lunedì 7 gennaio 2019

PATRIZIA STEFANELLI: PREFAZIONE A "LE ORME DEI GIORNI" DI A. DAMIANO



Patrizia Stefanelli,
collaboratrice di Lèucade

Prefazione a “Le orme dei giorni” di Antonio Damiano. A cura di Patrizia Stefanelli



Su cosa sia o non sia poesia si dibatte da secoli. E’ poesia invenzione ed essenza, ricerca di se stessi e discorso intorno al mondo seppure svincolata dalle leggi ferree della razionalità e della logica? E’ segreto, immagine, tecnica, pluralità di livelli espressivi e semiosi, armonia, ritmo e forma? Credo sia tutto questo e altro ancora, e di più quel che verrà da chi ogni tanto prova a ridefinire le possibilità e gli scopi di quest’arte che è com-posizione, generazione e creazione. Il poeta e critico letterario Nazario Pardini, in un’intervista, alla domanda Qual è secondo te il rapporto tra arte e sentimento, tra ragione ed emozione, risponde: L’arte vive di sentimento, di impulsi emotivi, di voli oltre gli orizzonti che ci limitano. È umano, fortemente umano ambire all’eccelso, e non lo si può fare certamente con la ragione, dato che la razionalità frena questi azzardi emozionali. Si può dire che la ragione ha il potere di aiutare a far confluire questa interiorità entro canali dagli argini ben robusti a che non cada in sentimentalismo eccessivo, che creerebbe squilibrio nella produzione artistica. Questo è il senso del poiéin e credo che di là dall’attribuzione di genere essa sia uno strumento utile a tramandare alla memoria collettiva ciò che è il vissuto attraverso una conoscenza noetica, anche con una funzione educativa.
La poesia di Antonio Damiano vibra di odeporica essenza. Il corpo poetico è la via d’accesso a sentimenti umanamente comprensibili. Attraverso il viaggio della vita, che ognuno di noi è chiamato a compiere, ogni cosa e ogni accadimento trascendono l’essere che, nel suo continuo movimento, si porta tra il finito e l’infinito. La scrittura è un viaggio, la lettura altrettanto. Nella scrittura del Nostro, la quotidianità trova  espressione in un realismo poetico di grande efficacia evocativa. Tale efficacia si realizza tramite la sonorità della parola che trova un risuonatore nell’empatia del lettore (può essere apprezzata solo nella fusione tra suono e semantica).
 
Vanno i passi solinghi tra i vicoli neri,

tra i muri e una porta socchiusa ai venti
di sera come ancora aspettando un lieto ritorno.

Immagini in cui le cose sono il riflesso del sentimento, inteso nella sua pura significazione di consapevolezza emozionale.
Ora stanno le ombre sui muri, sopra i sassi
e l’umido colle. E dov’era canto è silenzio,
è mestizia e rimpianto di chi passa e ricorda
e affretta il suo passo per non piangere ancora. (Il silenzio dei giorni- Ad Amatrice)

Con questi versi di chiaro dettato poetico, Damiano si appresta alla chiusa della lirica che dedica alla tragedia che ha colpito Amatrice nel 2016. Un terremoto ha ucciso centinaia di persone e distrutto l’intera cittadina. Il Poeta scandaglia le minuzie, ciò che sfugge a una visione superficiale. Tra il passato e il presente l’attimo:

Inganno che avvolge la mente e la spinge
a più mesti pensieri di chi vive appeso
ai ricordi, ad un volto che vede passare
come vela in un giorno di sole.
  (Sospiri).

Definirei la poetica di Damiano Poetica dell’ombra poiché riassume l’eterno moto vitale del buio e della luce, Yin e Yang, bene e male, divisi nella concezione intellettuale ma realmente inseparabili. Così ogni ombra ha la sua luce e ogni luce la sua ombra ma nessuna verità. Di questo ci dice bene Platone: nel mito della caverna le ombre appaiono l’unica realtà sensibile a coloro che sono lì incatenati e hanno un’unica visione. Può essere ingannevole, l’ombra, effetto ottico come in uno spettacolo cinese in cui ciò che sembra non è.

(…) volti che lo schermo proietta
come fossero veri; e che invece
sono ombre come elfi sui muri,
crisalidi spente oltre la luce. (Per un giorno diverso).

La luce passa  le trasparenze e si arresta alla solidità degli ingombri. Soltanto una è la luce che non crea inganni ed è la luce interiore, la luce alla quale ogni essere aspira sapendo che (…) alla gioia/si nasce e si muore in un attimo solo!
Riprendendo da Jung: L’anelito alla luce è l’anelito alla coscienza, aggiungo che una buona coscienza trae la luce dall’amore, principio divino. Scrive Damiani in un’accorata lettera di un figlio al padre:

Vivi il tuo giorno, quel tremulo tempo che la sorte
ti ha dato, per ritrovarci domani -noi nido terreno-
in quel regno di luce, dove ha sede l’Eterno! (Da un mondo di luce).

