mercoledì 9 gennaio 2019

NAZARIO P. LEGGE: "A NORD DELL'AMORE" DI MARIO DE ROSA



A NORD DELL’AMORE



DI


MARIO DE ROSA


CAMPANOTTO EDITORE




Una silloge di polisemica intrusione emotiva dove i versi, con elegante elasticità, si fanno tatuaggi di un sentire denso di vita: sogni, memoriale, realtà, illusione, delusione, e Amore: amore in tutte le salse, dacché,  sentimento dei sentimenti, muove la vita come il mare la marea. Quattro le sezioni dell’opera (Prospettive Disperse, Tutto l’amore che so, Solitudini, Quel che resta del vento) che con la loro forza significante si fanno prodromici avvii di percorsi esistenziali. Ma mi piace iniziare da questa poesia testuale per andare da subito al nocciolo dello stile di De Rosa.

LA MIA FOGLIA

M’è caduta
una foglia
dal cuore.
La foglia
più cara
un mattino
lieve vento
ha staccato
al mio ramo.
Ora sogno
il suo volo
nel vento
mentre dentro
 mi languon colori
mani lievi
e carezze
d’autunno.

Foglia, mattino, vento, ramo, colori, autunno: tante indicazioni paniche che con i loro corpi reificano abbrivi, emozioni, messaggi e simboli.  Sì, una simbologia costruttiva, fattiva, di epigrammatica estensione per versi apodittici, conclusivi di rara portata ontologica, dove  il ritmo battuto da tocchi  di euritmica armonia fanno da esemplificazione a un poema che si espande su un tessuto vellutato. Di certo lirismo, sentimento che prende e rimane, che gioca coi suoi palpiti sulla storia del poeta. La parola è lì dove deve essere nei ricami prosodici: meditata, sentita, incastonata come un diadema, nell’insieme del canto. Di sicuro non sta dietro a sperimentalismi di positura prosastica che non di rado fanno danni alla voce del lirismo; lo direi piuttosto un andare più vicino alla musicalità, alla misura, al contenimento e ai sinestetici azzardi legati alla tradizione pur con tutta la sua spinta al rinnovamento. La poesia è vita. La vita è poesia in questa plaquette. Si toccano tutte le note  di una vicissitudine; di un mondo che freme per la voglia di essere tradotto in poema e che si scioglie nelle sue molteplici varanti:

Ora in versi dedicati a Alda Merini:

D’amore i tuoi versi
e di frontiera
di vento improvvise folate
hanno incalzato tenebre,... (A Alda Merini).

Ora in memorie di giorni andati che ci dicono del tempus fugit, della brevità dell’esistere, e della futilità delle cose più preziose: tutto passa, e noi viviamo nella scia di un’ora che corre:

Ricordi amica mia
Semplici i giorni andati?
L’eternità durava
Fino al calar del sole.
Ricordi le case bruciate
Nostre amate rovine
Ogni giorno rifatte
Con nascondigli nuovi
Dove nasconderci in caso di guerra?... (Tanta pace fa).

Ora in sogni in equilibrio tra l’amore e il nulla:

Nell’eterne vie dei sogni
aggrappata al mio braccio,
eterea camminavi ,
in equilibrio tra l’amore e il nulla... (Sognandoti).

Ora in iperboliche vertigini che parlano di creatività e di trasposizioni verbali in rivoli di pace:

Così domato il vento della sera
dalle tende coglierà i sospiri
per governare le mandrie di stelle. (Messaggero di pace).

Ora in una meditazione sul dove e sul quando; sulla caducità di attimi di cui “s’è reso ladro il tempo” 

Poveri sì e senza tanti vizi,
furfanti  in strada
ma al catechismo santi,
d’attimi eterni s’è reso ladro
il tempo. (Oggi mi porta).

Insomma una navigazione lunga e senza rotta, libera, verso un’isola di cui non si scorge la sagoma. Un nostos di noi poveri mortali in braccio ad una sorte che spesso tradisce le sue promesse, e ci pone di fronte a fatti e accadimenti che tornano a galla a farci male; a ricordarci che forse l’unico e sacrosanto sprazzo della storia è a nord dell’amore; ed è là che De Rosa dirige la sua barca sperando di trovarvi un ancoraggio sicuro alla sua navigata:
(...)
Ma la meta è vicina
e mi lava l'interno 
quella mia sete pura
da ciò che non è amore.
Con issopo mondato
non sono peccatore
ed ancora percorro
il mio tempo di uomo.(Prospettive).

Nazario Pardini


DAL TESTO

L'ultimo hotel di Kerouac 
o Howl di Allen Ginsberg
entrambi sconvolgenti 
come le trombe di Cassady
niente di più o di meno
dei marmi di John Keats.
Ognuno ci dilania 
ci addita il vero mostro
miseria di ogni giorno
che ci insudicia l'aria
in cambio d'un lembo
d'ignorata speranza
che Molock sodomizza.




