima, "La teoria autocentrica" del 2001 - che pose le basi al saggio "Ribaltamenti", ci consente una visione del mondo, dei rapporti con gli altri e con noi stessi e dell'equilibrio che possiamo realizzare tramite la giusta interpretazione del mito. Sarebbe riduttivo aggiungere commenti dopo un'intervista di così alto spessore, per cui chiedo scusa per l'entusiasmo e mi complimento di cuore con tutti. A franco auguro ancora tante e tante soddisfazioni e lo abbraccio.
Maria Rizzi
Grazie a te, Maria, per gli auguri e la condivisione di temi che anch'io so rivoluzionari, funzionali come sono a un risveglio dell'anima che sembra sempre più lontano e inaccessibile all'attuale umanità. Il tuo entusiasmo è benefico e coinvolgente, ma non ti nascondo che io ho tanti dubbi quanta fede, e viceversa, in onore all'equilibrio e all'armonia dei contrari di cui parliamo. Un abbraccio anche da parte mia.
RispondiEliminaFranco