lunedì 18 novembre 2019

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE: "OGGI E' PRIMAVERA..." DI MARCO SOLARO




Rassegna I.P.LA.C., un altro fiore all'occhiello
"OGGI E' PRIMAVERA E IO NON POSSO VEDERLA", di Marco Solaro (Graus Editore, 2019)
(Grottaferrata, Istituto Neurotraumatologico Italiano, 16/11/2019)

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

"Senza conoscere il male e il dolore sarebbe stato impossibile conoscere l'altra faccia della medaglia, la bellezza del mondo". Così scrive Marco Solaro sul finire di questa lunga parabola "Oggi è primavera e io non posso vederla" (Graus Edizioni, 2019), dove si apprende che ogni opposto chiama in causa il suo opposto e tutto occorre all'armonia. Il bene ed il male, la luce e le tenebre, il conscio e l'inconscio, la realtà e il sogno: aspetti fra di loro oppositivi e complementari. Si potrebbe continuare all'infinito, anche per gioco, parlando ad esempio del maschile e del femminile, o della primavera e dell'inverno, per restare nella metafora stagionale suggerita dal titolo, ma è superfluo farlo. Mentre leggevo il libro, mi è venuto alla mente il noto grafico della Gestalt psicolgy dove campeggia, al centro, la figura di una coppa o di un vaso, mentre lateralmente, a destra e a sinistra, compare il profilo di due volti umani affrontati. Il disegno è a bianco e nero, e, a seconda che il nostro sguardo sia catturato dall'uno o dall'altro colore, noi annulliamo l'una o l'altra delle due figure, che pure sono compresenti nel quadro.
La domanda è: esistono due verità? La logica aristotelica, lo sappiamo, esclude tale possibilità, perché "o è questo o è quello". Per i sofisti, al contrario, la verità unica non esiste e tutto è doxa, opinione. C'è tuttavia una terza possibilità, quella socratica del conosci te stesso, ovvero la tua identità profonda, la tua essenza, secondo cui la verità è universale e individuale nello stesso tempo. E' unica, ma ha mille volti diversi. Ed è esattamente ciò che vediamo nel grafico in questione. Unità del Molteplice, Molteplicità dell'Uno: è quanto si ricava dalla lettura attenta di questo libro di Solaro. "Je est un autre", scriveva Rimbaud in una lettera a Paul Demèny: “Io è un altro". Non "Io sono un altro", ma "Io è un altro". Identità come alterità, il come Altro da Sé, e viceversa. Lo dice anche Jung, laddove parla del , così come lo dicono i mistici orientali. E perfino Socrate lo dice, per il quale l'interrogazione del proprio daimon ("conosci te stesso") non è che un metodo per raggiungere la concordanza universale.
Questo preambolo filosofico non spaventi. Il libro di Solaro, pur leggero e leggibile come una fiaba, in realtà gronda di pensiero filosofico. Vediamo perché. Tuffatosi nel proprio abisso interiore, il protagonista di questa parabola rischia di chiudersi e seppellirsi in se stesso, ma ritrova alla fine se stesso, la propria vera identità, scoprendo che il proprio volto segreto coincide con il volto e con l'identità dell'universo intero. E' un processo di rinascita, il suo, una catarsi che lo  traghetta, da uno stato iniziale di isolamento verso un'accettazione combattiva della realtà. Un percorso che lo conduce a prendere in mano la propria esistenza, e dunque a vivere, laddove prima preferiva lasciarsi vivere, trascinandosi in una sofferenza senza sbocco nel lungo e monotono andare dei giorni.
Le quinte si aprono con un non vedente seduto sul gradino di un marciapiede, un cappello poggiato sui sampietrini per l'elemosina e un cartello con su scritto: "Sono cieco, aiutatemi per favore". Il caso vuole che passi di lì un pubblicitario, il quale, versando una moneta, s'accorge che nel cappello ci sono pochi spiccioli. Allora gira il cartello e scrive un'altra frase: "Oggi è primavera e io non posso vederla". Non rivela il trucco all'interessato, ma a fine giornata costui si accorge di avere raccolto un bottino superiore ad ogni aspettativa. E' così che inizia il racconto, tratto da un episodio di cronaca realmente accaduto anni orsono, del quale molti hanno sicuramente memoria. Ed è intorno a questo fatto che l'autore costruisce, con una trama scarna e con pochissimi personaggi, uno straordinario ordito di riflessioni sul tema del linguaggio e della verità.
