Michele
BATTAGLINO
BREVE NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Michele Battaglino, nato a Genzano
di Lucania (PZ) il 22-3-1944, si è formato culturalmente a Potenza, Bari e
Pisa, dove si è laureato in lettere classiche. Per venti anni docente di
italiano e latino nel liceo scientifico del suo paese, è stato, poi, preside di
liceo classico a Susa, Volterra e Pisa (in cui risiede da diversi anni). Dal
1991 al 1997, come membro del Consiglio Direttivo dell’IRRSAE della Basilicata
e responsabile del servizio “Metodi e
tecniche della ricerca sperimentale” nella scuola superiore, ha partecipato
in qualità di relatore a vari convegni nazionali e ha tenuto in Basilicata
corsi di aggiornamento per docenti, soprattutto sulle metodologie
dell’insegnamento del latino, compresa la cosiddetta didattica breve. Dal 1996 al 2001, ha diretto corsi di formazione
per docenti immessi in ruolo e ha presieduto commissioni di concorsi a
cattedre.
Ha pubblicato finora quattro raccolte di poesie (Sotto il cielo di tutti, Milano, Editrice Italia Letteraria, 1980; Miopia, Venosa, Edizioni Osanna, 1987; Radici e ali, Lecce, Manni, 2006; Variazioni lucane, Pisa, ETS, 2008), un
romanzo (La scomparsa della luna,
Lecce, Manni, 2010), racconti (apparsi su riviste), saggi di storiografia
lucana (come Aquilina di Monteserico,
Venosa, Osanna edizioni, 2008; Ipotesi
sulle origini di Genzano, Venosa, Osanna edizioni, 2010; Filippo de Marinis e la repubblica
napoletana del 1799, in Uomini e
comunità dell’Alto Bradano, Bari, Puglia grafica sud, 1985) e saggi di
critica letteraria (fra i quali, La
dimensione elegiaco-epigrammatica della poesia sinisgalliana, in Atti del simposio di studi su Leonardo
Sinisgalli, Matera, Liantonio, 1987; La
“spiritualità” di Orazio: ideale etico ed estetico nelle “Odi”, in Conoscere Orazio, Potenza, Associazione Humanitas, 1991; I luoghi dell’infanzia nella poesia oraziana, «ESSEFFE. Sistema
formativo», Bollettino dell’IRRSAE della Basilicata, giugno 1995, n. 1).
Ha tradotto anche molti testi poetici di autori spagnoli, portoghesi,
francesi e tedeschi (per ora inediti).
e-mail: michele.battaglino@gmail.com
da
Miopia, Venosa (PZ), Edizioni
Osanna, 1987, pp. 70
FLASH-BACK
III
Scintilla che alimenta un fuoco,
scavo
minuzioso negli abissi della mente
(per ritrovarsi sorgente viva
che fluisce, persona dialogante
in trame di accadimenti e di
affetti),
confessione desiderata era
la lettera, disarmata ingenuità.
Da quando il telefono l’ha
declassata
la conversazione si perde in
lacerti
frettolosi, in filze di anacoluti.
Pochi minuti bruciano lunghe
storie
disarticolate. Chiuso il
rapido
contatto, ritorna il freddo a
lasciarti
dentro un vuoto smemorato.
VII
Non fu facile conquista né
indolore
sradicarsi fanciullo per muovi
trapianti.
Lo studio doveva spaccare
lo steccato aprendo per sempre le
vie
della conoscenza, ma l’istante
è diventato eterno, il riso amaro
e mi rattrista ora la vanità.
La vastità raggiunta è
apparenza
se nuovi limiti premono senza
varchi.
Ogni risposta rimane
insufficiente,
inappagata l’anima smarrita.
Altre sorgenti ricerca la sete
inesauribile, un salto oltre la
vira
nei miliardi di inattingibili
forme.
VIII
Perché sorrido con occhi lenti
di malinconia? Perché non
grido
mai vittoria né canto a voce
spiegata?
Non è gioco d’azzardo la vita
o rincorrersi di bimbi a
nascondino,
è casa che va costruita a regola
d’arte
pur nell’incerta furia dei venti.
La sentinella è all’erta e
scruta
lontano a prevenire
l’accadimento,
a ricucire qualche falla.
Nessuna
resa e nessuna fede
incondizionata.
Ma forse tra mille spini
inattesa
spunterà una rosa che
nell’anima
profumi oltre la breve giornata.
MIOPIA
Spesso tutto è perduto
dentro inafferrabile fumo
pallido d’identità. Non ha carezze
l’aria né la luce i suoi colori.
La vista è piccolo fiammifero
che qua e là s’accende a
illuminare
un solo punto nero, il più vicino.
