martedì 1 aprile 2014

N. PARDINI SU: "COME JOHN FANTE...", DI AMBRA SIMEONE



Ambra Simeone: Come John Fante… prima di addormentarmi
deComporre Edizioni. Gaeta. 2013

Nazario Pardini

Racconti veri, vivaci, generosi, dove la punteggiatura è un optional perché Ambra sente forte la necessità di raccontare e non si può attenere ai richiami di una prassi canonica che le raffredderebbero l’istinto di rottura. Ne condizionerebbero l’intenzione di rinnovare, di ri-lucidare, di avventurarsi in una scrittura di trame e di incastri senza fronzoli. In una scrittura in cui ogni tassello, ogni riferimento oggettivo verte ad un gioco psicologico di resa narrativa. Ma il fatto di non usare la maiuscola, e di andare contro le regole di una  morfosintassi scolastica, è segno, soprattutto, di  “diversità”, di essere altra, ironica, dissacratrice, alternativa

ad una società malata, stagnante nella sua immobilità. Questo ci vuole preannunciare la scrittrice; ed il fatto grammaticale è prodromico, fa da antiporta ad un succedersi di accidents che si alternano in maniera incalzante e suggestiva, senza lasciare vuoti nel percorso narrativo, ma tenendo stretto il lettore alle corde, all’angolo da una serie di pugni verbali. D'altronde il pensiero ne esce chiaro e ben definito, come chiaro e ben definito  esce da questo suo incontro/scontro con un frequentatore del mio blog: <<Perché la ritieni morta la Natura che hai davanti?  Li ritieni morti i suoi colori che ti stimolano a riflettere su di te e la tua interiorità? Perché devo scrivere del rombo di un motore che mi sfreccia davanti invece che del campo fiorito che gli sta accanto. Io non dico di parlare della natura per la natura. Non parlo di un becero bucolico idilliaco quadretto. Ma di una configurazione panica che stimoli ad una interiorità profonda e meditativa. La poesia è sentimento, passione, lirismo, rievocazione di immagini rimaste a covare nell'intimo. E non è e non sarà mai un pedissequo minimalismo oggettivistico. E se il tutto è abbracciato da una sonorità che fa vibrare le corde, ancora meglio. L'uomo è nato con il ritmo in corpo, e se lo porterà dietro finché esisterà. Carissima Ambra, ho letto le tue poesie su questo interessantissimo blog. E sebbene tu tenti di andare oltre il lirismo per approdare alla cosiddetta “nonpoesia”, non ce la fai a tradire l'universalità della tua natura umana: anche nei tuoi versi, o meglio nella tua grammatica poetica ampia e distesa, è presente quell'orchestrazione di nessi, che tiene nel sottofondo quella sublimante sinfonia definita da Baudelaire "le pain du chant"… 
(saluti Angelo)>>.
       <<Carissimo Angelo, ma certo, si può parlare di tutto, non mi sembra di aver dettato limiti, un prato fiorito o un rombo di macchina però hanno lo stesso identico peso e significato nella natura umana di oggi, e soprattutto dal momento io cui servono a trasmettere un’idea, non una descrizione fine a se stessa, su questo siamo d’accordo! ... di prati fioriti spero tu ne abbia ancora molti dove abiti, io pochi e incastonati tra cemento, antenne della telefonia, muri e cartelloni pubblicitari, la natura non è solo un prato
fiorito che nella poesia "lirica" dell’800 poteva essere giustamente esaltato, era un mondo dove c'erano i prati e i colli non distrutti da abitazioni abusive, adesso io mi sento di dire che la nostra sia una natura diversa, alla quale noi dobbiamo la stessa importanza che davano gli autori alla natura dell''800. quella in cui viviamo oggi però non è più quella dell'800, dobbiamo farci i conti malgrado tutto. non ti dico cosa sia la poesia, non mi sento abbastanza pronta per dirlo e non penso che lo sarò mai, al massimo posso dirti a cosa potrebbe servire e a cosa serve secondo il mio punto di vista personale>> (un caro saluto, Ambra).
       Sì, perché, la scrittrice vuole delineare degli stereotipi, ridicolizzarli, anche, con un sarcasmo che la rende personalissima nella sua impresa dissacratoria. E i vari tipi, il più delle volte, ne escono malconci, feriti, anche se non a morte, certamente incerottati.
Un modo di rappresentare nuovo, spigliato,  maturato in un cuore stufo di assistere alle solite scene, o ai soliti fatti triti, ingiusti, anche, poco naturali, e per niente accettabili tanto che “persino il televisore” non saprebbe “più che rispondere, proprio in quel frangente”  gli sarebbero mancate ”le parole”. Perché lei è convinta che “i racconti ci parlano di un mondo in cui l’abitudine si è calcificata e fatta dura, un mondo in cui i camerieri, quando vai al ristorante, ti guardano sempre in cagnesco. un mondo in cui le storie d’amore fatte da lui lei e, fatalmente l’altra, hanno perso ogni briciolo d’avventura e si ripetono, stanche…”.  D’altronde in tale mondo persino “il poeta, o il pittore o anche il critico sono schiavi della loro coazione a ripetere. vivono nelle loro stanze tutte per sé,  - spesso ancora a casa di mamma e papà nonostante l’età non certo scarsa – che sono le prigioni del loro io…”.  Un mondo di solitudini, di incertezze, di risentimenti, di pigrizie, di coercizioni, dove persino l’amore si fa una routine che ne svilisce l’essenza, la poesia [“… al tocco dell’amore ognuno diventa poeta”, (Platone)]. E dove persino le disgrazie passano in secondo ordine di fronte a due ore di sonno:  “è morto il fratello dello zio Andrea,…”; “chi? ascolta, ho solo un paio d’ore per prendere di nuovo sonno e passare la mia domenica in santa pace,…”; “devi leggere una poesia in chiesa al suo funerale”; “è ora di andare al cimitero, caro amico di un amico del mio amico, mi fa tristezza la tua vita passata insieme a questa banda di pazzi”; “lo show è finito, che mattinata infinita!”. Un raccontare che deve dare l’idea del consumarsi lento e triste, paradossale e inderogabile, strano e umanamente disumano di questa nostra vicenda terrena, vista da un occhio innocente di una fanciulla che ci vuole legare ad un suo gioco altrettanto innocente.
E tutto detto in una semplicità sconcertante, con storie zeppe di un oggettivismo minimalista che arriva al cuore e all’anima. Ambra rappresenta; forse, inventa, anche; perché ha bisogno di dati surreali, oltre a quelli che le possono suggerire persone di passaggio, per dire di sé; sì, per dire di sé, perché il mondo che rappresenta la rappresenta, anche se come controparte; e lei ne esce fuori in controtendenza, dolcemente armata per pugnalare. Un ossimorico andazzo fra un animo gentile e generoso – e lo si nota dal suo schierarsi – e un mondo alla rovescia.  Quasi un film neorealista, se si vuole, il suo; ma con una differenza: che qui l’obiettivo non s’infila solo nei reconditi angolini per filmare, per portare alla luce cose nascoste; qui l’obiettivo punge, anche; ci offre fotogrammi che contrapposti fanno sortire una satira, direi pariniana, se si pensa ad un Parini  sempre fresco fra la cosiddetta schiera dei Lombardi. E ci sfrecciano davanti poeti snob, uomini terrorizzati di essere abbandonati dalla propria donna, eroi contro volontà, uomini votati a definire il limen della propria fantasia, camerieri impazienti di tornare a casa per fare l’amore o vedere la tv, le difficoltà di un trasloco. Va detto che a fine lettura ti resta addosso, appiccicata addosso una parola fresca, incastrata in nessi anacolutamente sorprendenti; un fluire comune che tanto comune poi non è; una ventata di gioventù; un’aria primaverile che diffonde aromi acuti  di piante selvatiche che coprono la decomposizione di vecchie sterpaglie. Vecchie sterpaglie, però, che continuano con i loro semi a mantenere viva e ben radicata una specie che a suo tempo sa tramutare la sua morte apparente in tappeti di resistente e storica gramigna trapunta da colori di tarassaci e viole.