Il pubblicitario, nel sostituire la frase, non si pone problemi di autenticità. Se interpellato, infatti, il non vedente non approverebbe quella frase, perché lui, pur non vedendo la primavera con la vista fisica, è ugualmente in grado di riconoscerla e di poterla godere in molte sfumature. C'è indubbiamente un problema linguistico, di correttezza formale, considerata la polivalenza e l'ambiguità di molti termini, come appunto il vedere. Ma dietro questo problema se ne cela uno più serio, di natura morale. Le parole sono importanti, vuole dirci l'autore, e possono avere conseguenze imprevedibili. Se ingannevoli, possono gratificare moltissimo, anche oltre il dovuto, come nel caso del bottino esagerato del non vedente, ma c'è il rovescio della medaglia, e cioè l'aggressione ed il furto che egli deve subire per causa di quel guadagno insperato. L'inganno, pur sembrando innocuo e benevolo, mostra di essere un boomerang che si ritorce contro il suo autore.
Dall'inizio alla fine del racconto, il tema della verità è e resta fondamentale. Ma non si pensi ad una ricerca prettamente filosofica, astrattamente affidata alla dea ragione. Decisivo e imprescindibile, nella macerazione interiore del non vedente, è l'intervento dell'inconscio che turba e che scuote, rivelandosi nel sonno al momento opportuno. A lettura avanzata, scopriamo infatti che la prima parte del libro non è altro che un sogno, un lunghissimo e lucidissimo sogno del protagonista, destinato a cambiarne profondamente la vita. Egli si rende conto, a partire dal sogno, che l'handicap visivo di cui da molto soffriva era diventato nient'altro che un alibi dietro cui nascondersi. "Aveva approfittato della sua cecità per rendersi invisibile alla vista degli altri", scrive l'autore. E "in qualche modo aveva sfruttato il suo handicap. Si era nascosto dietro il buio dei suoi occhi".
Ed ecco che, preparato dal sogno, finisce per sentire il bisogno di uscire dal guscio, fuori dal proprio steccato. Il suo mondo interiore rifiuta l'ergastolo, non vuole star chiuso nei recinti dell'io. Vuole fluire nel mondo, dove è chiamato a compiere la propria esperienza esistenziale. E comprende che accettare il mondo non significa altro che farsene accettare. A quel punto la sua vita migliora, diviene più ricca e gratificante, più fluida ed armoniosa. E gli torna alla mente Borges, che aveva letto da giovane, prima di diventare cieco. Borges, che nel naufragio ritrova se stesso. Borges, figura fondamentale della letteratura del nostro tempo, afflitto anche lui da cecità progressiva, con la sua visione antischematica del mondo, ancorata al mistero, consapevole dell'impossibilità di afferrare certezze definitive. Una visione smarrita del mondo, dove tutto è sfuggente ed ambiguo, mobile ed inquieto, ma dove la distruzione dell'ego, delle corazze dell'ego, coincide paradossalmente con il fiducioso abbandono dell'uomo al mistero universale.
Fluire nel tutto: questo vuol dire cercare la propria identità. Vuol dire accorgersi che il proprio volto nascosto non fa che rispecchiarsi nel volto altrui. Gli altri sono in noi e noi negli altri. Sta qui la fratellanza, da intendersi innanzitutto come fratellanza dell'uomo, di ogni uomo, con se stesso. In quale altro modo potrebbero affratellarsi il Bene ed il Male? Gli uomini, aveva pensato da giovane il non vedente, "avevano deciso di mettere tutto il male dell'Universo dentro il Diavolo e tutto il Bene dell'Universo dentro Dio". Poi da adulto pensò che "senza conoscere il male e il dolore sarebbe stato impossibile conoscere l'altra faccia della medaglia, la bellezza del mondo". C'è tuttavia una domanda che sembra insormontabile: se è vero che ogni cosa è nell'altra, allora una persona buona può essere anche cattiva? E' una domanda che i protagonisti si pongono a più riprese, ma il fatto è che Caino e Abele, simbolicamente, sono una sola persona.
Non si deve separare ciò che è unito e unito deve restare. Il vero Male non è il Male, ma la separazione del Bene dal Male, è dividere il mondo in buoni e cattivi. Un conto è il Male sterile e fine a se stesso, un altro il Male dalle cui zolle germoglia il Bene in continuazione. Si potrebbero portare centinaia di esempi a sostegno, oltre quelli citati dall'autore. Valga un esempio per tutti: la Salvezza che viene dal martirio della Croce. Dio, di certo, non possiamo conoscerlo. Possiamo però tentare di metterlo in pratica, senza troppo teorizzarlo e nominarlo invano. "Papà, papà, perché mi hai abbandonato?", ricorda il salumiere nelle fasi finali del libro, quando decide di aiutare il povero cieco. "Perché quel Padre invisibile e silenzioso non si faceva mai vedere e sentire...?". E conclude: "Se non c'era un Padre immaginario disposto ad accogliere l'invocazione di un figlio, ci sarebbe almeno stato un fratello in carne ed ossa, in grado di aiutarlo".

