giovedì 13 febbraio 2014

FRANCESCO PAOLO TANZJ: POESIE


Ode al mare e ai poeti vaganti

Fosse il mare l’occasione migliore
Per dare un taglio a questi affanni rovinosi
Per affrontare a viso pieno la burrasca degli anni
E del gioco crudele dei ricordi
Sceglierei di partire sul tavolato salmastro del Kon Tiki
Senza conoscere mete suggerite né tantomeno plausibili obiettivi
Riconoscibili da una ragione che tenta l’infinito
Senza speranze di penetrarne il nome che non è
Vagando, a lume di naso
Sugli inclinati piani di un’assoluta meraviglia
Per lasciarmi stupire ogni volta
Da miraggi di terre emergenti
Da luminosi lungimiranti segnali
Di visi, volti, popoli, profumi, sensi incantati
Di nostalgie tenerissime e improvvise.


Sciogliersi, fluire, perché no, lasciarsi andare
Al freddo o caldo senso di un umido ancestrale
Come Martin Eden che dall’oblò della notte
Sprofondò nel buio senza più parole
Senza ritorno, senza più santi in paradiso
Senza neanche l’illusione di ipotetiche reincarnazioni
Tali da giustificare eventuali pentimenti finali
Senza ne’ bene e ne’ male
Solo lievi, impercettibili correnti
Fredde o tiepide come amniotici richiami
Onda su onda, e sotto
L’ombra mobile di una presenza antica (oscura)
Perduta testimonianza
Di ciò che è stato e che sarà.


I poeti hanno col mare un rapporto speciale
Privilegiato, si potrebbe ipotizzare
Forse perché inseguono mete, isole sperdute
Vissute nei sogni inappagati
Come inutili chimere e sonnacchiose
E partono, partono senza sapere
Quale sarà l’approdo, l’ultima Thule
Ansiosi di messaggi sovrumani, appesi al filo tenue
Di un’avvolgente solitudine amica
Stelle comete in cerca del loro salvatore
Eroi senza tempo senza rancore
Ingenuamente affezionati a parole insufficienti
A raccontare il turbinio dei loro sensi.


Per questo amano lasciarsi affascinare
Dal movimento incessante dell’acqua
Madre unica (per noi terrestri)
Di biologiche storie (per noi) legate al fato
Di millenarie sofferenti agonie
E preferiscono riconoscersi in pochi, lasciando segnali
Al tempo indifferente
Ai troppo umani tentativi
Di impedire
Che le cose siano così come sono
Fragili, a volte indecisi, imbarazzanti
Nella loro sostanziale ingenuità
Caparbiamente attaccati
All’unico minimo comun denominatore
Di quell’insopprimibile anelito a voler cavalcare l’infinito.


I poeti si ritrovano all’alba e al tramonto
Perché vogliono fare il punto della situazione
Si parlano si cercano si scambiano occhiate
Gratificati comunque dal fatto che qualcuno li starà a sentire
Cosa non facile, dato il freddo di quest’epoca infame
Dove assai poche sono le anime assetate
Di trovare finalmente una qualche via d’uscita
Alla volgarità di un’esistenza banale
Alla pochezza degli estratti conto e delle leggi di mercato
All’andirivieni delle grigie figure di potere
All’inutile chiasso di pulsioni virtuali
Subliminalmente affioranti nella melma appiccicosa
Delle perdute stagioni che ci tocca affrontare.


Altre acque, altri mari vorrebbero solcare
Gli improbabili battelli e le scialuppe incatramate
Di questa strana inattuale genìa
Di poveri cristi, poeti vaganti sul mare
Delle notti faticose, abitate
Dai ridicoli folletti delle occasioni perdute
Perché si lasciano travolgere dagli eventi
E non possono reagire
E in altre certe occasioni non sanno che fare
Ripromettendosi di vivere oltre i versi, al di là delle parole
Consapevoli in fondo
Della loro sovrabbondanza d’amore
Che spesso li lascia smarriti
Alti, lassù
Nelle vertigini che troppo pochi saprebbero abitare.


Vorrei dirti
Ma non posso, non ne sono capace
Di quest’oceano ingordo che ci avvolge i pensieri
Della salsedine
Degli orizzonti andati a farsi benedire
Degli incontri fugaci, dei grilli parlanti
Dei venti dell’est, dello zenit, delle aurore boreali
Dei deja-vu, dei gesti quotidiani
Dei segni misteriosi, delle attese, dei risvegli improvvisi
Di questo viaggio
Che sembra non finire mai
Lungo le rotte
Che portano là dove continua a tramontare il cielo.


 Agnone – Tremiti – Agnone
 Agosto 2006



Ricerca

Le determinazioni dell’essere
                         stanno come fulmini abortiti
dimenticati dardi
                   nell’oscura faretra del dio
        del tutto assenti
                            a noi (perduti)
           alla ricerca disperata d’amore.


Sferza il vento
             ciò che resta del mare invernale
nel timido inchinarsi
                         del mio pensiero al sole
       mentre mi osservo libero
                            e in fondo sempre uguale.