CONFINI (ad Alda Merini)

D’amore i tuoi versi
e di frontiera
di vento improvvise folate
hanno incalzato tenebre,
  rondini folli hanno bevuto
giornate immense di luce.

Azzurri falchi in picchiata
in tetre forre di dolore
 neri corvi a beccare
brani di viva carne.




I GIORNI EQUOREI

L’equoreo damascato
immenso e disteso
sul piano delle acque
per riflettere gli incanti
di sensibilità nascoste.

Si cambia oggi scenario
con la Maginot di nuvole
asserragliate a ponente.

Giganti in trincea si levano,
di fine Luglio i pensieri
facili e ghiotte prede
dei numerosi incendi,
per poi rigenerarsi
voli d’Araba Fenice
dalle ceneri esauste
di volontà disperse.

Se voi mi camminate 
calciatemi ciottolo 
nel vostro mare,
sarò io trasformato.
Sarò il trastullo
oppure cielo
o la battigia
su cui passeggiate.




TANTA PACE FA

Ricordi amica mia
Semplici i giorni andati?
L’eternità durava
Fino al calar del sole.
Ricordi le case bruciate
Nostre amate rovine
Ogni giorno rifatte
Con nascondigli nuovi
Dove nasconderci in caso di guerra?

Poche frasche, dei rami, vecchie pietre
In rifugi sicuri
Noi nascosti per ore..
E regnava la pace
per noi bimbi futuro
un bel gioco che finiva di sera.




IL RITORNO

Come un bimbo lontano
ho voglia di stupirmi
ancora, svelenando i tessuti
dalle ossidate scorie.
M’urge l’umile voglia
di perdermi tra dune
in cerca di Re Magi,
dietro comete antiche.




LA MIA FOGLIA

M’è caduta
una foglia
dal cuore.
La foglia
più cara
un mattino
lieve vento
ha staccato
al mio ramo.
Ora sogno
il suo volo
nel vento
mentre dentro
 mi languon colori
mani lievi
e carezze
d’autunno.


Brevi note su Mario De Rosa

 Nato a Morano Calabro il 06.09.1953, si diploma nel 1972 a Lagonegro (PZ). Si iscrive alla facoltà di Magistero a Roma, corso

di Lingue e Letterature Straniere, scegliendo Tedesco come lingua principale. Visita diverse città europee, lavora a periodi alterni in Germania, anche per perfezionare la lingua, ma non conclude gli studi. Oltre a supplenze nelle scuole primarie, non disdegna nessun tipo di lavoro, nemmeno quello da operaio. La sua grande passione per la poesia e per la letteratura mondiale riaffiora negli anni 2000. Nel 2006 inizia a partecipare a  dei concorsi e nel giro di un paio d’anni comincia a vincerne alcuni. La  poesia, frutto di un sentire profondo, viene fuori con tutto il suo impeto, e nel giro di un paio di lustri conquista centinaia di successi. Per citarne qualcuno il “Jacques Prévert” del Club degli Autori, Il giro d’Italia delle poesie in cornice, Premio Città di Viterbo (dell’Accademia F.Petrarca).Diverse le vittorie con poesie scritte nel vernacolo del suo paese. “Città di Castrovillari Pollino”, Premio in vernacolo Paterno Dugnano. Con  l’ass.Cult.Viareggio-San Domenichino “il Quadrato”,ottiene numerosi riconoscimenti, nei concorsi promossi da San Gimignano ,Cortona,Viareggio-Versilia, a Torre del Lago Puccini. Fin dall’inizio crea eventi e reading nella sua regione, per fondare in seguito il premio internazionale “Morano Calabro Città D’Arte”,dedicato nelle sue cinque edizioni a : Dino Campana, John Keats, Arthur Rimbaud, Jack Kerouac, e ultimo “Amelia Rosselli –Sylvia Plath”. Presidente di giuria per il quarto anno al premio “Progetto Alfa”in Valtellina. Lusinghiero il successo e la valenza culturale dei premi, sempre proiettati verso linee di pensiero innovative, che non tradiscano la classica origine delle nostre tradizioni poetiche. Giurato e presidente di giuria in diversi concorsi a livello regionale e nazionale. Sue poesie vengono scelte da riviste di diversa estrazione. Inserito nel compendio di Letteratura Italiana della Helicon (Ar), e quest’anno nel “Dizionario Critico” della Letteratura Italiana (AR), curati dai professori del “Premio Casentino”, dove è fra i vincitori da quattro anni.

1 commento:

  1. Ecco come ad una qualunque e fredda giornata di Gennaio ,basti la recensione, sincera e appassionata , del grande poeta e Prof. Nazario Pardini , per colorare di gaiezza le mie interne galaverne.Ricordo, quando da ragazzino ricevevo un " gianduiotto ",(A quei tempi non era cosa che avveniva spesso) in regalo, con lo stesso "squisitissimo" piacere,gusto questa entusiasta e forbita disamina ,dei miei semplici versi. Grazie Professore,della bellissima sorpresa ,ancora più ineffabile ,in quanto insperata. Con ammirazione e stima:Mario De Rosa

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