Chiome di Londra
Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade |
Quella sera, sulla palude
delle sabbie mobili, insisteva una fitta nebbia.
Non si riuscivano a scorgere
oggetti a due palmi dal naso, quasi l’Ambiente stesso volesse nascondere a
sguardi indiscreti un qualcosa di inconfessabile e terribile in procinto di
accadere nella cupa atmosfera che avvolgeva l’intera foresta, di cui la palude
era il cuore.
Il Signore del Tempo, che
abitava la vecchia quercia cava, rigirò ancora una volta la clessidra e si accinse
ad osservare l’interminabile caduta dei granelli di sabbia, suoi antichissimi
amici.
Il vecchio signore della
quercia cava era il Controllore del Tempo.
Alcuni racconti narravano che possedesse ben 34 orologi distribuiti fra
clessidre, meridiane e casette a cucù, e proprio queste ultime celavano il
terribile segreto: il Custode del Tempo era, essenzialmente, un essere
malvagio.
Gli orologi a cucù, ognuno
posto nelle immediate vicinanze di una quercia, erano venti, grandi come case,
anzi ERANO case con incorporati i cucù, i cui ingranaggi possedevano ruote gigantesche
e le cui pigne, che svolgevano egregiamente la professione di gravi, pesavano
alcuni
quintali. Ogni quarto d’ora
gli ingegnosi meccanismi provocavano l’uscita, dalla finestra posta sulla porta
d’accesso, di….no! non di un uccello dalle dimensioni di una persona, ma
l’uscita di ….un adolescente!
Sventurati ragazzi di 12, 13
o anche 14 anni stavano saldamente legati ad un’asta rigida che fuoriusciva e
dovevano, ogni 15 minuti, gridare a squarciagola “ Cucù,cucù….cucù ”.Questi
esseri sfortunati, invece di vagare felici per la foresta rincorrendo tassi,
marmotte o castori, erano prigionieri del Custode del Tempo.
PRIGIONIERI DEL TEMPO. INCASTONATI NEL TEMPO!
Il Vecchio Orologiaio era
anche in possesso di un quadrante a muro le cui lancette andavano al contrario, cioè in senso antiorario per cui, a meno di
non sbirciare l’ora con l’aiuto di uno specchio, si potevano facilmente
scambiare le 3 e 25 per le 8 e 35 o le 6 e 40 per le 5 e 20.
Quasi a rimarcare col suo
sarcasmo le tribolazioni di tutti gli abitanti del bosco, dagli animaletti in gara
per il cibo o in lotta per la vita agli infelici ragazzi prigionieri e ai loro
sventurati parenti, aveva egli stesso inciso una scritta sottostante il
quadrante, scritta che diceva:
COSI’ VA LA VOSTRA VITA (cioè al contrario, all’opposto di
quell’esistenza felice a cui ognuno anelava).
Quella sera l’anziano Signore
del Tempo, con la bianca barba lunga quasi a sfiorare il suolo ed esattamente
quattro capelli in testa, sorrise, lo sguardo spiritato, all’indirizzo della
nebbia, poi osservò per l’ennesima volta l’ultimo granello di rena raggiungere
i fratelli già divorati dal fluire del tempo, infine rivoltò ancora
instancabilmente la sua preziosa clessidra.
Tommaso, intanto, nascosto ad
ogni presenza del bosco dallo spesso strato di ovatta, confabulava con il cervo
più vecchio.
“ Sei coraggioso, ammirevole
anzi. Ma non hai alcuna possibilità ” gli disse il cervo guardandolo con
affetto.
“ Lo so! E’ questa la tragedia. So perfettamente che fallirò nell’impresa, ma
una forza sovrumana mi spinge irresistibilmente a tentare. Fallirò, ma devo
provare! ”.
“ Ma tutti coloro i quali
hanno sfidato il Custode del Tempo sono ora prigionieri, e questo lo sai perfettamente
”. Detto ciò, il vecchio cervo pensò
a Tommaso come ad un eroe romantico, deciso
a lottare fino alla morte contro un destino ormai scritto, ineluttabile.
