Sulla schiena del cielo
di Alfredo Carosella
La prima volta che nel libro
viene menzionato il titolo ‘Sulla schiena
del cielo’ , è quando l’autore, descrivendo la vita di Mizio, parla di
Mattia, uno dei quattro ragazzini che
Mizio ogni mattina accompagna a scuola. Mattia da grande vorrebbe fare
l’astronauta e camminare, o correre, rimbalzare sulla schiena del cielo che, in
buona sostanza, non è altro che la curvatura dell’atmosfera terrestre, dove
praticamente finisce il nostro cielo. Certamente da quella curvatura l’infinito
si propaga poi nello spazio, ma il nostro cielo, quello che noi vediamo dalla
Terra, quello azzurro, a cui tutti noi associamo anche, o perlomeno in buona
parte, il concetto di infinito, finisce lì, in quell’ultimo strato
dell’atmosfera terrestre, su quella schiena, curva nell’ atto di abbracciare la
Terra. Verrebbe da dire che per risolvere i problemi e alleviare il peso stesso dell’esistenza, l’uomo
dovrebbe andare da quelle parti, dove non esiste nient’altro che cose
lontanissime, e il nulla, che è pur sempre
un’entità, anche se astratta.
Bisognerebbe andare in un luogo dove non esiste la forza di gravità terrestre,
che ancòra tutti alla Terra e in un certo senso tutti condanna all’esistenza. Certo c’è un’enorme diversità di intenti tra
Mattia e Mizio. Uno è bambino e l’altro è adulto, uno vorrebbe correre e
saltare lungo quella linea e da lì osservare il mondo, magari per vedere i
luoghi lontani dov’è nato, l’altro vorrebbe andare lassù, ci piace immaginare,
semplicemente per rilassarsi, senza aver
l’assillo del dover vivere, ma non perché a Mizio non piaccia la Vita, anzi, più
semplicemente perché quello è un luogo dove sentirsi leggero spiritualmente ,
oltre che fisicamente.
Questo libro di Alfredo Carosella,
lascia ampio spazio a svariate interpretazioni, compreso il finale che, a mio
avviso, risulta ‘volutamente interpretabile’.
La mia interpretazione del personaggio principale quindi, è che
quest’ultimo risulta un uomo che si trascina dietro una serie di pesi di
svariate grandezze, pesi che man mano che la trama avanza sembrano dissolversi
per poi ricomparire; sembrano riproporsi senza lasciargli una vera e propria
via di scampo, almeno apparentemente, lasciando affiorare qua e là una sottile
vena, forse nemmeno tanto voluta, di
sano esistenzialismo. Non ha pesi sulla coscienza , Mizio, egli è puro, non ha
colpe, ed è sostanzialmente uno che ha pagato gli scotti degli errori commessi
da altri, dai genitori per l’appunto, con un padre che, per motivi che qui non
citiamo, se ne è andato quando lui era
molto piccolo e una madre che, seguendo il suo istinto di protezione nei
confronti del figlio, l’ha fatto crescere facendogli credere ciò che non era
vero. Tutto questo sembra ripercuotersi su
tutto ciò che è poi successo nella sua vita. Dalla
mancata realizzazione
nel campo lavorativo, (egli è
un architetto che ha anche delle buone idee e delle buone capacità e lo si
capisce da come lo descrive l’autore) ai rapporti con le donne che ha amato e
che ama ancora e con quelle che gli sono semplicemente piaciute; rapporti che risentono di uno sbilanciamento,
di una perdita di equilibrio dovuti al suo stesso modo di essere, alle sue
stesse mancanze, quelle di Mizio, ovviamente.
Il percorso esistenziale del protagonista conosce una svolta nel
momento in cui egli si mette sulle tracce del padre e vola dall’altra parte del
mondo per andare incontro al suo futuro, che in qualche modo, anche se non
totalmente, sembra finalmente delinearsi in maniera positiva. Mizio è ormai un
uomo maturo , certe cose sarebbero state più facili da affrontare quando era
più giovane, ma non è detta l’ultima parola e il solo fatto di sapere che suo
padre è ancora in vita costituisce una svolta sia per lui, che è il protagonista ,che per la trama stessa del libro, andando a costituire un nuovo intreccio tra l’irrisolto e le nuove possibilità di
risolvere.
