martedì 24 aprile 2018

N. PARDINI: “FRA QUELLE MIO FRATELLO”


Fra quelle mio fratello


In alto i fiori dell’acacia,          
fra l’erba un gatto in agguato,  
Giuliana e sua sorella nel cortile,     
e i passeri a rincorrersi per strada.  
I cigli si rivestono di fiori,
il grano un manto verde
al cielo che si mischia fra le case.
Transitano da là persone morte,
con volti evanescenti,
fra quelle mio fratello
che mi chiede se oggi è primavera.
“Sì, è proprio primavera oggi,
se passi dal viottolo daccanto
lo vedi dal giallo delle rape,
dalle viole che sbucano pazienti,
dal dente del tarassaco,
dall’inquieto vagare degli uccelli.
Ma perché mi torni sempre accanto?
perché mi passi sempre da vicino
su questa stradetta di campagna?
Lo sai che soffro, lo sai che io sto male,
nel rivederti lì, senza poterti amare,
caro fratello mio”.
Sul tetto le colombe, le tortore che tubano,
all’orizzonte un fumo
non so se nebbia o fuoco di fascine.
Palmiro pota  i tralci,
una donna stende i panni,
e dormono i papaveri nel seme.   
Sopra il vettino
riposa un merlo canterino.

27/03/2018

7 commenti:

  1. Ho sempre ritenuto che la poesia di Nazario Pardini avesse il suo nerbo e la sua incarnazione migliore nei temi degli affetti familiari e della natura, oltre che del mito vissuto con intensità e reso con vera potenza artistica.
    E tutto ciò trova conferma in questa poesia, dove, dopo un'iniziale apertura naturalistica che “sembra” limitarsi a leggere l'ambiente circostante, il poeta apre improvvisamente alla visione (“Transitano da là persone morte”), al recupero memoriale (“fra quelle mio fratello”) , al colloquio con il fratello morto che periodicamente ritorna, come è giusto che sia nel mondo degli affetti ricambiati. La risposta del poeta Pardini alla domanda del fratello è sempre intrinsecamente collegata alla bellezza della natura( “Sì, è proprio primavera oggi, /se passi dal viottolo daccanto /lo vedi dal giallo delle rape,/dalle viole che sbucano pazienti, / dal dente del tarassaco,/dall’inquieto vagare degli uccelli.”). Una natura intridente, pervasiva, che quasi da sola sembra poter dare ogni risposta. E quando l'immagine del fratello sfuma, il mondo naturale e le scene di vita vissuta si riprendono il proscenio. Resta il graffio del dolore, dell’assenza, della privazione. Infine devo aggiungere una chiosa al verso “ con volti evanescenti” che è un autentico distillato dell’idea della morte diffusa in tutto il mondo classico, ma soprattutto nell’Odissea (canto XI) e nell’Eneide (canto VI).

    Pasquale Balestriere

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  2. Grazie, mio carissimo amico da non so quanti mai anni,
    il tuo commento non mi stupisce, conoscendo la tua sensibilità e la tua potenza culturale, ma soprattutto mi emoziona; sì, emozione tanta. Occhi lucidi, battiti cardiaci senza freni, parole che, l'una dietro l'altra, ben dosate, mi si infilzano nel cuore. Tu sai, e l'accenni, quanto mio fratello abbia contato nella mia vita...
    Nazario

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  3. L'accostamento della morte alla vita, in Pardini, è sempre propositivo: "Transitano da là persone morte, /con volti evanescenti, / fra quelle mio fratello / che mi chiede se oggi è primavera.".
    Ma si - chiediamocelo - è davvero morto suo fratello? E' scomparso (come si suol dire): già, perché non è più visibile; agli occhi, però.
    Il poeta lo vede, lo vede eccome - anche se soffre, se sta male di fronte alla sua effigie -.
    Non solo, aggiungo: è proprio tramite quella tremenda sofferenza, quel patimento, quelle lacrime (che probabilmente gli bagnano il viso), che può ancora incontrarlo.
    E' lì, pascolianamente:"Sopra il vettino" che "riposa", serenamente, come un "merlo canterino".

    Sandro Angelucci

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  4. Carissimo Sandro,
    le tue meditazioni sono sempre trascendenti, di una realtà emotiva che volge gli occhi e l'anima all'oltre della vita. Commovente il tuo intervento che tiene la magica intrusione di un grande poeta proiettato oltre le cose..
    Nazario

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  5. Commovente affresco!: solo l'amore concede la rievocazione di "volti evanescenti" .
    La primavera pervade l'animo di dolcezza e vitalità e consente di sfumare i confini tra terra e cielo, nella presa alla sensazione alta di libertà: "...In alto." e via via; ma c'è sollievo e tristezza nell'animo del poeta che condivide, idealmente, con Suo fratello, l'emozionante, decantato simbolismo in essere: da "pazienti,"...
    La relazione tra o "vano sogno" e "riposa... il merlo canterino" è centrale in questa lirica emblematica; accorda decantate fioriture, panico-emotive, del pensiero che procede dal "Ma perché..." e giunge ad illuminare il cammino, sì ombroso, da "orizzonte...o fumo...o fuoco" e "pota i tralci..." nella vera realtà:
    sintesi, forse, che indaga il mistero spirituale del "...finché non vedo, non credo..."? e si conforta nella meditazione e nel riposo.
    Fulvia Rita Fazio

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    1. Grande finesse, generoso affondo critico, intelligente e sensibile explication..., carissima Fulvia. Le tue parole arrivano con immediatezza ad affrancare l'anima dai vincoli terreni. Grazie...
      Nazario

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    2. Grazie professore Nazario, un sereno augurio,
      Rita Fulvia Fazio

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