Il tutto (e il meglio) lontano
rimane
chiuso alla nostra comprensività.
Non so più se è asfalto o
prato
quello che appare laggiù dal
balcone
mucchio di sterpi o cespo di rose
strisce di plastica o esili
capelli di salice abbandonati
al sole. Ah la miopia! Ma se
inforco
gli occhiali un calore
è serpe sotto la pelle
novello flusso penetra nel sangue.
Torna nel cielo l’arcobaleno.
L’orizzonte apre monti e case
variopinte con gente seminata
lungo strade e campagne
nell’abbraccio d’uno sguardo.
La distanza si accorcia. Ecco
il fiammifero è una torcia.
LUCANIA FERITA
E’ bastato un sisma a strapparti
il cuore.
Senza veli il corpo apre
una debole nudità
le piaghe sotto il sole allo
scoperto.
I mass-media mobilitati
ti hanno frugata e reinventata:
ora sai di esistere.
Un fremito di rabbia ti percorse
i giorni della paura
un guizzo emerso dall’abisso
il tuo riscatto
ma il pallone presto si
sgonfia
e il sonno riavvolge uomini e cose
come sempre nella tua storia.
Torna il buio a stendere
ali di dimenticanza.
Torna la polvere dell’ignoranza.
L’arida coscienza s’impantana
in nere trame di sudditanza
o nell’attesa di dei ex machina.
Porta la terra fiori e sterpi,
fringuelli e corvi il cielo.
Archiviato il caso terremoto
le macerie sono musei di
archeologia
infrastrutture decollo
ricostruzione
parole démodées.
Non oggi ti sei ferita, Lucania.
Antico il tuo male è nato con te
col popolo tuo coniglio-agnello.
Cemento e ferro no
solo qualche rinascita di tutta la
razza
forse lo cancella.
da
Radici e ali, Lecce, Manni,
2006, pp. 93
RADICI E
ALI
Segno tangibile
di appartenenza
resta la cadenza
apulo-lucana
l’affiorare istintivo
di proverbi
e lessemi dialettali
per scolpire
sentenze o ravvivare
emozioni
la visione
ricorrente di campi
di grano colline ondulate armenti
ma anche la voglia
di volare
oltre la fitta
barriera dei monti
squarciando il velo
della conoscenza
sperimentare la
varietà delle razze
(delle coscienze e
dei comportamenti)
far breccia nel
determinismo del moto
universale aprendo
spiragli.
NITRIRE DI PULEDRI
VOLANTI
Nitrire di
puledri volanti visti
dalla tua mente (in
questo mondo
oggi ti riconosci
che sfinita giaci
supina
attorniata da volti
vaganti)
aggirarsi di
monachicchi burloni
nella camera
dilatata
che è ruscello ove persici
guizzano
d’estate tra barbi
e capitoni
o vasto campo di
stoppie con quaglie
e scriccioli a
beccare chicchi di grano.
Ti urta il fare
sardonico o il doppio
annuire di parenti
e badanti
per ossequio
all’età veneranda.
Ancora scacci i
tacchini dall’aia
setacci farina impasti
pane
o hai visite mute
di antenati
e vecchi conoscenti
piazzati
al centro della
stanza e allora
su tovaglia che sa di lavanda
disponi vivande per
tutti.
Seduto accanto
al letto mi basta
ascoltare con
rispetto filiale
mentre tessi
pensieri a voce chiara.
Spalanca la finestra e vede
Spalanca la finestra e vede
il sereno dopo lo
scombussolamento
nero degli elementi.
Scrosciare fitto e
dirotto per ore
con turbinio di
foglie sotto i platani
sui marciapiedi e
per la scalinata
che mena al
belvedere
poi la pioggia sottile armoniosa
a raschiare quel
sudicio incrostato
i sedimenti umani.
Lavati i davanzali e
il terrazzino
brillano purificati
al sole che li
leviga con le sue mani
il viola delle
petunie impregna l’aria
e tutto torna lindo
primigenio.
Ove tutto è predisposto
Ove tutto è
predisposto
(il tavolo e le sedie
al loro posto
il tappeto disteso il
letto rifatto
i quadri appesi le
piastrelle lucenti
l’acqua cambiata nel
vaso dei gigli)
è lì che attende
impaziente
balza in piedi va
alla finestra
tende
l’orecchio al minimo brusio
a un probabile
calpestio.
(Ecco improvviso
alito di vento
accelerazione brusca
di motorino
sbattere sordo di
qualche uscio
che rompe
l’immobilità del giardino).
Pendono maturi i
frutti dal nespolo
vi sosta una coppia
di storni.