Io
     sono anche noi
come stormo di rondini a venire
               come il segno di benevoli lune
a questa assenza impalpabile
                          degli usati perché.


Ora anche tu non dirmi
                che non sei stata  (mai)  felice
quando vibrava la tua pelle al lume
                               dei pensieri senza tempo
    e tu eri me
                  ed io     il cielo.

  
Maggio 2002

  
Perdono

Restano cose    - vi assicuro –
                                      che non ho parole
per rivederci insieme in altri spazi
            che non siano i fumiganti crateri
della nostra idiozia blasfema
                            che ci ha fatti divisi
                                              contro ogni possibile logos
- ragione o natura che sia – 


Sarà forse il pianto dei bambini
                 o il desiderio di chiedere perdono
     ad annunciare il mondo nuovo
                                             a svolgere il sudario
                    del Cristo estremo
                                   che ci tocca ancora da salvare


Sarà la morte
                 o l’istinto d’amore
     a ricordarci
               che siamo veramente tutti uguali
         e che i distinguo non servono un granchè
di fronte
         al magico nulla di una sola
                                   cosmica illusione


Sarà che stiamo  (tutti)  appesi al domani
             e che i rimpianti – poi – ci fanno ammalare
                      che i giorni andati sono un film
                                          senza ne’ capo ne’ coda
         che vorrei braccia larghe
                                   per circondare
                tutta la vita     senza io ne’ tu
      e non dimenticare
                            gli attimi istanti
di questo dolce amaro gioco e senza fine


Sarà che vorrei chiedervi perdono
               per non esservi stato più vicino
        per non aver saputo rinunciare
                                   oltre quanto già fatto
perché le coincidenze inaspettate
                                            lasciano il passo
                a questa perdurante    umanissima follia
senza che mani tese e sogni e aspettative
                            sortiscano qualche effetto
                                   che sia più durevole dell’errore


Sarà quel che sarà
            quante volte ci siamo incontrati?
      persi così    nella storia di un mistero
                tra le pieghe del tempo
                     e le notti    e i giorni senza nome
         quando è chiaro
                            che in fondo
non c’è nient’altro   - vi assicuro -   da capire
             che quel che conta è solo
                                             solo e soltanto amore


Sarà che a volte
                   ci sentiamo un po’ sperduti
       e navighiamo all’ombra dei sospiri
e ci facciamo largo a stento
                                  tra i labirinti dell’ipocrisia
      e rimandiamo i nostri sogni a dove
                                            mai più forse sarà
e ci facciamo male
                      senza alcuna plausibile ragione


Sarà che forse è giunta l’ora
                 di aprire finalmente gli occhi al cuore
         e chiedere perdono
                          sarà solo e soltanto
                                         l’unico e logico destino
          puro
                       come stelle non nate
                                           come vuoto divino.


