mercoledì 2 agosto 2017

MARIA GRAZIA FERRARIS: "IL SERCHIO POETICO DI N. PARDINI"

Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

Il SERCHIO poetico di N. Pardini.

Il Serchio pur essendo un fiume di tutto rispetto è certamente un fiume meno famoso del suo fratello Arno, ma non meno felice quanto a citazioni, poesia, dipinti, emozioni artistiche. .. Lo citava Dante, ricordandone la frescura, Ariosto nelle sue Satire, D’Annunzio, che nell’Alcyone ,
 alla ricerca della foce scrive:

“Il Serchio è  presso? Volgiti all'indizio./ Ecco la sabbia tra i ginepri rari, vergine d'orme come nei deserti./ Si nasconde la foce intra i canneti?
 La scopriremo forse all'improvviso?
Ci parrà  bella? No, non t'affrettare!
 …. Liberi siamo nella selva, ignudi
su i corsieri pieghevoli, in attesa/ che il dio ci sveli una bellezza eterna.
Non t'affrettare, poi che il cuore e ' colmo.”

E il Pascoli  in Odi e Inni, che appartengono al «periodo pisano» del poeta, e costituiscono l'espressione più tipica della sua «poesia civile», così lo canta  :

 “Te vidi, quando sceso, negli umili/tuoi giorni di magra, dal monte,
 parevi arrossire del ponte:
del ponte grande, tu sottil rivolo,/ roseo per una nuvola rosea,
cui chiesero, il giorno, le polle,/ che le ravvenasse, e non volle…
…la sera, o Serchio, mentre sul candido/ tuo greto fitte squittian le rondini,
dicevi: «Oh! in quest’afa d’estate/ le mie spumeggianti cascate!…
Vo mogio mogio: povero a povere/ genti discendo, piccolo a piccoli
poderi che sembrano aiuole,/ ma che ora inaspriscono al sole.”

Anche  il grande Ungaretti così lo  rievoca: “Questo è il Serchio/ Al quale hanno attinto/ Duemil’anni forse/ Di gente mia campagnola
 E mio padre e mia madre….”
Scriveva  Ungaretti rievocando i fiumi che hanno segnato la sua vita: …” Questa è la mia nostalgia Che in ognuno/ Mi traspare
 Ora ch’è notte/ Che la mia vita mi pare
Una corolla/Di tenebre”



Perfino il pittore incisore Giuseppe  Viviani, di non perduta e riconosciuta fama, che viveva tra  Bocca di Serchio e Boccadarno, terra  di pescatori e di venditori ambulanti, dove andava a caccia col suo immancabile fucile e i suoi amati cani, solitario e autodidatta, e negli anni  Cinquanta   si definiva  Il Principe di Boccadarno senza Corona, con sudditi ambulanti, e penna facile …. dedicava  alla sua terra, oltre gli incantati dipinti e le incisioni, le acqueforti, le litografie, i disegni e aveva dedicato anche frammenti lirici, dimostrando di possedere, tra le tante capacità artistiche, anche quella della parola poetica:

“Là dove placido trascorre il Serchio,/acque remote, brividi e luci, dell’Universo!
luoghi che ancora restano al mondo,/perché tristezza, almeno un angolo, abbia giocondo!
…Ventilar di canneti/garosi di star cheti/cheti, come quest’acqua/ che al ciel apre le braccia..
Ora una nuvola, ora quell’altra/ s’abbassan quasi, a toccar l’acqua,
poi, d’un balzo, pregne d’odori,/ portano al sole umidi umori.
Capanne vuote in su la foce, vedo/ ombra densa, di placido velluto nero
dalle finestre, che non han vetri,/ non vi dimorano dentro i poeti?”

Pure  lo scrittore Guglielmo Petroni, vincitore del premio Strega 1974, dedicava al fiume il suo romanzo La morte del fiume, non alla ricerca di un idillico tempo perduto, ma recuperando il passato e le sue esperienze, per farle diventare una conoscenza nuova, consapevole, e coglieva nel fiume e nel suo divenire la comprensione delle ragioni profonde dell’esistenza.

Il Serchio è il fiume di N. Pardini.

