giovedì 7 novembre 2019

LUCA GIORDANO: "ALDA MERINI, UN CASO EDITORIALE"

ALDA MERINI


Donna di grande cultura, con una sensibilità poetica tra le più profonde del Novecento, Alda Merini è anche un caso editoriale: la sua poesia si vende, tanto che di lei si è pubblicato tutto, anche le poesie brutte, quelle che normalmente i poeti gettano via.
La forza dei suoi versi è, sin dall’inizio, evidente, tanto da far dire a Pasolini, di una Merini agli esordi, la frase seguente: “Di fonti per la bambina Merini non si può certo parlare: di fronte alla spiegazione di questa precocità, di questa mostruosa intuizione, di una influenza letteraria perfettamente congeniale, ci dichiariamo disarmati.” 
Vorrei dissipare alcuni pregiudizi che si hanno sulla poetica della Merini: il suo canto non è un canto di un folle. Non è neanche il dolore la fonte del suo canto. La fonte del suo canto è un amore smisurato per la vita. Quella della Merini è una sensibilità più acuta di quella normale. È come se si fosse trovata a descrivere il mondo visibile in un tempo di ciechi, che non sanno cosa significa vedere, e ritengono follia le descrizioni di oggetti visibili. In lei tutti gli elementi della cultura - cultura classica la sua - tendono a descrivere sentimenti e sensazioni in un modo decisamente nuovo. Questa sua novità è data dall’efficacia delle descrizioni, nelle quali improvvisamente appare una parola che non attendevamo, ed è proprio quella parola che rende tutto più luminoso, che squarcia il velo che fino a quel momento avevamo su quel dato sentimento. Il genio è nella forma di questa visione, nell’accostare i significati in maniera nuova, generando nuove espressioni.
La poesia della Merini ha quella forza che parla comunque a tutti. Nonostante usi lo stesso linguaggio di Raboni, di Magrelli e di altri poeti contemporanei, quando leggiamo le sue liriche sentiamo qualcosa in più, sentiamo quella profondità di cui abbiamo bisogno in alcuni momenti. È per questo che le sue liriche superano la prova del lettore non necessariamente interessato alla poesia. Per questo le sue poesie sopravvivono più di quelle di Pasolini stesso o di altri.
Per quel che riguarda la follia, per quanto sia presente in molte liriche, non è una parte determinante del suo atto poetico. Intendo che la precisione con la quale descrive le situazioni interne al manicomio è per lei stessa una liberazione dalla follia, riscatto dalla violenza subita. Essa è un accidente avvenuto alla persona Alda Merini, che la fece soffrire come hanno sofferto tantissimi uomini afflitti dalla malattia mentale. 
La vicenda di Alda Merini a me pare evidenzi come la società certe volte rifiuti le parti migliori di se stessa perché, per qualche motivo - nel nostro caso un disturbo psichiatrico - non riescono a conformarsi. La società italiana spesso si è trovata a essere più arretrata del resto d’Europa. Faceva dire Pasolini a Orson Wells nel cortometraggio La Ricotta: “il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.
Non penso sia un caso che tre delle menti poetiche più luminose del Novecento italiano abbiano avuto a che fare con il manicomio: Umberto Saba, Dino Campana ed ovviamente la Alda Merini. Voglio dire con questo che l’effetto del conformismo aggressivo su una mente fragile e divergente potrebbe essere una delle cause della follia di queste persone. 
Per concludere, tornando ad Alda Merini, di cui in questi giorni si celebra il decennale della morte, vorrei riportare una poesia sui poeti che, per motivi personali, amo molto. 

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla, 
termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere iddio
ma i poeti nel loro silenzio
fanno più rumore
di una dorata cupola di stelle.

    Alda Merini

Luca Giordano



3 commenti:

  1. Ringrazio Luca Giordano per questa disamina lucida e schietta della poesia di Alda Merini. Come gli è solito, Luca coglie degli aspetti fondamentali che fanno riflettere e portano alla luce valori troppo spesso dai più disconosciuti.
    "Vorrei dissipare alcuni pregiudizi che si hanno sulla poetica della Merini: il suo canto non è un canto di un folle. Non è neanche il dolore la fonte del suo canto. La fonte del suo canto è un amore smisurato per la vita. Quella della Merini è una sensibilità più acuta di quella normale. È come se si fosse trovata a descrivere il mondo visibile in un tempo di ciechi, che non sanno cosa significa vedere, e ritengono follia le descrizioni di oggetti visibili.": completamente d'accordo! Spesso, i poeti - quando sono tali - si trovano a vivere in un mondo e in un tempo di "ciechi"; spesso non trovano riscontro nel loro tempo e, a mio avviso, ciò è dovuto al fatto che l'epoca che vivono non è ancora matura ed al loro passo.
    Da qui, un altro grande pregio di questo scritto: la rilevanza sociale che lo stesso viene ad assumere allorquando Luca così si esprime: "La vicenda di Alda Merini a me pare evidenzi come la società certe volte rifiuti le parti migliori di se stessa perché, per qualche motivo - nel nostro caso un disturbo psichiatrico - non riescono a conformarsi. La società italiana spesso si è trovata a essere più arretrata del resto d’Europa. Faceva dire Pasolini a Orson Wells nel cortometraggio La Ricotta: “il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.
    Ecco: quando qualcuno o qualcuna si stacca dal conformismo la società che gli è contemporanea trema; si trema, perché ha paura delle sue stesse convenzioni. E nulla è più distante dalla poesia. Poi ci stupiamo del fatto che mai come oggi non si legga o, meglio, si legga soltanto ciò che uniforma e banalizza.

    Sandro Angelucci

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  2. “Il dolore è necessario”.
    Questo verso straordinariamente bello di Alda Merini, tra i tanti da lei scritti a sfondo esistenziale, spingono a sopportare la sofferenza con assoluta dignità, nella certezza che essa occorre a far risplendere maggiormente la nostra umanità, contribuendo a rendere l'esistenza degna di essere vissuta, se non addirittura migliore. La poesia di Alda Merini riesce a far intravedere la luce nelle tenebre, l'equilibrio nel disequilibrio e la salvezza nella perdizione. Sta qui la sua grande forza morale e vitale, in questo desiderio indistruttibile di rinascita dal culmine della disperazione. Una poetica assai distante dal maledettismo orfico, anche campaniano, che vive una dimensione conflittuale assolutamente tragica e priva di redenzione. "Il suo canto non è un canto di un folle", dice giustamente Luca Giordano. E aggiunge, in ciò confortato da Sandro Angelucci: "Non è neanche il dolore la fonte del suo canto. La fonte del suo canto è un amore smisurato per la vita". Condivido totalmente questa impostazione critica. Con Alda Merini siamo in presenza di una poesia totalizzante, che va molto oltre il campo degli addetti ai lavori.
    Franco Campegiani

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  3. Leggo il post di Luca, i commenti di Franco e Sandro e ricordo, con profonda vergogna, di non essere stata un'estimatrice della Merini, fino a quando non lessi due sue liriche: quella citata da Luca e quest'altra:
    "Quelle come me
    Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
    Quelle come me donano l’anima,
    perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto.
    Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi,
    pur correndo il rischio di cadere a loro volta.
    Quelle come me guardano avanti,
    anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
    Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano,
    tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.
    Quelle come me quando amano, amano per sempre.
    e quando smettono d’amare è solo perché
    piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita.
    Quelle come me inseguono un sogno
    quello di essere amate per ciò che sono
    e non per ciò che si vorrebbe fossero.
    Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai,
    sono caduti nel dimenticatoio dell’anima.
    Quelle come me vorrebbero cambiare,
    ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.
    Quelle come me urlano in silenzio,
    perché la loro voce non si confonda con le lacrime.
    Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore,
    perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.
    Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio,
    non riceveranno altro che briciole.
    Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
    purtroppo, fondano la loro esistenza.
    Quelle come me passano inosservate,
    ma sono le uniche che ti ameranno davvero.
    Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita,
    rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
    e che tu non hai voluto…"
    Ringrazio di cuore Luca per il tributo che le ha rivolto e per l'analisi della presunta 'malattia mentale', frutto del 'conformismo aggressivo', che da sempre caratterizza la società italiana. La fragilità di Alda Merini si rivela nella poesia che ho postato. E' stata una Donna vulnerabile, che si è ritenuta indegna di ricevere amore. La consapevolezza della propria solitudine è già saggezza. Nessun pazzo comprende il senso della vita e riesce a custodirla. Quarant'anni di manicomio non hanno inquinato la sua febbre, la sua sensibilità, l'urgenza di scrivere. Preciso che ho sempre difeso la Donna, capivo poco la Grande Poetessa e ... di colpo, mi sono sentita in gabbia, al posto di Alda, incompetente, lontana anni -luce dall'essenza del lirismo. Nel suo decennale, di fronte a tre menti illuminate mi pento e m'inchino al Talento di un'Artista straordinaria!
    Vi abbraccio tutti con gratitudine immensa.
    Maria Rizzi

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