gennaio 2002

Francesco Paolo Tanzj 

Da “Per dove non sono stato mai”  -  Stango Editore  Roma 2002 




Francesco Paolo Tanzj, poeta e narratore contemporaneo. Nato a Roma il 14 agosto 1950, da molti anni vive, per scelta, nelle terre pacate del Molise. Dal 1967 scrive le prime poesie che stampa e distribuisce per proprio conto. Già nel 1974 pubblica la sua prima raccolta di poesie, dal titolo Aggregazione., per l’Editore Gabrieli. Laureatosi in filosofia nell’Università di Firenze nel 1976, nella città toscana, così come a Roma, collabora a diverse riviste letterarie alternative. Nel 1977 viene affisso sui muri di Bologna un manifesto con una sua poesia, Bologna ’77, che verrà poi pubblicata sul Quotidiano dei lavoratori, quasi ad emblema di una generazione. Nel 1981 partecipa alla Tre giorni di poesia di Castel Porziano, insieme a Ginsberg, Corso, Ferlignhetti, Le Roy Jones, Evtuschenko ed altri. Dopo aver viaggiato e vissuto in luoghi diversi, si trasferisce ad Agnone, dove, prima di cominciare ad insegnare Filosofia nei Licei, lavora in un primo momento, insieme alla moglie, nell’artigianato artistico della ceramica e del vetro. Si fa promotore delle più varie iniziative culturali e letterarie, nello sforzo di collegare città e provincia (da qui il titolo del suo libro: Elogio della Provincia) per uno sviluppo culturale pluriverso. Dal 1991 ha organizzato annualmente, insieme a Luigi Amendola e poi a Plinio Perilli, i Readings di Poesia Contemporanea e i seminari del Laboratorio di Scrittura Creativa, con la partecipazione di poeti e scrittori di fama nazionale come Dario Bellezza, Max Manfredi, Maria Luisa Spaziani, Alberto Bevilacqua, Giuseppe Jovine, Dacia Maraini, Sabino d’Acunto, Stanislao Nievo, Luigi Manzi, Amelia Rosselli, Gezim Hajdari, Giorgio Linguaglossa, Anna Maria Frabotta, Luigi Fontanella, Paul Polansky ed altri. Nel 1992 è tra i segnalati al Premio Montale. Nel 1995 pubblica, per le Edizioni Libro Italiano, la silloge Oltre, con prefazione di Stanislao Nievo, e l’anno successivo Grande Orchestra Jazz (Edizioni Tracce), introdotta da Luigi Amendola. Nel 1999 esce Elogio della Provincia (con un saggio introduttivo di Plinio Perilli), per i tipi di A. Stango Editore di Roma, un saggio romanzato in cui viene incoraggiata, attraverso uno stimolante ed originale excursus storico-letterario, la fuga dalle grandi metropoli per scegliere la vita più a misura d’uomo della provincia. Nel gennaio 2002 pubblica la raccolta poetica Per dove non sono stato mai, A. Stango Editore, Roma. Del 2007 è il romanzo Un paradiso triste (Edizioni Tracce, Pescara), vincitore nel 2008 del Premio Histonium e finalista ai premi Bancarella e Nuova Frontiera. Oltre i confini - Beyond Boundaries (La stanza del poeta, Formia 2008) è stato scritto a quattro mani con la poetessa londinese Jessica d’Este, con testo a fronte inglese-italiano, per un tentativo di comunicazione autenticamente europea e globale. La sua ultima pubblicazione poetica è la silloge antologica L’oceano ingordo dei pensieri Ed. Artescrittura, Roma 2012, mentre nel 2013 esce la terza edizione di Un paradiso triste, arricchita da una prefazione quanto mai esaustiva di Giuseppe Panella, da una riflessione in appendice dello stesso autore e da un saggio-inchiesta sulle condizioni della scuola italiana del sociologo Alessandro Scassellati Sforzolini, Frequenti le sue incursioni nella multimedialità, di cui è testimone il DVD video-poetico-musicale Ad alta voce (2001-2010), dove le sperimentazioni visive si uniscono alle elaborazioni sonore dei testi, pubblicati singolarmente anche su Youtube. Suoi racconti e  testi poetici sono presenti in numerose riviste ed antologie letterarie, mentre è costante la sua attiva partecipazione a letture pubbliche in varie città italiane.  Hanno scritto o parlato di lui, tra gli altri, Stanislao Nievo, Maria Luisa Spaziani, Plinio Perilli, Sebastiano Martelli, Dante Cerilli, Luigi Amendola, Vincenzo Rossi, Francesco D’Episcopo, Giuseppe Tabasso, Sabino d’Acunto, Giuseppe Panella, Antonio Spagnuolo, Giorgio Palmieri, Ida Cimmino, Giorgio Patrizi, Giulio de Jorio Frisari, Giuseppe Napolitano, Ida Di Ianni, Franco Campegiani, Sandro Angelucci.

Pubblicazioni: le raccolte di versi Aggregazione (Gabrieli,  Roma 1974), Oltre (libro Italiano, Ragusa 1995), Grande Orchestra Jazz (Tracce, Pescara 1996), Per dove non sono stato mai (Stango, Roma 2002), Oltre i confini-Beyond Boundaries (La stanza del poeta, Formia 2008), L’oceano ingordo dei pensieri (Artescrittura, Roma 2012).
In prosa i romanzi Elogio della provincia (Stango, Roma 1999), Un paradiso triste (prima edizione, Tracce, Pescara 2007, terza edizione 2013) e l’e-book Ci vediamo da Jolewww. francescopaolotanzj.it




1 commento:

  1. Francesco Paolo Tanzj ci ha onorato della sua brillante, umile, ricca e fantastica presenza il 9 febbraio a Rinascita! Abbiamo ammirato due dei video acclusi alla Silloge "L'oceano ingordo dei pensieri", totalmente rapiti dalla capacità di quest'artista di coniugare il lirismo con i problemi sociali e con le 'contaminazioni', che tanto giovano alla Cultura. Oltre alle magnifiche relazioni di Franco Campegiani e Sandro Angelucci, abbiamo ascoltato alcune liriche declamate dal nostro Massimo Chiacchiararelli e siamo rimasti estasiati da un duetto, ideato dallo stesso Autore, legando frammenti delle varie liriche in un mix sorprendente... Il duetto è stato interpretato da Francesco e da Loredana D'Alfonso e ha segnato un momento di altissimo pathos e coinvolgimento.
    Sento il desiderio di ringraziare Francesco Paolo per la serata indimenticabile che ha condiviso con noi , a Roma, per le sue liriche intense, tese ad 'aggiungere', come disse l'Autore stesso, e a mio umile avviso, evocanti i grandi scrittori cileni... Lorca, Neruda... quello delle Odi, della sovrabbondanza. Per i versi caratterizzati dalla categoria estetica del timbro, che dona musicalità e supplisce all'assenza di metrica...
    Un uomo e un Artista il caro Francesco , che ci ha arricchito e che non vedo l'ora di incontrare nuovamente! Maria Rizzi

    RispondiElimina