mercoledì 2 aprile 2014

INTERVISTA A PAOLO BASSANI, DI ENRICO COLOMBO

Pensieri tratti
dall’intervista di Enrico Colombo
a Paolo Bassani








Quando hai scritto la tua prima poesia?                                                                           

Probabilmente, come capita ancor oggi,  i primi versi nacquero sui banchi di scuola… Volendo, poi,  dare una data certa alla mia prima vera poesia, dirò che è nata il 10 settembre 1957. Il giorno in cui morì, improvvisamente, mia madre, ancor giovane… Io ero ragazzo… quel 10 settembre divenne la linea spartiacque che divise il tempo spensierato dell’infanzia dall’asperità della vita. La poesia nasce come elementare bisogno dello spirito, per esprimere ciò che il cuore non riesce a trattenere; nasce con intento consolatorio per colmare l’abisso di solitudine che si apre nel cuore. La solitudine non è soltanto dei vecchi ma può essere anche dei giovani.

Quali sono i filoni principali della tua poesia?                                                                                        
Sono tre i temi principali ispiratrici della mia poesia: il culto della memoria, il paesaggio (geografico ed umano), e la vita di tutti i giorni, ovvero la quotidianità.

Quale il paesaggio preferito dalla tua poesia?                                                                                                                
Il paesaggio cui si ispira la mia poesia è essenzialmente quello ligure-lunigianese: il paesaggio marino con il nostro Golfo, le Cinque Terre; il paesaggio dell ’entroterra con la Val di Vara,  la Lunigiana,  con i nostri fiumi la Magra, il Vara. Paesaggio geografico ma anche umano che, nel ricordo dell’infanzia, mi riconduce all’antica civiltà contadina. I primi anni, durante la guerra, furono vissuti a Castagni Grossi, una sperduta località boscosa della montagna caprigliolese. Dell’antica civiltà contadina custodisco ancora nel ricordo, immagini, suoni, profumi…

Volendo dare una definizione alla poesia, che cosa diresti?

La poesia è un elementare bisogno dello spirito che si incontra con la cultura per far diventare la scrittura, il segno convenzionale, parola viva. Per onestà devo dire che questa definizione l’ho presa in prestito da Mario Luzi. Di Luzi conservo un gradito ricordo: una lettera scritta di suo pugno in cui commenta una mia poesia.

Nella realtà dell’oggi c’è ancora posto per la poesia?

Sì, nonostante le apparenze, la poesia rimane presente nell’uomo. A volte inconsapevolmente. Per fortuna l’uomo di oggi, anche se vive in una civiltà dominata da sorprendenti tecnologie, rimane pur sempre uomo come in passato e come, sicuramente, resterà in futuro. Uomo con le sue speranze, i suoi sogni, sì, anche con i suoi dubbi, le sue contraddizioni, ma anche con l’inesausta sofferta ricerca della verità.

Non pensi che oggi l’immagine sia diventata protagonista nel mondo della comunicazione, relegando in secondo piano la scrittura?                                                                                                          
Effettivamente l’immagine ha beneficiato maggiormente dalle nuove tecnologie. Non è colpa certamente delle nuove tecnologie ma di un complesso concause. La fretta, da dannata fretta dei nostri giorni, ha sicuramente responsabilità nel ridurre il tempo a disposizione per la lettura. L’immagine, o la parola, sono meno impegnative. La lettura richiede, pur sempre, maggiore attenzione e concentrazione. Però, è attraverso la lettura che si costruisce più saldamente il patrimonio del sapere.

Che cosa pensi delle nuove tecnologie? Non credi che abbiamo portato un beneficio alla scrittura?                                              

Sicuramente le nuove tecnologie rappresentano ormai strumenti utili, direi indispensabili, nella vita dei singoli e delle comunità. E non soltanto per i giovani ma, anche per chi giovane non è più. Anch’io, nella mia attività di scrittura, sono passato dalla gloriosa macchina per scrivere Olivetti 32 al computer. Non è stato facile. Ad una certa età non si ha più l’elasticità mentale dei giovani. Nonostante questo, sono riuscito –seppure con fatica- a prendere una certa confidenza con il pc e Internet. Pensa che ho dedicato perfino un’ode al computer.

Oltre alla poesia, ti dedichi anche alla narrativa. Abbiamo visto il tuo libro “I miei racconti per Televideo”…           

Sì, da tempo, alterno la poesia con la narrativa. Tu hai citato “I miei racconti per Televideo”: il volume che comprende cento mini racconti scritti utilizzando il ridotto spazio di una pagina televisiva: 17 righe, ogni riga il massimo di 39 battute. Come è nato questo libro? E’ seguito alla vittoria del concorso Rai “Un racconto per Televideo”. A questo proposito ho scritto alcune pagine della memoria.

Uno dei temi prediletti dalla tua poesia è anche la vita di ogni giorno…                                                                                            

Sì, il vivere quotidiano è genuino ispiratore della mia poesia. Il “male di vivere” direbbe Montale, ha ispirato ed ispira la mia poesia. La lirica “Fortunato”, per esempio, è in sintonia con il problema della mancanza di lavoro, con l’amarezza dei giovani che stanno cercando faticosamente un lavoro, magari dopo anni di studio, di master, di specializzazioni; un lavoro che possa dare una speranza al loro futuro.

E’ stato scritto che la poesia è un dono e, quindi, ogni autore è lieto di donarla  E’ vero?                                                                                                                                      
In linea di massima è così; anche se io ho imparato a non dare più un libro di poesie a chi non interessa. Quando  un autore ritira dalle stampe il suo primo libro, egli vive un momento di entusiasmo irripetibile. E. così, nell’euforia del momento, incomincia a distribuire il suo testo a destra e  a manca, pensando di fare cosa gradita. Ma non è così. Il tempo insegna a dare un testo di poesia a chi ama od ha, perlomeno, un po’ di interesse per la poesia. Quando io mi convinsi di questo, decisi di far pagare qualcosa per il libro. Ero ancora al lavoro allora, in una azienda che contava più di mille persone. Pensai: se regalo il libro tutti lo accettano, anche se non interessa. Se, invece, uno è disposto a pagare qualcosa, significa che, in fondo ha qualche interesse per la poesia.

I poeti spesso rimpiangono il passato. Anche tu senti questa nostalgia?                                                                                  

Sì, anch’io. Tante sono le cose che rimpiango del passato. Innanzi tutto il “ magico tempo dell’infanzia”  direbbe Leopardi. Le persone care che non ci sono più ed anche un modo di vita più vicino, comunicativo. Nei miei racconti per Televideo ho fatto una nota dei rimpianti…“avevamo le chiavi sulla porta e cinquant’anni in meno”.

Quale consiglio daresti ai giovani che sentono  attrazione per la poesia? 
                                                                                                                                                                                                     Non è facile dare consigli. Mi limiterò a ripetere ciò che normalmente dico durante i miei incontri di poesia in classe: qualunque percorso di studio e di vita sceglierete, lasciate sempre uno spiraglio alla poesia. E la poesia vi aiuterà a vedere le cose nella loro giusta dimensione e addolcirà, in qualche modo, il vostro cammino.





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