“ Cos’altro posso fare per
cercare di liberare i miei amici da un’esistenza così crudele?”.
“ Non potrai aiutarli di
certo in futuro, se anche tu seguirai la loro triste sorte”.
“ Devo comunque tentare,
ormai la mia decisione è presa ”
concluse Tommaso.
Mezz’ora più tardi, dopo un
tortuoso cammino per evitare le insidie della infida palude, i due amici arrivarono
alla quercia cava. Cervo chiamò il
Guardiano del Tempo, il quale fece capolino, con la consueta clessidra nelle
mani ed il furbo, ironico sorriso stampato sul volto.
Tommaso parlò: “ Voglio
tentare la sfida, voglio liberare i miei amici, ora tuoi prigionieri ”.
La frase del giovane ebbe
come unica risposta la sonora risata del Vecchio Signore, che rimbombò sul
fango della palude e si moltiplicò fra gli alberi che circondavano la quercia
ferita.
“ Sono pronto ” ribadì Tommaso, con il cuore che gli pulsava
forte nell’impavido petto.
“ Benissimo, sai le
regole. Se riuscirai a rispondere
all’indovinello o a dimostrare l’affermazione che io farò, gli schiavi del
Tempo saranno nuovamente liberi, ma …”
aggiunse il Vecchio dopo una pausa carica di tensione “ se fallirai
nell’intento diventerai anche tu mio prigioniero ed allungherai le file degli
abitanti delle casette a cucù. Ho giusto
bisogno di un nuovo orologio ”.
Tommaso, dopo un istante che
a Cervo parve infinito, accettò.
“ Bene, hai esattamente 60
ore di tempo per dimostrare la seguente frase: - A LONDRA CI SONO
ALMENO DUE PERSONE CON LO
STESSO NUMERO DI CAPELLI IN TESTA -.
Ricordati, hai tempo due
giorni e mezzo, solo due giorni e mezzo…..Ha! Ha! Ha! ”.
La terribile risata del
Custode del Tempo rimase a lungo nelle orecchie dei due amici, quasi a sottolineare
e ribadire la certezza del triste, tragico futuro di Tommaso.
Sulla via di casa il vecchio
cervo, stanco e triste, disse: “ Non so proprio come aiutarti, ragazzo mio ”.
“ Ed io non posso certo, in
soli due giorni, recarmi a Londra e contare i capelli di tutti gli abitanti della
città ”. “ Già ” confermò il cervo “ e poi dubito che la tua
parola sarebbe accettata come prova dal Signore della quercia cava. No! Non è
questa la strada da seguire ”.
“ Ma allora, come posso fare?
” chiese un Tommaso sempre più
scoraggiato, quasi rassegnato.
Il cervo non rispose, non
avendo nulla da aggiungere.
Passarono due giorni, che il
giovane trascorse senza neppur dormire, con la mente incollata alla frase del
Custode del Tempo, frase che gli pareva via via sempre più inaccessibile e
spaventosa.
All’imbrunire della seconda
giornata, esattamente 48 ore dopo l’incontro alla vecchia quercia, avvenne un
fatto curioso: Tommaso ricevette per posta aerea ( piccione viaggiatore ) una
missiva.
Srotolò la pergamena sulla
quale lesse:
Intrepido amico,
sono un monaco dell’abazia dell’isola
di
Saint Honorat. Io ed i miei fratelli
siamo dediti allo studio, alla
meditazione
ed alla coltivazione di arbusti da cui
si
ricava un delizioso liquore.
Sono venuto a conoscenza, tramite
Cervo,
mio amico da una vita, delle tue
attuali
difficoltà. Ho consultato una
ponderosa e
polverosa enciclopedia nella quale ho
scovato
solo due informazioni che spero, però,
possano
esserti utili. Si afferma in questi saggi tomi
che un essere umano può avere, al
massimo, 5
capelli e che la città di Londra conta
precisamente
700 abitanti. Con la speranza che ciò ti possa giovare,
ti saluto con un abbraccio.
