PENSIERO su
NAVIGARE e LA DANZA DELLE FALENE di EDDA
CONTE
Leggere,
per poi esprimere un pensiero sulla poesia di Edda Conte procura piacere inaspettato
specie per chi ama e fa poesia e al tempo stesso diventa laborioso se non
ostico per le tante, ma tante sfaccettature di movenze psico-esistenziali (e
non solo) che la muovono e che la stessa riesce, con padronanza all’uso degli
strumenti poetici, a definirle in versi
che, a mio avviso, palesano un ermetismo strutturale morbido ed armonico. L’autrice è una poetessa fertile e che da
tempo ha acquisito uno stile proprio che la contraddistingue non tanto per le
tematiche trattate che vanno dall’amore per la vita nella sua globalità a
quello della bellezza nella sua infinita varietà. Tali amori, interiorizzati, divengono
un continuo canto, la fonte inesauribile del suo dire e sentire poetico. Così
per la solitudine interiore e quotidiana. Un ruolo consistente nel suo
versificare ha la memoria, i ricordi per
definirne, di allora, i sogni di fanciulla e/o di giovane donna, quegli stati
d’animo sentiti e vissuti; nonché le inquietudini esistenziali con i suoi
perché; ma quanto per lo stile sapientemente “asciutto” e netto che ne
determina la non eloquenza, la parsimonia, il non spreco descrittivo mirando direttamente all’essenzialità, alla pura
espressività, senza giri di parole o ghirigori verbali messi in atto per abbellire
il verso o per accattivarsi il lettore. Si noti, in proposito, la quantità ridotta,
striminzita dei versi che compongono ogni testo che raramente supera i dodici/quindici
o più versi. In questo, credo, stia la sua diversità dalla poesia contemporanea
soprattutto femminile. In definitiva desidero evidenziare, come ho scritto in
altre occasioni, che la Edda Conte non fa certo poesia “strappa lacrime” poggiata
su un sentimentalismo (consentitemi il termine) –sdolcinato-, ma una poesia, appunto,
“nuda”, priva di contorni, di supporti poiché si regge da sé per la compattezza
strutturale. E’, quindi, una poesia si “personale”,
dell’interiorità ma che non scade nell’intimità più profonda se non velatamente
come -toccata e fuga- pur conservando la purezza e la genuinità del suo sentire.
Da notare che nelle due sillogi “NAVIGARE e LA DANZA DELLE FALENE,
(omaggiatemi) i testi poetici sono tutti privi di titolo. Ciò, a mio avviso, ne
avalla ulteriormente quanto sopra espresso. Dicevo all’inizio, che la poesia
della Nostra palesa un certo ermetismo morbido ed armonico che fa sì che il
lettore senta l’esigenza della rilettura per una riflessione ulteriore e più approfondita
per via di quegli assunti lapidari posti spesso a –chiusa- del testo: “la leggerezza
esorcizza/inesorabili chiusure. (Navigare pag. 64), “Arcaici segni/a mordere la coscienza/dentro un vuoto”. (La danza
delle falene pag. 28). Pertanto,
dal
punto di vista etico–esistenziale la poesia di E.C. è un continuo far pensare,
riflettere e perché no meditare sia sulla esistenza individuale che
dell’umanità tutta col megafono dei versi. Concludo dicendo che al primo
impatto la poesia della Nostra può sembrare scritta di getto, immediata, né
elaborata poi, dettata appunto dalla genuinità dell’attimo creativo e di quel
sentimento che ha dato origine all’ispirazione. Ciò, può essere dedotto anche
dal fatto che l’autrice, forse, non obbedisce, se non raramente, alle norme
metriche. Dietro le quinte però, vi si scorge un lavorio di sfoltimento copioso
al fine di rendere ed offrire al lettore un testo “commestibile” e pronto, come
pesca matura e già pelata.
Pasqualino
Cinnirella
Caltagirone:
Aprile 2019
Ringrazio con calore l'amico di anima di mia madre Edda Conte, che ha voluto e saputo leggere il pensiero poetico dell'autrice, un pensiero che ritrovo nella sua forma primordiale leggendo le tante pagine di diario che mia madre ha lasciato e che spero riuscirò a far volare trasformate in una biografia dello spirito.
RispondiEliminaGrazie anche al Prof Pardini che con con passo delicato, come sempre, continua a perpetuare la creatività di mia madre sulle pagine del blog
Isabella Conte