Carissime amiche e
carissimi amici,
ancora una volta in
questa fine danno
vorrei rivolgermi alle anime affaticate e oppresse di tutti noi, vorrei offrire
qualche minuto di conforto alle nostre anime così tanto maltrattate, così
raramente ascoltate a sufficienza, e così spesso invece ignorate del tutto e
tradite. Lo so, stiamo sempre pensando ad altro, siamo sempre impegnati a fare
qualcosa daltro,
siamo quasi sempre distratti (Distracted from distraction by
distraction,
come dice Eliot), per poterci anche solo per un istante fermare a considerare
con la dovuta attenzione la nostra reale condizione di esseri umani. Eppure
questo dominio delleterna
distrazione ci costa caro, in verità, ci costa, ad esempio, la perdita
progressiva di ogni possibile gioia, di qualsiasi autentico entusiasmo. Dovremmo
invece ripartire ogni giorno proprio dalla consapevolezza della nostra
situazione drammatica. La vita umana su questa terra è infatti un dramma. Lo
scriveva limpidamente il grande teologo tedesco Hans Urs von Balthasar: la situazione delluomo nel mondo è drammatica;
quando se la nasconde, il teatro gliela rivelerà. Ci troviamo infatti gettati
in questo mondo con la terribile percezione di unimpotenza radicale, di una
solitudine e di un abbandono irrimediabili, come precisava il
giovane Ratzinger, pregno di risonanze heideggeriane: La solitudine è la
regione dellangoscia,
radicata nella condizione di essere-abbandonato in cui lessere si trova, il quale deve
essere e tuttavia è costretto ad affrontare l’impossibile. Con questa angoscia
nel cuore, con questo rovello continuo che ci dilania lanima, proviamo un po tutti a costruirci una vita
mascherando l’abisso che ci risucchia: quasi tutto il mondo
pubblico, perciò, ed in particolare il mondo dello spettacolo, in cui oggi la
realtà umana sembra completamente assorbita e rappresentata, non è che una
patetica commedia, come intuiva molto bene Shakespeare, un varietà più o meno
sconcio che tenta invano di nascondere unangoscia senza confini. Basta
osservare daltronde
con una certa attenzione le facce della maggior parte di questi commedianti:
comici o politici che siano, ballerine o scrittori, sapienti o giornalisti o
figuranti vari, per vedere la disperazione e la rabbia e lodio e la paura, mischiate a
penose ambizioni e a brame tanto confuse quanto divoranti, che trasudano da
ogni poro della loro pelle, sciogliendo malamente gli spessi e grotteschi
ceroni di scena.
Non si scappa però
allinferno
della angoscia intensificando il carnevale delle maschere, né prolungando allinfinito i bagordi del martedì
grasso.
Questo lo dovremo
prima o poi capire tutti, volenti o nolenti, in questo finale di partita, in
questi sgoccioli di civiltà consumistica e appunto dello spettacolo, in questo
sfinito tramonto occidentale. L’angoscia del nulla bisogna invece
attraversarla, se vogliamo scioglierne i ceppi che ci incatenano: riconoscerla,
attraversarla, sopportarla, e farci molto bene i conti tutti i giorni. Perciò Gesù discese
agli Inferi. Il problema delluomo, lunico vero dilemma è questo: cosa
cè
al fondo del (mio) essere? Cè solamente il nulla del mio annientamento e la
solitudine angosciosa del mio perdermi in esso? Allora la vita è per davvero un
penosissimo spettacolo allestito sullinferno malcelato della
disperazione universale? Oppure nellabisso dellabisso, più giù del mio stesso
concetto del nulla e di ogni nichilismo di maniera, si apre qualcosa di altro? Cristo,
ci dice il Credo, è disceso nellinferno della nostra disperazione
e della nostra morte per sfondarlo una volta per sempre e aprirlo alla luce del
Cielo, per cui se scendiamo con lui in quellabisso spalancato, senza fuggirne
più lamarezza,
e senza neppure costruirci sopra altre maschere di attacco/difesa o vie di
fuga, possiamo ormai incontrare, proprio perdendoci e morendo e dissolvendoci
in esso, unesperienza
di puro amore, e cioè di senso compiuto: possiamo fare esperienza che al fondo
del (nostro) essere non cè
il vuoto divorante, ma cè
un volto, una persona, una relazione viva, una mano forte e sicura che ci strappa
via dalla nostra solitudine e dal nostro abbandono mortali, un Essere
Divino/Umano insomma, infinitamente sapiente e buono, a cui affidarci. Ma è
vero tutto questo? E
davvero possibile trovare lo sbocco, la risoluzione dellangoscia primaria che attanaglia
ogni uomo proprio nellabisso
della morte, che tanto ci terrorizza, in questo Battesimo per immersione? Direi
che comunque varrebbe la pena provarci
dato che non ci sono alternative
soddisfacenti. E dovremmo anzi provarci proprio adesso, perché il
tempo dei rinvii è ormai scaduto per tutti, il tempo delle mezzadrie, delle
mezze misure è finito: non cè più spiaggia tra loceano e le rocce a picco sul
mare, come diceva Rilke.