In una breve conversazione  Pasquale Balestriere, a commento della sua ultima poesia  “Nausicaa sul Serchio”, (pubblicata sul blog  Alla volta di Leucade di luglio),  gli contesta benevolmente e scherzosamente la dislocazione:Nausicaa sul Serchio no! A fatica lo concedo alla tua immaginazione (che del resto chiami in causa già dal primo verso), alla forza della tua fantasia poetica….”; …dice, rispondendo, Nazario Pardini:
… non volevo assolutamente defraudare Nausicaa delle sue ischitane origini, e poi al Serchio, fiume piccolo e di poco conto per i giochi della bella odisseica fanciulla. Il fatto sta che mi trovavo giorni fa sulla bocca del mio fiume, e stavo osservando le sue acque che si spengevano quietamente nel mare, e tutto attorno rovi e pinete. Una natura selvaggia e primitiva. “Quasi quasi la nobilito con una reminiscenza -anche se parecchio personalizzata- omerica" ho pensato. Ed in breve ho veduto Ulisse uscire affaticato dal mare, e la principessa con le ancelle giocare a palla sulle rive. "Perché non trasferire il tutto in poesia" mi sono detto. Ed ecco Nausicaa sulle rive del Serchio, fuori da ogni contesto culturale, che in questi casi ritengo piuttosto dannoso.

Ho sempre immaginato che alla foce del Serchio
nel punto in cui il mio fiume sfocia in mare
ci fossero fanciulle arzille e gaie
a stendere il bucato sopra i rovi
che si assiepano attorno. E che nel fosco
delle pinete zeppe di frescura
ci fossero, sepolti dalle foglie,
naufraghi a riposare nell’attesa
di essere destati dalle grida
delle stesse fanciulle intente al gioco.
In ogni luogo delle mie canzoni
ci sono Nausichee a ricordare
lo splendore degli anni. Il bello dell’amore.
Il fulgore del bello. …
E nel mio mondo fittizio …
Il fiume si disperde e quieto è il mare,
le cui onde carezzano le sponde
con dolce melodia. Da quell’acque
esce spossato Ulisse, naufragato,
spoglio di panni e salvo dagli affanni.
Si addormenta in disparte, ricoprendo
di foglie sparse il corpo affaticato….
… Fuggono le ancelle in qua e in là
stupite dalla insolita presenza
di un uomo logorato dai marosi.
Ma Nausicaa resta. A lei si volge,
rapito dal fulgore dei suoi occhi,
Ulisse sbigottito, frastornato:
“Sei donna o dea? Incantevole visione?...”
Per un nuovo sentir che la percorre
lei gli si scioglie, sorpresa  dalla vista
di un divino apparire, dalla grazia
di un fisico scolpito dai salmastri….

Una  sperimentazione ardua, interessante, di un “sincretismo poetico che mescola e fonda l’antico con il moderno in un’operazione mitopoietica  di recupero e di ri-creazione”.  Il nostro pensiero ha bisogno di questa pulsazione…
La mitopoiesi ("creazione del mito") è un genere narrativo nella letteratura moderna dove viene sintetizzata una mitologia fantastica dall'autore. Queste nuove mitologie, invece di emergere dopo secoli di tradizione orale sono create in un breve periodo di tempo da un singolo autore o da un piccolo gruppo di collaboratori.   E puntualizza del resto con grande consapevolezza N. Pardini:
 “ L’arte, categoria dello spirito antecedente alla funzione della ragione, si fa tale, se interviene con forza suasiva tutta l’esplosione dell’anima, tutto l’afflato del sentire, tutto il potere immaginifico, e il corale supporto dell’ambiente con le sue lune, le sue colline, il suo mare, le sue albe e la sua sera, con il vento che accende il mattino, o coi filari dove l’alba verserà quel suo fresco vino turchese  a nutrire una teoria filosofica.”
“Che cosa sia la poesia, poi, è certamente uno degli interrogativi più annosi della storia dell’uomo. La sola certezza comunque è che necessita, volenti o nolenti, di realtà individuali, di singole esperienze, di vicissitudini ed emozioni personali, per aprirsi dal memoriale all’immaginario, dalla vita al gran senso. Si fanno avanti il sogno, la fantasia, la realtà che non riescono comunque mai a liberarsi del tutto dal bagaglio del memoriale che ci portiamo dietro sempre più vago e nostalgico, vita scampata all’oblio e per questo degna di esistere. E quello che ci tormenta è proprio il pensiero del suo destino. Chi lo affida ad una fede religiosa, chi al puro sogno, chi ad una fede poetica, e chi, laicamente, ad un’isola quale potrebbe essere quella di Leucade, tentativo foscoliano come terapia al morbo del dubbio.”
Già N. Pardini si era cimentato con l’immagine poetica di rara bellezza del suo fiume, l’immagine della vita, cui si mescolano immagini visioni mitiche dal sapore onirico in una prospettiva di sogno:
Acqua che riflettesti i miei canneti…
ti perderai tra poco nel clangore/ dell’irruente mare…
... Non t’inganni/ il profumo allettante; presto vane/ saranno quelle immagini di sponde…
... Ed i tuoi panni/ scoloriranno in cuore al tanto vasto/ vorticare del nulla….

