La prima cosa che colpisce di questa intervista è il linguaggio. E’ la
parola. E’ sconcertante la facilità con cui Balestriere trasmette contenuti
estetico-letterari di una certa valenza propositiva. Dimostra di possedere una
ricchezza verbale talmente calzante e personale da invitare ad una rilettura,
tanto è il fascino che ne emana. Il tutto è frutto, certamente, di una ricerca
assidua e puntigliosa che il Nostro effettua nel campo della poesia: una poesia
senza confini fra lirica, civile, epica, o mitologica, perché tutto scaturisce
da un sentire intenso e partecipativo che si fa valore aggiunto nella sua
produzione e che rende ogni argomento Arte, e basta!, solo e soltanto Arte. E Balestriere è uno dei poeti più validi in campo nazionale. Lo dimostrano gli
innumerevoli ed importanti Premi vinti. Le sue opere sono zeppe di motivazioni
umane controllate da un dire classicamente equilibrato ed avvincente per la
verniciatura di nuovo che sa dare loro: risultato di una lunga storia
culturale. E come non concordare con le sue idee sulla editoria, sulle
commissioni dei Premi Letterari, sulla poesia lirica e d’impegno. Scaturiscono,
i suoi convincimenti, oltre che dall’animo del poeta, dal Balestriere uomo,
persona. Generoso, ama la terra e non per modo di dire, o con accezione
panico-idilliaca, la ama coltivandola, zuppandola di sudore. E la sua fatica si
traduce agilmente in poema di grande fattura umana ed ultra/umana. Sa andare
alle radici dell’umanità e da là ripartire per costruire la sua storia che
porta sulle spalle il peso di tutti noi, tanto è oggettivo il suo messaggio. Una persona schietta, sincera,
capace di amare gli amici come pochi altri, ma anche di lottare per le proprie
idee con interventi critici, propositivi, e costruttivi, al bisogno. E in
questa intervista vi è tutta la sua schiettezza: "pane al pane vino al vino", si
dice in Toscana. Non so se anche nelle altri parti d’Italia.
Qui la sua poetica:
"Per gli antichi il poeta era un “sacerdos Musarum”, con tutta la
sacralità che ne discende. A me basta che il poeta sia veramente tale, perché
la poesia è arte seria (anzi severa), ma bella e vera. E merita rispetto,
sicché non ha certo bisogno né di mestieranti né di improvvisatori.
Quanto a me, non riesco a rimanere indifferente di fronte al male della vita, alla precarietà della condizione umana, alla fugacità del tempo e alla caducità delle cose. Percepisco la vita come un momento di passaggio destinato a risolversi oltre le categorie di spazio e tempo, in un’immensità senza confini.
Quanto a me, non riesco a rimanere indifferente di fronte al male della vita, alla precarietà della condizione umana, alla fugacità del tempo e alla caducità delle cose. Percepisco la vita come un momento di passaggio destinato a risolversi oltre le categorie di spazio e tempo, in un’immensità senza confini.
Salvo -magari- eventuali
orfiche rinascite."
Qui la sua
schiettezza:
"Quanto agli innumerevoli premi letterari sparsi sul suolo italico, dopo aver premesso che io ne sono discreto frequentatore, mi sento di confermare che sono davvero troppi (diverse migliaia!); e di aggiungere che spesso sono inadeguati per una serie di motivi, primo fra tutti la composizione delle commissioni giudicatrici in cui abbondano individui di dubbia competenza o che addirittura non sanno distinguere un rigo da un verso; poi la dotazione economica, spesso assolutamente inadeguata o inesistente: non si può pretendere che un autore si sposti dalla Sicilia per andare a ritirare una targa, poniamo, in Toscana, in Emilia o in Lombardia, senza alcuna copertura finanziaria..."
Qui la sua cultura
e la sua filosofia:
"L’ultima domanda mi riporta alle contrapposizioni della filosofia idealistica tra l’io e il non-io, tra lo spirito e la materia o al dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa. Il fatto certo è che la realtà è termine necessario di confronto per il mondo interiore di un individuo che non intenda chiudersi alla vita circostante; ma è anche un limite e spesso un ostacolo da superare o addirittura insuperabile, come dimostrano le opere di Svevo e Pirandello."
Insomma direi
tutto: l’uomo, il poeta, il professore, perché no, quel professore che con un
contatto di anni ed anni coi suoi ragazzi, ha continuamente rinnovato,
rinnovandosi, quel seme innato che è in lui di generosità e di poiein.
E noi ti
ringraziamo Pasquale.
Nazario Pardini
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