sabato 25 febbraio 2017

DAVIDE CORTESE: "LETTERE DA ELDORADO"


“Se i poeti facessero sciopero, forse all’inizio non se ne accorgerebbe nessuno, ma se la poesia finisse per andarsene dal mondo, non sopravvivremmo”, dichiarò qualche tempo fa, in un’intervista, Chandra Livia Candiani, poeta che ammiro particolarmente per il suo modo prezioso di fare poesia, per la gente.
Una delle sue ultime grandi missioni è stata quella di portare i versi sui banchi di scuola per i bambini della periferia milanese, quelli che sicuramente più di altri hanno bisogno di sentire il vigore autentico della parola che resta, in questa stagione dove tutto corre a ritmo di bit, dove l’infanzia è spesso ignorata, violata, nelle periferie nostre e del mondo. E, allora, la poesia aiuta a salvarci dal silenzio dell’indifferenza.
Niente di più appropriato mi viene in mente, leggendo quest’ultima raccolta poetica di Davide Cortese. Immagino il suo Eldorado, una terra incontaminata, selvaggia, florida, dove la poesia emerge rigogliosa in ogni angolo senza chiedere permesso, senza autorizzazioni, senza stonature, senza bocche, facce, firme.
[…]
Dylan Thomas scriveva “La mia poesia è, o dovrebbe essermi, utile per una sola ragione: è il resoconto del mio sforzo individuale per passare dall’oscurità ad una qualche misura di luce”.
Chi voglia scorrere queste pagine, sentirà come la ricerca di “una qualche misura di luce” s’impone allo sguardo di Davide Cortese come imperativo, come scelta irrinunciabile, come necessità imprescindibile.”

(dalla postfazione di Alessia Fava)


***

Perdere non è un gioco che ami.
Con un solo sguardo corrucciato
tu pieghi la sera al tuo volere.
Prendi per la nuca la luce
e la baci con labbra erette.
Nelle vene ti scorre un sole
segreto nell’impero del buio.
Tu lo dici il tuo astro d’enigma
quando mi soffi sul viso una parola.
E sorridi con una tenerezza tua
allentando la presa del dolore.
*
Adesso ho il passo stanco di chi al crepuscolo
tornava lento dalle cave di pietra pomice
cedendo alla sera lo stupefatto candore
della bianca montagna ferita.
Capelli impolverati hanno i pensieri
e dolorante di colpa è la vertebra
di chi ha portato addosso la luna.
*
Indosso uno dei miei bizzarri cappelli
per andare a cena con me.
Accendo quel che rimane di una candela
e mi parlo ancora di te.
Pago io il conto che non esiste
impedendo di farlo pagare a me.
Non ha mai avuto volto né nome
l’oste che mi ha chiesto di te.
Non c’è nessuno al mio tavolo
eccetto tutta l’assenza di te.
*
La mia pelle è in ascolto.
Le mie dita origliano il tuo volto.
Ascoltano, i miei occhi:
ciò che sul frutto dice il colore,
ciò che di te dice la luce.
Sento. Sento di te l’universo
e che anche tu mi ascolti.
Poi mi faccio conchiglia.
E tu ti fai conchiglia.
*
Vista, tatto, gusto, olfatto, udito, poesia.
Asia, Africa, Europa, America, Oceania, Poesia.
Primavera, estate, autunno, inverno, poesia.
Nord, est, sud, ovest, poesia.
Aria, acqua, terra, fuoco, poesia.
*
Risveglio
Una mattina mi son svegliato
e non c’era più nulla da temere.
Una mattina mi son svegliato
e potevo essere semplicemente chi ero,
senza che nessuno mi negasse il suo sorriso,
senza essere percosso e offeso,
né maltrattato, né deriso, né ucciso
per ciò che ero senza averlo deciso.
Una mattina mi son svegliato
ed ero fiero di essere chi ero.
Ero nero senza apparire diverso,
ero gay senza apparire perverso,
ero ebreo, musulmano, senza aver perso
la gioia di essere ospite dell’universo.
Una mattina mi son svegliato
e per tutti ero semplicemente un uomo.
E per ciò che io ero: umano,
non c’era affatto da chiedere perdono.
*** 