II lato preminentemente fantastico del poetare pardiniano è scandito con un’intensa sollecitazione della memoria, vi appare intensa  e ricercata l’espressività  lessicale che per sensibilità e stile prefigura il risultato compiutamente raggiunto, attraverso stilemi e sinergie di varia natura.

La forma, l’equilibrio, la misura, la partecipazione alla ragione morale di una poesia contemporanea, sono esplicitati,  nella metafora del fiume che scorre, anche  se  indica senza enfasi nella mancanza di quiete le carenze dell’uomo moderno, la sua incapacità a rendersi partecipe di quel mito, che resta ormai dimenticato, in disuso.

Maria Grazia Ferraris

2 commenti:

  1. Bella, sapiente e fascinosa pagina letteraria sulla presenza dei fiumi, in particolare del Serchio, nella letteratura poetica di ogni tempo, del nostro in particolare. Si danno appuntamento, sulle rive del Serchio e della "fluente" scrittura della Ferraris, le migliori intelligenze poetiche, da Dante all'Ariosto, da D'Annunzio al Pascoli, da Ungaretti a Viviani, da Petroni a Pardini, cui scherzosamente Balestriere contesta la dislocazione eccessivamente fantastica della Nausicaa omerica sul Serchio pisano. E giustamente, restando nell'orizzonte amichevole e benevolo dello scherzo del poeta ischitano, la Ferraris prende affabilmente le difese del nostro Nazario, con pensieri che sottoscrivo ampiamente sulle valenze ri-generative della mitopoiesi che usa il memoriale non in senso antiquario, ma nei termini risorgenti di rinascita dall'oblio. Il fiume non è soltanto acqua che scorre, ma è anche acqua che dalla foce torna, sotto forma di nubi e piogge, ad alimentare le polle sorgive.
    Franco Campegiani

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  2. Il fiume! quale fascino per la nostra fantasia le riflessioni le creazioni... Anche per me, così come il mare e come lo scorrere dell'acqua in genere, il fiume è sorgente di continua e diversa ispirazione, tanto nella poesia quanto nei racconti. Raramente però come motivo di contemplazione o di classico revival, pittosto come manifestazione e simbolo di inevitabile fluire, eterno e immutabile eppure sempre diverso. Proprio come il Tempo, imprevedibile e talora misterioso ..( come il Fiume della Dimenticanza , in "Miraggi dell'Isola").
    Questi bellissimi scritti, a commento del Serchio di Nazario -la stupenda pagina di cultura sull'argomento, con le attente e preziose citazioni di M. G. Ferraris, i versi di fascinosa classica purezza dell'immaginifico Pardini- mi hanno ricordato che al di là del pensiero e della filisofica riflessione c'è la Bellezza, che si fa Arte, arte poetica.
    Grazie per queste piaceli pagine, grazie alla sempre straordinaria Ferraris che insieme con altri eccellenti scrittori ha saputo ancora una volta esaltare il Poeta e la Poesia.
    Chiudo questa mia testimonianza unendomi umilmente al coro di quanti amano e hanno amato celebrato il fiume con una mia lirica dedicata al mio Arno:
    " Statica specchia e gli orli sfiora
    la corrente del fiume
    a coinvolgere l'ora della quiete
    nella segreta fuga verso il mare.
    Si allungano gli steli d'erba
    nella voglia di sole...
    sulle berme brumose
    i merli frugano a saltelli
    in cerca di cibo.
    Vagano parole sulle labbra
    tra i silenzi della mente
    a obliare nell'attimo vitale
    l'immensità di un Oltre di mistero
    a cogliere nell'aria
    i piccoli rumori solamente...
    Oltre gli infiniti silenzi
    il breve sorriso della vita."

    Edda Conte da "La danza delle falene" (L'Autore Libri, Fi. 2012)

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