Viene spontaneo domandarsi il senso della propria vita tesa al continuo inseguimento di un traguardo che, così come a Tantalo, pare sempre irraggiungibile.  Amare ed essere amati è l’unica meta di senso possibile. E riscopro per vero/che chi vive per gli altri non muore per sempre; (Dalle brume dei giorni).
Appare in tutta la sua crudele icasticità, la similitudine tra la vita che scorre come un fiume, portando con sé ogni cosa e l’indifferenza umana verso il dolore altrui, una violenza che l’uomo compie verso se stesso. Capita che non ci si fermi ad aiutare chi cade, che non si trovi il coraggio di esporsi per gli altri dimenticando quanto di loro è in noi, quanto siano il nostro specchio. La poesia stessa è uno specchio cognitivo utile allo sviluppo dell’autocoscienza nell’incontro con l’alterità.

Ma il fiume prosegue, come ieri,
come sempre, gorgogliando tra i sassi,
tra le sponde recline al sospiro dell’onda.
Nemmeno un secondo che rallenti la corsa,
che indugi a guardare quel lembo di maglia
sospeso tra i rami, come la gente che riprende
la via, già distratta e lontana inseguendo
un miraggio oltre il buio dei monti.
Fiumana che sale, che scende e scompare,
tracimando veleni sui ciottoli neri, come nera
è la vita, quando un raggio non brilla
a quei passi randagi che vanno nel nulla.(E il fiume prosegue).

Il nulla, ciò che è esistito e più non è, riesce a vivere nella memoria come trasmissione di accadimenti nel rapporto ontologia - percezione. Sulle spalle dei giganti camminiamo noi, esseri nani, diceva il filosofo Bernardo di Chartres, e sulle spalle della memoria storica camminiamo, forse senza meta, rinunciando all’oblio, con un occhio rivolto al passato e uno al futuro nell’attimo che è già passato.

 
Eravamo ombre tra le ombre della sera,
morti già da tempo prima di morire,
consunti dagli stenti, dal gelo
che pungeva più crudo delle spine. (Pasubio 1915-18: per non scordare).

Monte simbolo della prima guerra mondiale, il Pasubio resistette agli attacchi austriaci ma raccolse più di diecimila morti. Molti soldati perirono in combattimento e altri per il freddo, le malattie, le valanghe.  Per non scordare, dice il nostro autore, ed è giusto consacrare le vittime in una storia che cambia in ogni tempo-spazio e a ogni punto di vista, che sembra non insegnare l’inutilità delle guerre. Resta il dolore nella cognizione della morte.
La poetica del nostro autore si declina con un linguaggio che prende dal quotidiano ogni sentire con rimandi letterari lirici non scevri da misticismo.  Il senso di smarrimento, procurato dalla visione di luoghi un tempo fertili, smuove radici lontane che contrastano con la realtà percepita. Luoghi esteriori e luoghi interiori si fondono fino a giungere al connubio nella climax:

Ma è terra non mia quella che trovo,
dove l’orma dei tempi è sommersa
da colate di ghiaia e cemento,
da un’onda di mota e liquami
rifluiti nei campi a essiccare le fonti.
E ovunque distese di fabbriche e case,
di torri erette nel vento a eruttare veleni
soffocando la valle in una nube più cupa
di una notte di bruma.

Questo paesaggio ingombro di infrastrutture turrite capaci di eruttare veleni somiglia all’umana natura. Fosse l’uomo capace di cercare l’uomo; come novello Diogene prendere in mano la lanterna a illuminare la sua autenticità libera da convenzioni inutili, da superflui desideri, da aberranti pensieri ed essere felice nell’attimo presente!

Ho trascorso tanto tempo ad inseguire un sogno,
un briciolo d’amore, un posto di lavoro.
E la vita andava, senza attendere o guardare,
lasciandomi dov’ero. (Interludio).
 
Con questi versi anticipa la dedica al Carducci nella poesia dal titolo “Bolgheri”. Il poeta sa di aver trascorso la vita a cercare la felicità e sa che questa è custodita dalle cose semplici, ma la vita è natura che sembra andare come un treno, che passa indifferente. Al contrario l’uomo, se vuole, può non essere indifferente alle cose del mondo, può amarle e rendere ad esse Bellezza attraverso la misericordia, intesa come l’ebraico hesed, che ha le sue radici nell'alleanza tra due parti.

Nulla ti regala la Natura, se non a costo
di fatica e di sudore; se ogni giorno
non la curi e l’assecondi, seguendo
docilmente il ciclo e le stagioni.

