martedì 5 dicembre 2017

CARLA BARONI: "DIALOGHI INTERROTTI", SILLOGE VINCITRICE DEL PREMIO "IL PORTONE" PISA





Dialoghi interrotti il titolo di questa silloge composta di tre poemetti dialogici: Canto d’autunno (sei stanze contraddistinte da numeri romani), Ulisse e  Penelope, Forse. Una vicenda unisona, creata con vivace intuizione emotivo-intellettiva e sensibilità umana, dove si sprigiona tutta la filosofia della Baroni sul fatto di esistere, sul tempo, sulla morte, sul rapporto fra il Creatore e la creatura, sulla vita. Insomma un lavoro strettamente autobiografico, in cui le pene e le meditazioni sono cristallizzate in stagioni dai flebili rumori o in un mito rinnovato, attualizzato, personalizzato da un mitopoieta più che da un mitologo. La malinconia sembra far capolino ad ogni verso, come la visione di un mondo non sempre giusto nelle sue realizzazioni. Ma il fatto sta che la Poetessa sa contenere il tutto  in un endecasillabo estremamente musicale, di classica fattura, ben lavorato in tutte le sue varianti; stemperato in una fluidità narrativa di estrema accortezza poetica. E non si deve pensare ad una poesia d’antan, datata, legata ad un mondo classico ormai desueto; piuttosto ad un verseggiare pieno, ricco di accorgimenti stilistici, di figure retoriche mai pleonastiche, dove tutto è giusto, tutto è elaborato con quell’arguzia e quell’intelligenza fattiva, che si  può permettere un’artista  che Pavese non stenterebbe a definire monotono nell’accezione più nobile del temine. (Un canto“splendidamente monotono”, come sapeva dire, da par suo, Cesare Pavese, della poesia). 

Nazario Pardini

DAL TESTO
CANTO D'AUTUNNO









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5 commenti:

  1. La silloge “Dialoghi interrotti”, che - come ha già scritto Nazario nella sua bella presentazione/prefazione - consta di tre momenti (“Canto d’autunno”, “Ulisse e Penelope”, “Forse” ), è attraversata e a tratti pervasa da un sentimento d’amore che mostra al lettore una triplice connotazione. In “Canto d’autunno” l’io poetico si fonde e confonde con Dafne (figura mitologica prediletta da Carla Baroni per il suo ampio portato metaforico) in affannosa fuga da Apollo, per riemergere in una ninfa quindicenne dei nostri giorni che, sotto la torre del castello estense, incontra il suo Apollo “dagli occhi di velluto”. Ma è un Apollo fin troppo mortale e caduco, perché su “atri destrieri” andrà precocemente in “fuga incontro alle comete”. Si tratta dunque qui di un amore virginale, per di più ancora in boccio, interrotto dalla morte. In “Ulisse e Penelope” è ancora l’amore che, in nove tempi alternati (Ulisse-Penelope , Ulisse-Penelope, ... Ulisse), trama il monologo/dialogo di due sposi ancora -dopo vent’anni!- divisi dal fato, i quali troppo poco tempo hanno avuto a disposizione per vivere pienamente giovinezza, affetti e passione. I due, seppure lontani, sembrano parlarsi, i loro pensieri si corrispondono, seminano una quieta tristezza. Ma poi si accende la speranza: “Non attendere, adesso è troppo tardi” dice Penelope nel penultimo tempo; “Non attendere, adesso è troppo tardi./ Spiega la vela al vento...” sembra quasi rispondere Ulisse nell’ultimo tempo. C’è ancora spazio per l’amore, sia pure maturo, saggio,pacato. Un amore coniugale di una coppia nell’età di mezzo. Infine in “Forse” è ancora l’amore per la vita a generare versi, a intriderli di passione e a percorrerli a più riprese, spesso sconsolatamente. Salvo poi scoprire che la vita è mendace, le speranze fallaci, il futuro incerto e precario. E se è vero che il fil rouge dell’amore intesse la poesia di Carla Baroni ( che qui per figurazioni, immagini e ductus poetico mi pare più ricca e fascinosa del solito), è anche vero che esso si accompagna a un sottile disincanto, a un sorriso amaro, incredibilmente però legato a un soffio di sempre risorgente speranza.
    “Dialoghi interrotti”? Sì, ma sempre ripresi. Magari in forme e modi diversi.
    Pasquale Balestriere