Il percorso psicologico appena
tracciato trova spazio in un’ambientazione a dir poco grandiosa. La penna di
Carosella, con uno stile asciugato sapientemente da inutili orpelli ,caratterizzato
da una semplicità conquistata sul campo e con descrizioni coinvolgenti, ci trasporta
negli ambienti, nei ricordi, nelle passioni, nelle solitudini e nelle inquietudini di Mizio.
A proposito di coinvolgenti
descrizioni basterà citare, ad esempio,
le pagine in cui Mizio va a cercare una
delle sue donne del cuore nella sala da ballo, in quegli ambienti grandiosi,
quelle grandi sale, dove un aristocratico cameriere li va a cercare per portar
loro lo spumante e dove leggendo si sente il ticchettio elegante dei tacchi
della donna, che rimbomba pieno di significati tra gli spazi della grande casa.
Per quel che riguarda i contesti, si va da una cena di matrimonio che si svolge
in questa sontuosa villa sita nell’interland napoletano( lo si capisce
soprattutto dalla simpatica parlata e dagli atteggiamenti del custode del parcheggio ) alla
accattivante descrizione di una serata e di una nottata passate tra le strade e
i locali di New York, dove tra l’altro incontra le solitudini e le piccole
manie psicologiche di una donna, Simona, la cui vita appare per certi versi
abbastanza simile alla sua, anche se lei ha diverse reazioni comportamentali.
Ci fermiamo qui, ma c’è molto altro da
scoprire, ovviamente. Tra le altre cose
emerge una generazione, che è la stessa dell’autore . A mio parere è ivi
descritta attraverso alcuni atteggiamenti e modi di fare, nonché dalla musica, dai
brani e dai gruppi musicali ivi citati, per cui alcuni nati in quella stessa epoca
possono certamente rispecchiarsi maggiormente, ritrovare un po’ di se stessi,
anche se questo libro ha la capacità di coinvolgere qualsiasi anima si apprestasse alla sua
lettura. Carosella possiede la capacità di tirarci dentro alle pagine e dentro
lo stimolante turbinio della storia qui raccontata, cosa che coincide col
turbinio di sentimenti che senza sosta
si agita nell’animo del protagonista.
Roberto De Luca 12/01/19
Ringrazio sentitamente il mio Nazario per aver inserito la superba recensione di Roberto al libro che abbiamo presentato sabato alla libreria Horafelix, "Sulla schiena del cielo" di Alfredo Carosella. Un testo dal plot narrativo perfetto, giocato sul filo dell'Amarcord e stilisticamente moderno, immediato, morbido, filmico.
RispondiEliminaAlfredo ha adottato nell'incipit la tecnica del flash forward, ovvero dell'anticipazione degli avvenimenti che si verificheranno in seguito, e la usa in modo funzionale al romanzo e utilissimo al lettore. Inoltre distilla linfa vitale dal lirismo. Basta pensare al titolo, che deriva dal ragionamento di un bimbo, che da grande vuole diventare astronauta e che non si arrende all'idea che oltre il nostro cielo ci sia il vuoto, per cui immagina tutto il peso dell'universo appoggiato 'sulla schiena del cielo'. I personaggi, contestualizzati in modo da sembrare visibili, sono tutti irrisolti e l'Autore ha spiegato che la scelta è dovuta al paragone con la vita. In fondo siamo tutti parzialmente 'irrisolti'. Bellissime le citazioni delle numerose canzoni, delle quali l'autore è appassionato e, in particolare della "canzone dei Vecchi amanti" di Jacques Brel, dalla quale Alfredo estrapola una frase che mi ha trafitta: "ci vuole talento per invecchiare senza diventare adulti". Un romanzo che si legge in stato di magico surplace, in quanto la levità del nostro amico gli consente di scandagliare gli abissi dell'anima senza giocare a farsi e a farci male...
Ringrazio di cuore il nostro ospite napoletano, il suo Editore Stefano Giovinazzo (Edizioni della Sera), Roberto, eccelso relatore, Loredana D'Alfonso, raffinata e impeccabile nel ruolo di moderatrice e Federica Sciandivasci, lettrice magnifica!
Maria Rizzi