Franco Campegiani





7 commenti:

  1. Ringrazio Franco, infaticabile, eccellente autore di analisi critiche per l'intervento che ha realizzato il 16 novembre all'INI di Grottaferrata in occasione della presentazione del romanzo del caro Marco Solaro "Oggi è primavera e io non posso vederla" edito da Graus Editore di Napoli. In un contesto raffinato, di fronte a una sala gremita io e Franco ci siamo trovati affiancati in una serata magnifica. Il testo di Marco Solaro, che Franco definisce in modo perfetto 'una parabola',sembra scritto su misura per la teoria del nostro Gigante, che ha steso un'esegesi di superba incisività trattando temi
    filosofici e umanistici. Splendido questo passaggio: "Dall'inizio alla fine del racconto, il tema della verità è e resta fondamentale. Ma non si pensi ad una ricerca prettamente filosofica, astrattamente affidata alla dea ragione. Decisivo e imprescindibile, nella macerazione interiore del non vedente, è l'intervento dell'inconscio che turba e che scuote, rivelandosi nel sonno al momento opportuno". In effetti nel libro di Marco la verità ha un ruolo fondamentale. Nel corso dell'evento ho posto alcune domande all'Autore, facendo riferimento a J.Louis Borges e al 'realismo magico', ovvero alla mescolanza di elementi reali e fantastici, che contagiò molti scrittori della seconda metà del '900, tra i quali gli italiani Leonardo Sciascia, Italo Calvino e addirittura alcuni cantautori, come Guccini e Vecchioni. In Borges il tema del Sogno era molto presente come irruzione nella realtà e nel testo di Marco il sogno svolge una funzione determinante, come sottolinea anche il nostro Franco. Inoltre ho chiesto all'Autore se "L'elogio dell'ombra", opera di Borges presente in più occasioni nel romanzo, lo avesse ispirato al tema del perdono e della fratellanza. In realtà tali concetti fanno parte del percorso interiore dell'Autore. Infine ci siamo soffermati sulla sua attività di Neurologo e su quanto ha inciso nella 'parabola', visto che ognuno di noi 'è ciò che scrive'. Su questo quesito si è aperto uno scenario di interventi del pubblico, culminato nell'abbraccio che un presente ha voluto dare a Marco e in testimonianze di medici e di persone comuni a dir poco commoventi. Una serata in cui il Sogno l'abbiamo vissuto tutti! Ringrazio Franco, in quanto averlo come compagno di viaggio è un onore altissimo; ringrazio Marco, persona, professionista e Scrittore di umanità, sensibilità e talento indiscussi e ringrazio l'Editore Pietro Graus, che non potendo essere presente ha scritto per il suo Autore una lettera che tutti desidereremmo ricevere...
    Maria Rizzi

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  2. Maria carissima, l'onore è tutto mio, per avere avuto ancora una volta te come insostituibile compagna. La tua natura vesuviana ed empatica è in grado di catalizzare l'attenzione di qualsiasi pubblico. Tanto più quando l'autore che si presenta è una vera potenza della natura, come lo scrittore neurologo Marco Solaro.
    Franco Campegiani

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  3. Difficile aggiungere qualcosa dopo il commento di Maria. Posso confermare che grazie alla splendida relazione critica fatta da Franco sul mio testo, grazie all'analisi introduttiva di alto contenuto letterario fatta da Maria come introduzione alle domande che mi ha posto e grazie agli interventi del numeroso e partecipe pubblico stimolato in parte dalle mie risposte, è scaturito un clima di calda condivisione degli animi. Si è creata quel tipo di complicità costruttiva che quando si unisce all'empatia crea quella particolare "Magia" che altro non è che la condivisione sentita del Reale. I nostri scritti hanno spesso mille volti sono specchi che ci riflettono la luce di chi li legge. La scorsa sera, nella bellissima Aula Magna dell'INI di Grottaferrata sono stato "abbagliato" dai riflessi degli amici, colleghi, conoscenti e non conoscenti e persone care presenti in Aula.

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  4. Non si finisce mai di imparare, di capire, di emozionarsi, di commuoversi, di aprirsi a nuovi stimoli e di sentirsi umili: grazie a tutti e tre.

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  5. E noi - io in particolare - siamo emozionatissimi per la tua emozione. E' un contagio reciproco, come sempre accade in presenza di autentici valori.
    Franco

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  6. Maria Grazia cara tu sei un'Artista affermata, che mi affascina con le sue tematiche e talvolta mi dà la misura della mia pochezza. Bada bene non lo affermo in senso colpevolizzante, anzi, intendo sottolineare che fungi da faro, da via maestra, da punto di riferimento e non so commentarti, in quanto nel tuo dire è già contenuto tutto. Averti conosciuta e vissuta a Roma è stato un onore e una gioia e le emozioni di cui parli con tanta semplicità, le assaporammo anche in quell'occasione. Noi siamo affluenti che che si versano in voi fiumi e vi dobbiamo tantissimo: ci portate inevitabilmente al mare! Grazie, Amica lontana e vicinissima. Ti stringo al cuore.
    Maria Rizzi

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  7. Che bello, Maria Grazia, sapere di aver potuto dare e condividere un pensiero, un'emozione, una commozione. Umilmente grazie.

    Marco

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