ZERO AL QUOTO di Fabrizio Bregoli
Prefazione di Vincenzo Guarracino
puntoacapo Editrice euro 15
Franca Donà, collaboratrice di Lèucade |
Ho iniziato a leggere il libro di Fabrizio Bregoli con un misto di curiosità, ammirazione e invidia.
Sì, ammettiamolo. Quando uno vince e stravince con la poesia ti chiedi - Ma è
proprio così bravo?- ecco, la risposta è sì. Devo dire che ho sempre pensato
che Fabrizio fosse più ingegnere che poeta, che usasse il righello per misurare
la metrica perfetta, un glossario al posto dei versi poetici...avevo letto
qualcosa di suo e mi era piaciuto, ma non mi aveva "toccato
dentro". Pensavo ad una cosa perfetta ma
senza vita, poco cuore ecco. (Fabrizio mi odierai ma sono sincera) Zero al
quoto ha un titolo che già parla da solo. Un'allusione al gergo matematico che
può trarre in inganno. Una ricerca del senso anche dove il senso non c'è, o
almeno pare. Un accettarsi nel quotidiano vivere, con debolezze, vizi e abitudini.
Alcune poesie mi sono piaciute subito, altre ho dovuto decifrarle, anche se
penso che le poesie non sono mai da spiegare, ma devono trasmettere qualcosa.
-"Sapere di te" è quella che mi ha fatto sentire il suo cuore, un
modo leggero di annunciare la scoperta di una nuova vita, ma autentico e forte:
“ Curioso sapere di te
da due strisce decise, un rosso acceso
su uno stick di plastica bianca
cartina di tornasole, alchimia
di non so quale imprevisto demiurgo.
Sei attesa, radice di silenzio
principio di ogni possibile giorno
ma breve è la misura del tuo esistere
già strappi istanti al corso del tuo tempo,
oggi solo una fitta impercettibile
poi trepido sfarfallio d’ecografo
polline di fiato, quieta distanza
che attimo su attimo si colma.
Io ti crescerò battito su battito
con la perizia attenta d’un orefice
a mani nude ti consegnerò
quell’ingombrante vita che pretendi.
Non avere fretta di essere al mondo
nulla andrà perduto, ti tratterrò
l’effimero d’un fiore
l’angusto spazio d’una neve.
Non avere fretta, qui tutto scalcia
conoscerai astio, menzogne d’uomini
impietoso linciaggio d’anni, tu
fanne limo profondo di saggezza
verità, come di provvida pioggia
rettitudine a inalterato amore.
Il "gergo matematico"
assume una dolcezza e una cadenza che scandisce gli attimi, le pause, colora di
neve le sillabe. E cita grandi autori Fabrizio, si lascia incantare dai marmi
scolpiti di Michelangelo, descrivendo con minuzia e garbo l'urgenza dello
scrivere, così, come parla degli amori, come un Prèvert senza inibizioni nella
poesia "Quei ragazzi" in cui l'amore "diverso" ha lo stesso
sapore di un bacio romantico, senz'ombra d'omertà, nel fermo paradiso
dell'istante:
"Non so scandire
l'empito d'un attimo
il tempo è un orizzonte da colmare
una moneta che scotta le dita...
il tempo è un orizzonte da colmare
una moneta che scotta le dita...
(da “Qui il mondo è un esitare”)
Una poesia quella dell’autore che reinventa il mondo del
sentire, in una ricercatezza elegante e naturale che intriga e affascina.
Franca Donà
Amica Franca, come al solito non posso non commentarti, almeno ci provo per dirimere quel tuo iniziale dubbio. A parte la forma su cui non voglio aggiungere parole, è scontata poiché presente, ciò che mi colpisce è il gergo tecnico, sicuramente non appartenente a pochi, oggi come oggi. A me appartiene per ovvie ragioni, ciononostante tendo a non usarlo, nella poesia. Non mi dispiace che lo faccia un altro, un ingegnere, come dice Franca in recensione. Questo testimonia la ricerca delle parole, nella poesia, come utile strumento di arricchimento, di accrescimento culturale, ma soprattutto di poiesis. In questa lirica c’è l’una e l’altra componente: da una parte la ricerca linguistica, sapientemente affiancata al contenuto trattato (un rosso acceso su uno stick di plastica, lo sfarfallio d’ecografo); dall’altra parte c’è la creazione lirica, l’emotività dell’anima, la gioia ma soprattutto l’ansia: quella di un uomo che sente scalciare, fuori, quella di un padre consapevole dell’inevitabile eredità di un mondo: quasi vorrebbe non lasciarla, offrire la rinuncia a un testamento, se solo potesse, a un figlio, un nascituro, un soggetto giuridico. Consapevole di non poterlo fare, desidera che si prolunghi l’attesa, o quanto meno non ci sia la fretta. Deve prolungarsi il tempo per un orefice, un notaio, un padre, il tempo per impreziosire il limo della vera eredità: l’amore.
RispondiEliminaCarissima Franca, è una meravigliosa e originale poesia, e ti ringrazio per avermela fatta leggere, e per averla commentata con la sincerità e il cuore che ti contraddistinguono. Ovviamente ringrazio l’autore, complimentandomi con lui, e con la sua bravura. Emanuele Aloisi.
Caro Emanuele, ringrazio dell'attenzione. Per la lettura di altre mie poesie può consultare il blog dedicato alla mia poesia
RispondiEliminahttps://fabriziobregoli.com