Fratello Mersenne
La lettera dell’abate
Mersenne fu, per il ragazzo, fonte di meraviglia e di rinnovata speranza, pur non
comprendendo in che modo potesse venirgli in soccorso.
Ma il solo fatto di ricevere
un incoraggiamento da un luogo così lontano gli sollevò decisamente il morale. Gli rimanevano infatti solo12 ore, prima
del momento fatidico: entro le 6 del mattino del giorno seguente avrebbe dovuto
completare la dimostrazione (e non aveva neppur iniziato, né aveva uno straccio
di idea su come impostarla).
La notte che Tommaso
trascorse e che seguì questi inconsueti avvenimenti fu la più breve della sua
vita. La trascorse chino su
di un foglio di carta, con una penna d’anatra in mano (le oche evitavano le
paludi, prediligendo altri siti), avulso dal mondo che lo circondava,
concentrato a scarabocchiare freneticamente ogni intuizione emergente dal
subconscio, mentre la clessidra innanzi a lui lasciava cadere la sabbia sempre
più velocemente, almeno così gli pareva.
Ogni tanto Tommaso, in preda
alla disperazione, annotava sul margine del taccuino: NON HO TEMPO, IO NON HO
PIU’ TEMPO!
Esausto, verso le 5 del
mattino chinò la testa sul tavolo, addormentandosi profondamente.
Tre quarti d’ora dopo il
coraggioso ragazzo era di nuovo in piedi, risvegliato dal vecchio, caro cervo,
che uscì con lui per accompagnarlo all’appuntamento più importante di tutta la
sua breve esistenza.
Gli infelici adolescenti
uscirono per pronunciare sei volte “ Cucù ” quando i due arrivarono al luogo stabilito.
Il guardiano del Tempo fece capolino dallo squarcio che lacerava verticalmente
l’antico albero; era di ottimo umore, più del solito.
“ Allora, mio caro amico, hai
con te la dimostrazione che ti è indispensabile per riavere i tuoi simili? ”.
Tommaso non rispose subito,
ma attese che Cervo ollocasse nei pressi della quercia una piccola lavagna che
si erano portati appresso, poi infilò una mano in tasca, estrasse un piccolo
gessetto e incominciò a scrivere -
TEOREMA DELLA CHIOMA. Tesi: a Londra
almeno due persone hanno lo stesso numero di capelli. –
I numerosi abitanti del bosco
che stavano risvegliandosi dal sonno ristoratore ed anche quelli che, cacciando
di notte, erano in procinto di andare a letto, videro questa scena inconsueta e
si fermarono vicino alla lavagna a leggere interessati.
In breve una folla di daini,
lepri, gufi, lontre, castori, volpi e civette si radunò nella radura della quercia
cava, intuendo di stare per vivere un momento importante nella storia della
loro foresta.
Man mano che Tommaso scriveva
e commentava i vari segni sulla lavagna il pubblico andava aumentando, e vi era
anche chi, provvisto di apparecchi fotografici, voleva immortalare quella dimostrazione.
Già, la convinzione che il giovane sarebbe riuscito nell’impresa stava
facendosi
strada in molti, poiché
Tommaso proseguiva senza nessuna esitazione, determinatissimo.
Quando formulò le ipotesi di
partenza il perenne, scaltro e malizioso sorriso dipinto sul viso del Controllore
del Tempo ebbe un attimo di cedimento.
Il ragazzo scrisse: - Ipotesi: 1) un essere umano può, al
massimo, avere in testa 5 capelli.
2) la città di Londra conta
700 abitanti. –
“ Queste due supposizioni ”
spiegò Tommaso “ devono essere concesse, perché corrispondono alla verità ”.
