Maria
Rizzi su Malacarne di Patrizia Stefanelli - Il Poligrafo Editore -
Ho
ricevuto in dono dalla carissima amica Patrizia Stefanelli, la sua ultima
creatura, la Silloge
“Malacarne”, edita da Il Poligrafo e prefata da un monumentale professor Orazio
Antonio Bologna. Ho l’indegno onore di viaggiare con lei in questo testo con
una nota critica e, rileggendola, mi sono resa conto della generosità di
Patrizia, perché le mie parole mi sono sembrate estremamente riduttive e
inadeguate. Se è vero che io amo soprattutto ciò che i poeti scrivono con il
sangue, la nostra Artista insegna che i versi possono essere croste di sangue e
che solo scrivendo con esso si impara quanto si identifichi con lo spirito.
“Ora vedi una lama piroettare / incontro all’infinito / fare disegni su terra e
fatica / nel tempo-spazio tuo”. - tratti da “Malacarne” -. Il prefatore parla
di una poetessa che ‘rompe le convenzioni’, e di questa tendenza dell’Autrice
ho sempre preso atto con infinita ammirazione. Lei dimostra che i versi possono
essere baci e morsi, i denti mordono e le ferite stentano a rimarginarsi. I
Poeti che non si vergognano di urlare i sentimenti, di mettersi a piangere e a
ridere in mezzo alla strada, sono i visionari che scavano nel vento come matti,
che raschiano il tempo come rabdomanti per trovare l’acqua nei luoghi più
aridi. Patrizia nella vita e nei versi possiede il coraggio della verità. Sa
ipnotizzare giocando con l’immaginazione, eco vagante, che imprigiona nella
rete di una lirica, e sa volare sul pentagramma donando melodia alle parole che
bruciano. Scrive per impulso, per emozione, per incandescenza. E viaggia su
tutti i registri, rendendo la sua Opera una magnifica miscela di tematiche. I
ricordi, i sogni, le speculazioni filosofiche, il sociale, le aspettative per
il futuro. L’impegno civile della Poetessa merita di essere messo in risalto,
in quanto ha aspetti così forti da far tremare l’anima. Non scende a
compromessi con il lirismo tradizionale, sorprende e coinvolge con la sua
autenticità. “Stazione di servizio, svolta a sinistra: / seduto al sole il
matto del paese / parla parla e parla / a un cellulare spento. / Fu un grande
capitano di vascello, / condusse navi al tropico del Cancro, / sull’albero più
alto la sua casa / osserva l’oltremondo” - tratti da “Game Over” - In questi
versi apparentemente rudi colpiscono la musica e la pietas. Patrizia sembra
descrittiva, in realtà resta sempre avvinta al tralcio della Poesia pura e non
riesce a contenere il sentimento di compassione in senso etimologico, ovvero la
capacità di percepire la sofferenza dell’altro e di renderla sua. Indossa molti
dolori in questa Raccolta e non scivola mai sull’unto dello scontato. L’Autrice
insegna la vera carità, la rende simile alla rugiada del cielo che cade senza
rumore nel seno degli infelici. “Ogni giorno a quest’ora / che il pomeriggio
cede i suoi cordogli / lei sta / assorta tra le piante: / segue il filo di un
niente. / E’ una donna di appena quarant’anni / gli altri a venire li ha
dimenticati. Trastulla un frutto, forse un fiore o un ramo” - tratti da “Sulla
via”-. Il testo non può definirsi intimo, ma senz’altro intimistico, perché
Patrizia nello svuotarsi rivela anche se stessa, le sue stagioni dolci - amare.
Recita con levità flash della sua storia, dimostrando come, soprattutto in
poesia la biografia è la vita vista attraverso il prisma della persona. “Sono
certa di averla fatta / una corsa tra vigne di un giardino / che per piccole
scale ci portava / giù al mare. / Voci dal campanile / orfane di tempo /
chiosano il canto di cento ragazze / con occhi rossi e costumi da bagno /fin
troppo grandi per altre fattezze / a venire.” - tratti da “Dal collegio il
mare”-. Nell’universo della nostra Autrice l’amore resta visione, intesa come
sogno, progetto, immagine guida da perseguire, in quanto possiede valore di
bussola dell’esistenza. E il sentimento si nutre del lirismo più puro. Tocca
vette incredibili e crea vertigini, sospensioni, stordimenti. “Tra le braccia
di un uomo: musica, / amplissime falcate, alte vedute / e picchiate alle fonti
e risalite / allo splendore / sfiancate di corse alle valli / e poi discese. /
In planare leggero / un uomo, una donna, la musica”. - tratti da “Amanti” -. La
cifra stilistica unica, distintiva di Patrizia si rivela in questi versi con
potenza immaginifica, con un timbro, o suono della parola, che fa sì che ogni
fonema rinvii a sensazioni specifiche. E proprio il timbro consente alla musica
di esplodere, di farsi assordante e di divenire il sottofondo perfetto per
l’eros sublimato della lirica. Di questa Artista ammiro da sempre le scelte
lessicali che confermano quanto sia vero che la vera Poesia non viene scritta
per essere analizzata. Deve ispirarci al di là della ragione, deve commuoverci
al di là della comprensione. Volo sulle sillabe delle liriche di Patrizia e
ogni volta ho la sensazione di danzare sulla sua anima. Tutto avviene in modo
naturale, libero, selvaggio… come una corsa di notte sulla battigia sentendo
che “H(o) tutto il cielo sopra da guardare / e Luna non disdegna le sue (mie)
dita.” - tratti da “Tutto il mare” -
L’Autrice non perde la memoria delle proprie origini, di quello che si
potrebbe definire ‘il fango da cui siamo stati tratti’. E nello scorrere i
versi della lirica “Dai bordi tratteggiati” mi si sono inumiditi gli occhi e ho
sentito i polsi vacillare. “Sei la donna dai bordi tratteggiati, / il color
seppia di un tempo che torna / a custodire radici e canzoni. / Lieve sei, nello
sguardo di mio figlio, / nei quadri di Renoir / la musette e il trequarti del
cappotto, / quel pampino di vite che si abbraccia. // Amara madre, / camminiamo
le terre brulle sole / cercando i solchi dove il seme muore.// Il freddo è
breve”. Vi è una storia intensa, sofferta, dolce e bruciante racchiusa in
questo meraviglioso collage di poesie, che si leggono d’un fiato e si imprimono
nella memoria come un sapere sorgivo, come qualcosa che si attendeva da tempo
per sentirsi nuovi, salvi, vivi.
Maria
Rizzi
Ringrazio pubblicamente la mia amica scrittrice Maria Rizzi per questa sua generosa lettura di Malacarne e Nazario per la gentile pubblicazione nel suo blog.
RispondiEliminaSono io a ringraziare te, Patrizia, per il dono di una Silloge che consente di naufragare e risorgere. Ho peccato di riduttività, in quanto vi era molto altro da dire. Ovviamente ringrazio il nostro Nume Tutelare che accoglie tutte le occasioni di confronto.
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