Davide Cortese è nato a Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all’università degli studi di Messina. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge, titolata “ES” (Edas, Messina), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano, Ragusa, 2004), “Storie del bimbo ciliegia” (un’autoproduzione del 2008), “Anuda” (Aletti Editore, Roma, 2011. In versione e-book per LaRecherche.it nel 2014), “Ossario” (Arduino Sacco Editore, Roma, 2012) e “Madreperla” (Lietocolle, Falloppio, 2013). Le sue poesie nel 2004 sono state protagoniste del “Poetry Arcade” di Post Alley, a Seattle. Davide Cortese ha recentemente ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia ed è anche autore di due raccolte di racconti, di un romanzo e di un cortometraggio.


6 commenti:

  1. La poesia di Davide Cortese colpisce per schiettezza d'animo e assenza di melliflue, edulcorate visioni. Più che di "ricerca della luce", parlerei di "espansione di luce". Bagliore che fiorisce nelle tenebre. Poesia forte, "caravaggesca", che ha in odio i grigi, i chiaroscuri sfumati, le "penombre": "Perdere non è un gioco che ami"; "tu pieghi la sera al tuo volere". La forza d'animo, dunque, anche "se ho il passo stanco" e "dolorante di colpa è la vertebra / di chi ha portato addosso la luna". Cortese è poeta che non si piange addosso, è uomo che non si appoggia ad altri che a se stesso ("Non c'è nessuno al mio tavolo / eccetto tutta l'assenza di te"). Ama farsi "conchiglia" e sparire dentro di sé. Ama essere se stesso, senza voglia di "apparire diverso", umilmente fiero di sé.
    Franco Campegiani

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  2. Questa è la poesia che amo per intensità e sensibilità e per chiarezza espositiva anche dove è giocata sull’uso di una serie di efficaci sinestesie e metafore.
    È poesia forte, come sostiene Campegiani e quella forza d’animo sembra comunque una conquista secondaria, come si usa dire in biologia, o conseguente a sofferenza e sensibilità, come si dice nel linguaggio dell’anima: “e sorridi con una tenerezza tua/ allentando la presa del dolore”.
    Una poesia che è Cortese stesso a definire come senso esplorativo e captante, come Continente che tutto tiene insieme, un’altra stagione e tutte le stagioni del calendario, punto cardinale che orienta e si fa cercare, elemento fondamentale della natura entro cui respira: “Aria, acqua, terra, fuoco, poesia”.
    Mi complimento con il poeta.

    Annalisa Rodeghiero

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  3. "Risveglio" è un buon testo da rapper. Un pizzico di ironia e originalità in più e siamo pronti per Sanremo.
    Carla Baroni

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    1. La musica rap non è tutta da buttar via. Peccato che Sanremo non sia la migliore vetrina per un "buon testo", come dici tu. Il giovane Davide merita conferme più significative.
      Franco Campegiani

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  4. Intanto Davide non è poi così giovane. E' lo stesso errore che si fa per Maurizio Donte, errore che mi ha indotto a dargli consigli come se fosse di primo pelo quando poi ho scoperto che aveva oltrepassato la cinquantina e quindi con un bagaglio di esperienze tale da poter fare le proprie scelte da solo senza i consigli saccenti di una "sconosciuta" poetessa. In secondo luogo se un poeta vuole emergere, quando proprio non è da premio Nobel, lo scrivere testi per canzoni è un buon trampolino di lancio che lo gratifica anche dal lato del portafoglio. Non è certo vendendo i propri libri che un poeta campa. E qui bisognerebbe fare il lungo discorso delle edizioni con tirature che non superano le cinquecento copie della Merini e di altri poeti che sono stati molto in auge. Si butti sui testi per canzoni adesso che ancora abbastanza giovane per farlo. Vincere un "Di Liegro" non apre tutte le porte.
    Carla Baroni

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    1. Immagino che Davide ringrazierà per l'illuminato consiglio. Da parte mia lo vedo poco adatto a svolgere quel ruolo. Né penso s'illuda sulla possibilità di campare vendendo libri di poesia.
      Franco Campegiani

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