mercoledì 10 maggio 2023

ANNA VINCITORIO: "DURANTE L'ATTESA"

 

DURANTE L’ATTESA

 

Un giorno ventoso, col sole a sprazzi. Traffico, movimento. Persone in più direzioni.

      Sono all’interno del NABA. L’occhio si perde nell’ampiezza degli spazi. Alte pareti alternate a scale bianche. Metallo, vetro. Colpisce la luce che ogni singolo angolo cattura per poi nuovamente irradiarla. Gruppi in movimento. Qualcuno pigramente sdraiato sulle panchine di pietra per catturare la tiepida carezza del sole. Ore lunghe di attesa per la discussione di laurea. Mi trovo circondata da tanta giovinezza. Occhi obliqui con neri capelli scomposti; il mistico sorriso di una ragazza indiana; alcuni ragazzi spagnoli giocosi, parlano ad alta voce. Nel gruppo una ragazza vivace con i capelli azzurri.

      Lunghe strisce di colori diversi ondeggiano al vento con scritti i nomi dei laureandi della giornata. È tutto come disperso in quegli spazi bianchi. Si intrecciano parole in lingue diverse. Li accomunano amicizia, ansia, amore; anche se forse quest’ultimo non resisterà all’impatto con le realtà contingenti. Ripenso a tempi ormai lontani; a noi che eravamo giovani con abiti diversi, diverse realtà e una lontana innocenza forse inadatta per affrontare la vita.

Mi incuriosiscono i volti, gli sguardi. Cerco di immaginarne i pensieri.

      Giungono dal lontano spazio d’entrata, tre alte figure con soprabiti che il vento fa ondeggiare. Si uniscono al gruppo. Sono amici ma non studenti. Nello scorrere dell’attesa li osservo. Facciamo amicizia. Due di loro giunsero coi barconi ancora bambini. I primi anni, difficili, poi l’inserimento. Li ha aiutati la loro prestanza e si sono inseriti nel mondo della moda. Dei tre mi colpisce Dara. Ha il bel volto scuro circondato da un foulard leggero sul marrone. Occhi profondi come persi in lontani spazi. Il candore dei denti. Ai piedi, scarpe dal tacco scarlatto con disegni in rilievo. Il soprabito di leggera pelle avvolge il corpo snello. Le lunghe mani è come se cercassero…Ma cosa? Parla perfettamente un buon italiano. Ha movenze, testimoni di una cultura antica. Lo immagino vestito di bianco, cavalcare distese sabbiose. Mi parla del mare azzurro e scintillante della sua terra: il Senegal. Paese in cui non vive. Lui è a Parigi, modello di case di moda molto importanti. In lui forte affiora un desiderio di conoscenza. Interrogativi sul fine della vita. Come interpretare il dolore; se assaporarlo fino in fondo sia giusto. È come se in lui albergasse il dolore dei padri, il richiamo agli dei antichi, la luce che l’Africa effonde e, al contempo, il desiderio di una vita diversa nel colto occidente. Lui è fiero della sua personalità. Ha studiato, frequenta persone di diversi livelli. Ma tutto questo non alleggerisce il suo pensare alle incertezze del dopo. I perché del vivere sono risolvibili? Ci sarà una giustizia futura nel mondo? Parliamo del Senegal. Terra che conosco attraverso la poesia di Senghor. Dai suoi versi emergono le luci e ombra di una complessa realtà. Luce è nascita, ricordo dei padri; ombra è distacco, lotta, morte. Poesia nostalgica e disperata in cui passato e presente si fondono. Mi tornano alla mente alcuni versi da Poèmes: “Pura pioggia di rugiada quando sanguina la morte del sole/ sulla piana del mare sulle onde dei morti guerrieri”. Il mare si personifica come le rosse, immobili pianure di Senegambie.

      Senghor è il suo paese ma è anche la Francia di adozione. Ai canti di origine spontanei e nudi, si contrappone il genio della cultura francese. Anche Dara è una creatura del Senegal ma ha assimilato la cultura occidentale. Gli cito qualche altro verso di Senghor: “ah circondano nuovamente i miei sonni le mani nere si care/ E nuovamente il bianco sorriso di mia madre…” Dara, dopo aver ascoltato le mie parole, mi mostra la foto di sua madre sorridente e dal candido sorriso. Il tempo è lungo nell’attesa. Ho davanti a me Martina dai grandi, chiari occhi e l’ovale imbronciato. Tra poco tutto si compirà. Sulla sua testa la corona di alloro. L’università è finita e avrà inizio un nuovo percorso verso realtà, eventi che daranno un imprinting alla sua futura vita. Martina stacca dalla parete lo striscione azzurro con scritto il suo nome. Tutti scrivono qualcosa. Non importa cosa, perché le parole vengono dal cuore. Botti e stelline colorate che volano al vento. Champagne nei bicchieri e confetti rossi.

      Con gli occhi velati, abbraccio tutti questi ragazzi, la loro giovinezza, l’essere qui intorno a me.

 

                                               Firenze, 22 febbraio 2023

                                                     Anna Vincitorio

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