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  2. Cari Nazario e Pasquale, amici miei amatissimi e costituenti insieme a me - per chi non lo sapesse - il collaudato trio CANAPA a cui tengo moltissimo, grazie per promuovere ogni occasione che mi metta in evidenza.
    La silloge che ha vinto il primo premio al Portone e che è già apparsa su questo blog è costituita da tre mini poemetti che avrebbero anche potuto essere continuati se le esigenze del concorso non ne avessero limitato la lunghezza. Ma la vittoria mi ha fatto felice per aver potuto pubblicare quella mia fotografia giovanile che mi ricorda tempi, se non felici, decisamente migliori. Alla mia età ci si accontenta di poco soprattutto se nella vita non si è avuto quasi niente. Grazie ancora.

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  3. Mi congratulo vivamente con Carla Baroni per questo prestigioso riconoscimento. Ritrovo in queste poesie il canto alto, di fattura classicheggiante, che le è proprio, con endecasillabi superbi, di una straordinaria grazia musicale che richiama il lieve ondeggiare della risacca, come un massaggio carezzevole e struggente sull'anima, teso a lenire il dolore delle piaghe. I temi sono quelli universali della gioia negata e della "pietas", con un sentire in gran parte autobiografico, ma estensibile a tutti gli esseri che si sentono traditi dalla vita. E' la presa d'atto della sconfitta e della perdita, la constatazione del male di vivere, l'esperienza dolorosa dei limiti esistenziali, l'urlo di dolore del Cristo sulla Croce, in assenza del quale non può esserci crescita morale. Sempre s'interrompono i dialoghi. C'è sempre una frattura che sospende ed ostacola il cammino della vita. La poetessa allora invoca i ricordi, li reclama più volte: "Voglio i ricordi, datemi i ricordi / per sapere / quanto mi resta ancora del passato". Nei ricordi non c'è soltanto il passato, c'è la nostra identità, quindi il nostro presente e il nostro futuro. Non si pensi pertanto, come dice giustamente Pardini, "ad una poesia d'antan, datata, legata ad un mondo classico ormai desueto", quanto piuttosto ad "un mito rinnovato, attualizzato, personalizzato da un mitopoieta più che da un mitologo". Il rosso sovrasta ogni cosa, ed è il colore delle maestose scene autunnali, di quell'autunno che lentamente consuma ogni cosa regalando paradossalmente incorruttibili fiammate d'amore: "Ancora tutto è rosso, la vitalba / sventola serti accesi dalle mura / ed il tramonto infuoca / le vaste praterie dell'orizzonte. / Color del sangue che zampilla, vino / nei calici levato al dio amore / ... / in questa mia città che rossa appare / quando gli uccelli van levando il canto / nel serotino abbraccio del riposo". Versi davvero stupendi. Congratulazioni.
    Franco Campegiani

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  4. Il mese scorso mi sono permesso commentare la poesia: Canto D'autunno della Carla Baroni perchè mi colpì l'impianto del testo definendolo compatto e solido nella sua struttura pur nel rispetto di quei cardini poetici inalienabili. Nel leggere le altre sopra ho avvertito la medesima sensazione e allora mi sono detto che la Baroni sa fare poesia vera, pura e che pertanto, le stesse, non possono essere definite superate, obsolete in quanto sono poesie senza tempo quindi non catalogabili, Ciò detto, non mi sorprende, in quanto conseguenziale, che dette poesie abbiano conseguto il I° posto in un premio letterario prestigioso quale Il Portone di Pisa. Auguri. Complimenti per la bella foto o meglio del suo contenuto. Pasqualino Cinnirella

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  5. Carissimi amici, grazie delle belle parole che mi avete largito. Un ringraziamento particolare va a Franco che è riuscito a decifrare il testo cosa che io non avrei saputo fare.
    Lo scrivere per me è quasi ragione di vita nel senso che mi distrae dai mali, dalle paturnie, dalle paranoie. Non ho parenti e pochissimi amici (ma buoni) o molto lontani o acciaccati come me. Perciò una parte della giornata è dedicata al computer con il quale scrivo di tutto: mi manca solo il romanzo. E poi, come Nazario, ho deciso di pubblicare tutto: tra i miei libri e quelli di mia madre, da me pazientemente curati, sono giunta a quota ventidue. I vostri consensi mi incoraggiano a continuare per questa mia strada.
    Grazie ancora e a tutti voi affettuosissimi auguri di buone Feste.

    Carla

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