Arriverà dal viale il
fascio di luce
e colori. Arriverà…
Già trabocca
la stanza. Cadono i
muri. S’aprono
gli occhi al vasto
orizzonte.
L’ARNO DAL PONTE DI MEZZO
Per mezza
toscana si spazia
un fiumicel che nasce in Falterona
e cento miglia di corso
nol sazia…
DANTE, Purgatorio, XIV, 16-18
Passa lenta la fiumana
sotto il ponte
grigiogialla di mota
e sterpaglie
di scorie confluite
qua e là e liquami
il superfluo di
questa civiltà.
Alle spalle per
sempre il Falterona
imbiancato e i prati
del Casentino.
Più affannoso gli si
fa il respiro
vischioso di
variegati intrugli
ma il Tirreno è a due
passi
e l’Arno freme impaziente
perché già sente
vicino il salmastro.
Sulle banchine e
sulle spallette
stormi
di colombi e gabbiani
prendono
il sole
novembrino
un airone cinerino
plana
ampio
e rapido dispare
oltre i tetti
e la nutria regale
sfila portata
dalla corrente sotto
occhi
spalancati
di ragazzini
incollati
ai parapetti.
Ecco ormai si
intravede la foce
ove l’acqua si
rituffa nel mare
si riscuote nuotando
e si scioglie
tra sciacqui e
tenerezze e nel fondo
adagiata sui
sassi
purificata
la leggerezza ritrova
la
sua voce
i sapori dell’antica
sorgiva.
Non
il merlo che chioccola
Non il merlo
familiare che chioccola
e staziona quaggiù
fra gli sprocchi
della siepe e la
prossima boscaglia.
Non il gabbiano
stridulo che voli
intreccia su esigue
lingue di mare
che nella discarica
aperta
va a saziare la fame
e immondo
torna a occupare gli
scogli.
Ma l’aquila regina
irraggiungibile
che sulla vetta
aspetta il chiarore
e festosa grida
librandosi in alto
fissa imperterrita i
raggi infocati
e s’illumina si
inebria
e sfinita appagata
rientra a casa
sulla rupe ove altre
escursioni
progetta più vicine
al sole.
Ora che siamo qui, apriamo quanto
Ora che siamo qui,
apriamo quanto
è in noi senza limiti
di mete,
senza remore. Per me
starti accanto
è garanzia
di raggiunta quiete,
o bianca nuvola
aerea, canto
di sirena che appaga
questa sete,
calice di rugiada
dove schianto
di emozioni ci stringe in una rete.
Se altro saremo
(soffio d’aria fiato
pulviscolo) come
ritrovare
i tuoi occhi lucenti,
il tuo respiro,
le tue mani? Il tempo
che ci è dato
(lungo che sia) è
appena un sospiro
inutile nell’infinito
mare.
dalle poesie inedite:
Avvenimenti pensieri
Avvenimenti pensieri
immaginazioni senza tempo
fluiscono
e si perdono. Li raccoglie
la memoria in sequenze ordinate
fantasmi incarnati che appaiono
e scompaiono nella nostra giornata
ed è la vita.
A dare un senso alla volontà di
esistere
spunta l’occasione che dalla
nebbia
incosciente riporta alla luce
al suo disvelamento una persona
cara un gesto un evento.
Ritorna l’energia istintivamente
la certezza rinasce.
Alberi intrecciati rigogliosi
Alberi intrecciati rigogliosi
di linfa a sfidare il cielo
o due rivoli d’acqua sorgiva
distesi sul letto del fiume verso
mete da scoprire?
Mano nella mano incontro al sole
a piedi nudi leggeri quasi
farfalle assetate di luce?
Ma s’è fatto tardi ormai
sui nostri volti scende la sera.
Stabilimenti in smobilitazione ma
Stabilimenti in smobilitazione ma
qualche ombrellone aperto resiste
all’incalzare dell’autunno.
Lo sciabordio cadenzato dell’onda
nell’ultimo scorcio d’estate
sfonda i timpani e porta
una voce martellante di mare
confusa assordante
forse con insistite richieste
d’aiuto
e lamenti di vita o oscure
visioni e moniti indecifrabili
per pochi bagnanti distratti
tesi a cogliere i frutti
residui del sole e dell’acqua.
Scricchiolano al calpestio
Scricchiolano al calpestio
le foglie secche della memoria
che seleziona e spazza via
inesorabile
e il vento le ghermisce e le
disperde.
Ma lungo il sentiero angusto
e tortuoso quel loro fruscio
quasi aspra melodia
permane nell’orecchio e la mente
ostinata
tenta ancora di annodare i fili.
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