domenica 4 agosto 2019

MARIO LUZI: "A MIA MADRE DALLA SUA CASA"


A mia madre dalla sua casa


Mario Luzi

M'accoglie la tua vecchia, grigia casa
steso supino sopra un letto angusto,
forse il tuo letto per tanti anni. Ascolto,
conto le ore lentissime a passare,
più lente per le nuvole che solcano
queste notti d'agosto in terre avare.

Uno che torna a notte alta dai campi
scambia un cenno a fatica con i simili,
infila l'erta, il vicolo, scompare
dietro la porta del tugurio. L'afa
dello scirocco agita i riposi,
fa smaniare gli infermi ed i reclusi.

Non dormo, seguo il passo del nottambulo
sia demente sia giovane tarato
mentre risuona sopra pietre e ciottoli;
lascio e prendo il mio carico servile
e scendo, scendo più che già non sia
profondo in questo tempo, in questo popolo.



2 commenti:

  1. Una costruzione poetica caratterizzante la poesia di Luzi: quella di immetterci direttamente, frontalmente in medias res per stabilire con l’evento annunciato, una mediazione. Un’avventura conoscitiva, non un’elegia. Il silenzio, la vecchia casa, il letto angusto, la voce delle cose e del paesaggio: il ricordo della madre. Uno spaesamento intraducibile che non offre tregua. E la madre, figura chiave, determinante, protagonista nella sua vita.
    Quando rifletteva sulla poetica dell’amato Mallarmé e sul simbolismo che si attua nel «dipingere non la cosa ma l’effetto che essa produce» Luzi scriveva: «Il verso non deve dunque, così, essere composto di parole, ma d’intenzioni e tutte le parole debbono sparire di fronte alla sensazione» che evocano sensazioni durevoli.
    Il mondo lontano non si è smarrisce e la dimensione della quotidianità domina la stanchezza del vivere (il saluto a fatica del contadino stremato, i lamenti nell’afa che non dà tregua degli ammalati…) ma non rappacifica i sensi, offre ancor più profonde meditazioni: “Non dormo, seguo il passo del nottambulo…” “lascio e prendo il mio carico servile/ e scendo, scendo più che già non sia/ profondo in questo tempo, in questo popolo”. Saper leggere nella normalità il mistero straordinario della vita è, pur sempre, una tregua, un miracolo di poesia.

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  2. Ringrazio Nazario per questo bellissimo post e la cara Maria Grazia per le capacità esegetiche che la contraddistinguono. E' verissimo, Luzi proietta il lettore in medias res. Non ricorda in toni tragici, torna nella casa tanto cara, si stende sul letto e 'rivive' come in un film, le immagini del passato che, miracolosamente tornano. L'Autore si rivela, una volta di più, Poeta dell'uomo, pur possedendo accenti memorabili quando canta la natura. E il suo è l'uomo semplice, lontano dall'essere umano di Borges, labirintico e intimamente inattingibile. Luzi annega nei ricordi comuni, legati alla natura, ai lavori dei campi e, nella chiusa sembra allontanarsi dalla casa per tornare 'in questo tempo, in questo popolo'.
    Lo stile è fluido, accessibile, privo di artifici semantici e gli ultimi versi danno la misura di quanto un Artista possa dar vita a un 'terzo poeta', che salta da un quadro all'altro dell'esistenza trascinandoci con lui. Un'opera straordinaria. Un abbraccio a Nazario e alla ineguagliabile Maria Grazia!
    Maria Rizzi

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