venerdì 22 febbraio 2013

SANDRO ANGELUCCI SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"


L’EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE

(La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio)

a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

 
              Sandro Angelucci
 

      E’ uscito - per i tipi di Kairos Edizioni - un corposo volume antologico, a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, che si propone un fine ambizioso: essere un resoconto della migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio.
      Un’ambizione orgogliosa ma tutt’altro che altera se è vero, come è vero, ciò che si legge nell’introduzione a firma della Curatrice stessa dell’opera: “Questo consuntivo oggi non ha la pretesa di essere ‘il vangelo’. Si presenta con l’intraprendenza e il rischio di un tentativo di storicizzare la produzione meritevole di essere trasferita alla pagina della Storia della Letteratura, sintetizzare, (magari in modo opinabile) un referente storico che intende essere un censimento, una sperimentazione ‘in limine’”.
      Bene: cosa si evince da queste parole? Io credo che, intanto, non possa mettersi in discussione la buona fede del criterio selettivo (discutibile? Ci mancherebbe altro, ma senza dimenticare che dal dibattito prendono vita le nuove idee). C’è, però, una riflessione - a mio avviso - molto più importante da fare: parlare del coraggio con cui si è affrontata un’operazione che presta il fianco a critiche di vario genere; non ultima, quella di ritenerla un’impresa improba e, dunque - a causa della sua stessa complessità - deficitaria a diversi livelli (che so - tanto per addurre un esempio - restringere la cerchia in modo tale da riservare l’abbondanza delle pagine all’inclusione di una sommaria appendice critica).
      Reputo necessario, a questo punto, un onesto e doveroso chiarimento: mi trovo anch’io tra i poeti antologizzati, e la mia disamina potrebbe apparire partigiana, se non fosse che spesso le cose si vedono meglio dall’interno che dall’esterno; e, “da dentro” - posso assicurarlo - non si percepisce nessuna sensazione negativa. Voglio dire che nei versi proposti è riscontrabile - ed è già tanto - quell’amore per la scrittura che, secondo Antonio Spagnuolo (autore della postfazione), indica una “qualche ribellione, un certo fermento, una volontà di riappropriazione del linguaggio”.
      Mi sento di condividere appieno la sua opinione, in considerazione del fatto che quanto sostiene il Critico partenopeo equivale a mettere il dito nella piaga, ossia sull’inquinamento di quello che ama definire “il patrimonio culturale della società civile”. E quale migliore retaggio eredita, ed è in grado di trasmettere, un popolo al di fuori della miniera di valori contenuti nella propria lingua e dalla stessa, in successioni evolutive, tramandati?
      Ecco, allora, che impellente torna il bisogno di opporsi alla vacuità e - sarà bene non dimenticarlo - in misura proporzionale al dilagare della crisi etico-culturale. “La comunicazione di oggi appare un modello standardizzato” - scrive la Di Stefano Busà - e Spagnuolo parla di omologazione, di “appiattimento palese della validità linguistica”: entrambe le argomentazioni riconducono alle cause, sono gli effetti della dittatura tecnologica, della dipendenza televisiva sulle masse.
      Ma la poesia come vive, come si colloca in tutto questo? “Diciamolo subito - sostiene ancora la Curatrice - non esistono due linguaggi: uno surreale, magico, ermetico, inaccessibile ai molti, e uno feriale, per i comuni mortali. La Poesia può vibrare ovunque in maniera del tutto naturale”. È questa la sua arma segreta, il suo asso nella manica, la forza primordiale che le permette di spuntare, come un filo d’erba, tra le crepe dell’asfalto. L’uomo, seppure “decapitato”, non potrà mai farne a meno, non potrà fare a meno della poesia della vita complessivamente considerata: sarebbe come rinunciare alla parte più vera di se stesso.
      L’archivio storico, alla cui realizzazione meritoriamente si è voluto lavorare, assume quindi un valore che va oltre la crestomazia e si presenta diffusivo di un discorso non più derogabile. La parola poetica necessita di un terreno fertile, dev’essere riabilitata agli occhi dei giovani, i quali sono stati disabituati a capire che “la fruizione del testo poetico non si esaurisce con la comprensione” (vedi di nuovo la postfazione); il loro orecchio è quello meglio predisposto a seguirne il ritmo interno, la musicalità che può - ne sono assolutamente convinto - ridare dignità e ossigeno.
      Nel concludere, accolgo perciò con vivo piacere l’intenzione degli autori di portare l’antologia nella Scuola: da lì si deve ripartire, anche per superare quella “sorta di soggettivismo-individuale” che - come dice la Busà - sembra essere impazzito.
      Per la stessa ragione, e ovviamente per non far torto a nessuno, ho fondato la mia riflessione sull’efficacia storico-educativa dell’opera.

 
 Sandro Angelucci

6 commenti:

  1. L’amico Sandro Angelucci, da attento critico qual’è, pone giustamente in risalto il significato storico del poderoso documento approntato da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, sotto il titolo “L’evoluzione delle forme poetiche” (Kairòs editore). Mi trovo anch’io tra i selezionati autori della preziosa antologia e capisco bene la discrezione che spinge la Busà a dire che “questo consuntivo non ha la pretesa di essere il vangelo”. Tuttavia esso rappresenta uno spaccato davvero significativo dell’ultimo ventennio poetico italiano: un censimento, un’indicazione, meglio, di percorsi che, come lei scrive, possono stare al livello della storia. Non nascondo che ciò mi inorgoglisce, anche se mi rattrista sapere da Spagnuolo, in postfazione, che “il panorama non risulta completo perché diversi autori (bontà loro!) hanno declinato l’invito, adducendo scuse a volte puerilmente banali, a volte prive di quella necessaria cultura umanistica che distingue lo scrittore autentico”.
    Duecentoottantasette autori, tutti di levatura, con moltissime punte decisamente eccellenti, non sono comunque pochi e testimoniano il grande valore letterario e storico del volume in questione (780 pagine). Felicemente Angelucci evidenzia l’indirizzo critico dei due curatori, teso a mostrare la controtendenza della poesia selezionata rispetto alla standardizzazione linguistica ed alla omologazione imperante, imposta dai linguaggi televisivi e tecnologici. Allo stesso male, la Busà fa risalire la reazione eccessivamente anarcoide ed individualista di alcune tendenze insofferenti nei confronti della massificazione in atto, con il risultato di contribuire pesantemente all’imbarbarimento letterario e linguistico. “Non esistono due linguaggi, afferma la Busà: uno surreale, magico, ermetico, inaccessibile ai molti, e uno feriale, per i comuni mortali”. O meglio, i due linguaggi esistono (come esistono da sempre), ma sono complementari e non alternativi l’uno all’altro.
    Così, laddove la Busà scrive che “la poesia può vibrare ovunque in maniera del tutto naturale”, Angelucci aggiunge che essa possiede “la forza primordiale che le permette di spuntare, come un filo d’erba, tra le crepe dell’asfalto”. Sarebbe davvero un errore legare la poesia esclusivamente alla sfera del sublime, come si credeva un tempo. Dante, poeta del Paradiso, l’ha colta felicemente anche nell’Inferno. Dovunque può nascere la poesia, se c’è il poeta capace di cogliere i lati sottili della vita: dunque, anche nell’aridità e nel degrado dei nostri tempi. Scrive Spagnuolo: “Il punto di partenza di questo percorso è il verso che dà libera metafora e che evoca una visione apocalittica del destino e del degrado della civiltà contemporanea”. Ma subito aggiunge, giustamente, che il riscatto deve venire sostenuto da un impianto formale e ritmico di forte musicalità e sonorità espressive, secondo le modalità tipiche della poesia. Franco Campegiani

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  2. Gent.mo Franco Campegiani, ringrazio di cuore l'attenzione critica che tu ed Angelucci avete voluto dimostrare per questo lavoro di reperimento dati: un archivio storico è sempre fatto con un occhio al futuro e noi come curatori (sia io che Spagnuolo) abbiamo voluto impostare la selezione tenendo conto dell'evoluzione dei linguaggi nell'arco di 2 decenni. La forza viva e primordiale della Poesia ci auguriamo trionfi, anche in un periodo di declino e di massificazione, oltre che sterilizzazione della cultura. Abbiamo voluto dimostrare che una testimonianza lirica debba restare, indipendentemente dal percorso umano dell'individuo di fronte alla Storia. Vi siamo grati di averlo inteso e soprattutto di averlo letto tra le righe di questo ns. impegno, malgrado il degrado e la standardizzazione della cultura dei ns. giorni.
    Ninnj Di Stefano Busà

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  3. Raffaele Puglisi
    Condivido il perfetto riferimento critico di Angelucci, quando dice che "la parola poetica necessita di un terreno fertile, deve essere riabilitata agli occhi dei giovani...e che la sua funzione non si esaurisce con la comprensione. Giudizio del tutto azzeccato, che mette in funzione il meccanismo fruitorio della poesia che non va di pari passo con la comprensione del testo, perché ogni poeta va oltre, ed è questo credo, il compito dei critici, svegliare l'ottundimento della poesia che oggi mi pare avere abbassato il livello di guardia, con l'entrata in funzione del web e tutte le tecnologie di internet e varie.
    Bene hanno fatto critici di grande valore come Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo a dare una mossa al riguardo, speriamo non sia un fatto isolato e che altri seguano l'esempio: la poesia va sempre stimolata e catalogata in ogni periodo storico, anche nel ns. dove la poesia sta per essere ignorata. Eppure se ne sente in giro tanto bisogno!!! c'è forse una contraddizione in termini? qualcosa non quadra. Un gran n° di poeti e dall'altra chi si disinteressa completamente perché non c'è mercato...vorrei capire

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  4. Angelo Magrin

    Un lavoro eccellente e onesto che traguarderà la storia della letteratura. Sono lieto di poter distinguere il bello e il vero, dal falso e mistificatorio modello che ne danno molti Editori di rango, questi ultimi sono sempre a scommettere sulle stesse persone, che hanno il vantaggio di rapporti di amicizia nell'ambito redazionale. Questo documento invece non tocca minimamente ciò che non è valido e sorprendentemente atto a passare alla pagina letteraria. Complimenti vivissimi ai due curatori. Con strumenti adeguati hanno toccato tutti gli ismi di quest'ultimo fine secolo. A loro i più vivi complimenti e ringraziamenti.

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  5. Luca. A

    Un impegno ricognitivo della migliore produzione poetica. Si ringraziano vivamente i critici Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo per aver dato un segno di nobiltà critica nell'aver affrontato una selezione di tale rilevanza.

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  6. Luciano De Luca

    Un lavoro davvero degnissimo quello dei 2 curatori: Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, già conoscevo Ninnj come un critico accorto, di quelli che non fanno sconti a nessuno. In poesia è l'ago della bilancia di questi tempi insulsi, diafani, senza valori. La Poesia è per lei una fede, una religione e vi continua a lavorare con incessante costanza e passione, come quando l'ho conosciuta 25 anni fa. Il libro che la vede curatrice di un'opera così importante nella valutazione degli autori prescelti è davvero uno spartiacque e merita tutta la considerazione che un simile lavoro di censimento mette in atto dal lato storico della Letteratura. Grazie, per averlo proposto e curato in modo così qualificato.

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