“ D’accordo, te lo concedo
” gli rispose il vecchio Signore del
Tempo che, sia pur di controvoglia, non poteva negare l’evidenza.
“ Benissimo ” continuò il ragazzo “ disegniamo ora sulla
lavagna 6 celle e numeriamole, da 0 a 5.
Un abitante di Londra può
avere al massimo 5 capelli, essendo un essere umano, dunque supponiamo di
incontrarne uno qualunque. Senza perdere
di generalità possiamo ipotizzare che questo particolare individuo sia calvo, e
ci saremo pertanto imbattuti in una persona con zero capelli. Tracciamo un
segno nella casella corrispondente, così….
Ora consideriamo un secondo
signore e supponiamo che questi abbia, ad esempio, 3 capelli sotto il cappello
(se è calvo pure lui la nostra dimostrazione è già terminata).
Contrassegniamo dunque anche
la celletta del numero 3”.
Man mano che il giovane
scriveva la tensione aumentava spasmodicamente: quel crescendo poteva avere
solo un finale, c’era una sola possibile conclusione dell’esposizione di
Tommaso.
“Ora, passeggiando per
Londra, immaginiamo di incontrare questa volta una signora dalla folta chioma,
5 capelli. Bene, contrassegniamo anche la
casella del numero 5; avremo dunque la situazione seguente: le caselle numero
0, 3 e 5 saranno occupate, le altre tre ancora libere.
Se gli altri successivi tre
incontri per le vie della capitale inglese ci portano ad imbatterci in individui
con, nell’ordine che preferite, 1, 2 e 4 peli sulla zucca (se qualcuno va a
cadere in una cella già occupata la dimostrazione è conclusa), arriveremo
infine ad avere tutte le caselle occupate.
E’
la settima persona che completa la dimostrazione!
In qualunque posto vada a
finire questo settimo londinese, la relativa casella sarà già occupata.
E questo dimostra il TEOREMA
DELLA CHIOMA. Bene, credo che mi fermerò
qui ”.
E posò il gesso.
Nella radura ci fu un istante
di silenzio ammirato, poi gli astanti esplosero in una spontanea ovazione. I flash lampeggiarono e molti si avvicinarono
per congratularsi con un raggiante Tommaso.
Mentre un ghigno pauroso si
andava delineando sul volto del Guardiano del Tempo, il cui sguardo esprimeva
tutta l’irritazione e la rabbia per la totale disfatta, Cervo aggiunse: “
Naturalmente dal teorema appena dimostrato discende immediatamente il seguente
lemma -
TEOREMA ( GENERALIZZATO )
DELLA CHIOMA: In una qualunque città con più di 6 abitanti almeno due persone
hanno lo stesso numero di capelli - ”.
Nel giro di pochi minuti,
frattanto, le copie ciclostilate dello strabiliante exploit logico-matematico di
Tommaso cominciarono ad essere spedite dagli animaletti del bosco in ogni
angolo della vasta foresta.
La storia che stiamo narrando
si concluse nel migliore dei modi: gli sventurati ragazzi imprigionati nelle casette,
una volta riacquistata la libertà poterono riabbracciare i loro cari e
dedicarsi, insieme al loro amico Tommaso che, grazie alla sua impresa, era
diventato l’eroe della foresta delle paludi, a
scorrazzare per il bosco
giocando a nascondino con gli animali, non escluso il saggio, vecchio ma ancor
vivace Cervo.
E il Signore del Tempo? Vi chiederete voi.
Il Custode del Tempo fece di
necessità virtù: sostituì tutti i suoi strumenti, compresa la clessidra dorata
che abbelliva la sua abitazione nell’interno della quercia cava, con 34 moderni
ed eleganti orologi da polso, i cui meccanismi erano stati allestiti in
Svizzera (dove egli si era recato di persona per l’acquisto), e che si
rivelarono costantemente ben sincronizzati tra di loro e, soprattutto, di una
precisione assoluta, cosa che lui, ovviamente, non disprezzava affatto!
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