02/04/2014



Da “tre prerogative, un solo obiettivo”
    

ho conosciuto un uomo.
un uomo preso tra i pennelli e l’acquaragia.
un uomo con una donna, una tela mezza bianca e un’amante.
le sue priorità? non farsi lasciare dalla donna, riempire la tela mezza bianca e soddisfare l’amante. le tre più grandi paure? essere abbandonato dalla sua donna, non riuscire a sfondare con l’arte e lasciarsi prendere troppo dall’amante.
la vita scorreva per due soli versi: vivere e sopravvivere, per amore di queste tre cose, per paura di perderle; perché resistessero  al tempo più di lui, meglio di lui….


A voi il prosieguo della lettura, perché “saper leggere” vale di più che “saper giudicare”

3 commenti:

  1. caro Nazario,

    ti ringrazio della tua attenta e intelligente recensione al libretto, nato per gioco tra amici che scrivono; un tema in cambio di un racconto!
    Di certo hai saputo leggere molto bene tra le righe di questi azzardi di scrittura!

    Un caro saluto
    Ambra

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  2. Ringrazio l'illustre Nazario Pardini dell'opportunità che concede alle giovani voci di crescere, di migliorarsi, di mettere in discussione, in un mondo dove la critica, alla maggiore, è finalizzata a "spingere" i famosi/fumosi o a mettersi a servizio di becere logiche di mercato. I racconti di Ambra, ironici, dissacratori, spontanei sono un tentativo, molto riuscito, di fare (e non solamente "dire") arte.

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  3. "La poesia è critica" tout court asseriva ( giustamente ) Octavio Paz ; critica soprattutto di una contemporaneità che - in perfetta buonafede - va rivoltata come un calzino facendo leva sull'"umano" e le sue parole ; quello che fa Ambra Simeone e la sua felicissima ( perché autentica , non costruita ) anarchia linguistica . - Con un grazie anche a Nazario Pardini -
    leopoldo attolico -


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