 Il volto della modernità è spesso espressione di crudeltà poiché inquinare la natura è grave danno e quest’ultima ha da sempre le sue leggi e i suoi miti.  Mi sovviene un passaggio del dialogo della natura e di un islandese di Giacomo Leopardi. Diceva la Natura al viaggiatore che cercava la quiete a ogni tribolazione e fuggiva il piacere per non aver disillusione: Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo;(…) e questo è innegabile. Affinché la vita possa riprodursi, è dunque necessario che si rinnovi morendo e per quanto possiamo dire e fare finché Samsara girerà, esisterà la domanda dell’uomo sulla natura sua, affacciato al fiume del tempo in cui tutto scorre, nella consapevolezza dell’attimo presente. 
E se pure tu scruti e ti volgi dintorno
cercando risposte ai quesiti che poni,
non c’è luce che basti ad aprire i tuoi occhi
e ti dica da prima dov’è posta la fine. (Il più e il meno)

In conclusione, Antonio Damiano, nella sua poetica dell’ombra, sembra ricostruire vicende intime che hanno valore universale, snoda, accanto al memoriale della propria esistenza, il dramma di un’umanità bisognosa di giustizia e libertà. Cerca semplici verità, pone domande con un linguaggio chiaro, ricco di analogie, in afflati condivisibili, nella consapevolezza di quanta vanagloria affligga l’uomo. E’ questo il lavoro del poeta, il tentativo di renderci partecipi del suo testo, delle emozioni che le parole traghettano oltre l’io individuale nel gioco intersoggettivo del comprendere e del comunicare. E allora occorre stare tranquilli, non inseguire falsi traguardi che lasciano fuori il valore-persona, affinché, alla fine della propria esistenza, non si arrivi a considerare quest’ultima “non vita”:
La vita è solo un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla scena e poi cade nell'oblio; la storia raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla. (W. Shakespeare Cit. Macbeth atto V scena V).

Patrizia Stefanelli









4 commenti:

  1. Ero, e sono più ancora consapevole della eccletticità artistica e culturale di Patrizia, ma ogni qual volta mi sorprende positivamente come in questa prefazione che la trovo lineare, dotta e chiarificatrice per un autore che non si conosce o meglio che non conosco. Una disamina completa di quello che è la poetica del Damiano togliendone ogni petalo dalla corolla segreta. Con l'autore posso copiosamente complimentarmi per il dettato poetico morbido e alquanto comprensibile senza lasciarsi influenzare da certe ventate modernistiche che storpiano il senso di quello che è "POESIA" Se un neo si vuole evidenziare (per quello che ho letto)e quello del -pessimismo- forse un po eccessivo. Pasqualino Cinnirella

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  2. Leggo con vero piacere questa presentazione, chiara ed esaustiva,colta ma lineare e ben articolata. Complimenti a P. Stefanelli che senza sfoggio di erudizione evidenzia notevole padronanza degli strumenti del critico.
    Attraverso questa eccellente lettura la poesia di A. Damiano si fa conoscere e apprezzare nei suoi tratti fondamentali.
    Edda Conte

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  3. Ricevo e pubblico

    Complimenti, carissima Patrizia, per l’intensa e scrupolosa analisi critica ai versi di Antonio Damiano. Accuratezza e rigore analitico sono alla base di questo commento che rende chiara al lettore l’interpretazione dell’arte; quella che, congeniale all’Autore, significa l’uso espositivo della parola/immagine, forza evocativa, non priva di note pessimistiche, tra atmosfere di profonda significanza. Dai versi inseriti nel commento, si evince che il poeta scandisce con peculiare impatto di stimoli sensoriali, le memorie del vissuto alla ricerca di verità e risposte tra il bene, il male, il nulla e il tutto tra luci ed ombre di un viaggio esistenziale. Il Nostro prende per mano il lettore accompagnandolo tra i profondi impulsi di emozionalità; e traducendo sentimenti e stati d’animo in legami di euritmica valenza, fa vibrare immagini e pensieri in un percorso introspettivo tra i meandri dell’anima.
    Grazie Patrizia per la fluidità del commento e complimenti al Nostro per la genuinità della sua lirica.

    Lino D’Amico Torino – Gennaio 2019

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  4. RICEVO E PUBBLICO

    Carissimo Nazario, ti ringrazio per aver postato la mia prefazione al bel libro di Antonio Damiano e per tenere sempre in considerazione la mia collaborazione al blog. Purtroppo non riesco ancora a commentare direttamente. Nel momento in cui clicco su "pubblica" tutto sparisce a non giunge nulla a te per l'approvazione. Non mi pare bello costringerti, ogni volta come adesso, a copiare e pubblicare una mail. Antonio Damiano è molto felice anche per i bei commenti che ha ricevuto e anch'io lo sono. Ringrazio Pasqualino che come sempre è sincero e aperto, la Sig.ra Edda Conte per le sue confortanti parole e Lino D'Amico che ha toccato belle corde di poetica. Essere chiari, toccando concetti profondi e fondamentali è un bel risultato per chi prova ad ascoltare la poesia. Patrizia Stefanelli

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