O si nuota verso il
largo o si muore. Questo è il tempo cioè delle scelte definitive, sia a livello
personale che a livello storico-collettivo, tra la menzogna palesemente omicida
e una nuova stagione di ricerca spirituale, radicale, iniziatica, seria,
atta a trasformare anche le strutture (economiche, politiche, e culturali) di
questo mondo, dominato ormai in forma totalitaria da piccole cerchie di
oligarchi crudeli, pronti a distruggere perfino la terra per perseguire i
propri guadagni: In
questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici,
qualunque cosa che sia fragile, come lambiente, rimane indifesa
rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta(Papa Francesco). Io sono
cristiano perché la fede cristiana non inganna e non illude. Gesù ci dice che
la vita umana è e resta un dramma su questa terra, fino alla fine, un
combattimento allultimo
sangue, e che chi ti dice il contrario sta solo barando e in qualche modo ti
vuole fregare Gesù non maschera l’infinita tristezza che abita il cuore dell’uomo,
condannato a morte, accerchiato da mille pericoli e nemici, e nello stesso
tempo bramoso di felicità eterna e mendicante di un goccio di amore. Gesù
non maschera neppure la propria tristezza: La mia anima è triste fino alla
morte
(Matteo 26,38). Ma ci dice che questa tristezza può essere sanata se ci
abbandoniamo fino in fondo e con fiducia nellabisso del nostro cuore, e
proprio lì, del tutto indifesi, ci lasciamo incontrare e abbracciare da
Qualcuno che ci salva, da una parola, da una voce che risponde al nostro grido
di aiuto, e allora, soltanto allora, nellevidenza di quellincontro, possiamo esultare anche
noi: Sì, è vero! non siamo soli in questo mondo, in nome di Dio! Cè Qualcuno in fondo alla mia
disperazione! E mi risponde! Beati perciò non sono i beoti, gli allegrotti, gli
ottimisti, i benpensanti, o i buontemponi, sempre (ipocrita-mente) felici, e sordi al grido delle vittime,
ma proprio gli afflitti, ma non in quanto sono eternamente infelici, bensì
perché saranno consolati, liberati dalla loro terribile e
giustificatissima afflizione, toccati da Qualcuno che può per davvero
rovesciare la loro condizione avversa!
Siamo cioè beati proprio
noi, quando viviamo la nostra afflizione senza perdere la speranza della
consolazione, e così possiamo riconoscere in mezzo al nostro mondo di morte
il volto dellamore
eterno che vince la morte, e in esso il mondo nuovo, diverso: il mondo di Colui
che viene
(J. Ratzinger). Cristo discese agli
inferi, affinché potessimo trovarlo anche lì, pronto a tirarci su, a ridarci la
vita. Solo se in quel buco di annientamento, che ci portiamo tutti dentro,
troviamo Qualcuno che ci vuole bene e che ci accoglie, la nostra vita può
realmente ricominciare in altro modo, e questo mondo di menzogne e di
ciarlatani può essere vinto senza compromessi o ripensamenti. La
nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore, dice ancora Papa Francesco nellEsortazione Evangelii
gaudium (n. 265). La lotta è senza
quartieri, però, giorno e notte, tra la nostra tristezza abissale e il nostro
bisogno straziante di amore, tra il non senso glaciale e paralizzante e il
calore del significato, tra la mascherata di questo mondo e il germoglio della
vita nuova, tra i miasmi della fine e il profumo darance dellAvvento, di Colui che viene a
salvarci: Buon Natale, perciò, fratelli! Consacriamo le nostre vite a questa
Nascita! Meglio la follia di Dio che la furbizia dei tanti stoltissimi e ciechi Masters
of the universe, condannati allannientamento da san Paolo fino a
Krugman
Dobbiamo
attrezzarci molto meglio però per questa battaglia finale, dobbiamo
perfezionare i nostri strumenti di lavoro interiore e di lotta culturale e
politica, in quanto, come dice ancora Papa Francesco: Una individuazione dei fini senza
unadeguata
ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera
fantasia
(n. 33). E di discorsi retorici e fantasiosi, di tanti bei progetti privi di
metodi efficaci per realizzarli, siamo per davvero stanchi, e non solo in
ambito politico, ma anche in ambito ecclesiale. Desidero perciò in questa
chiave di ricerca di metodi concreti di liberazione interiore, chiave che daltronde ispira tutto il lavoro
dei Gruppi Darsi
pace (www.darsipace.it), proporvi come Nuova
Visione nel mio sito www.marcoguzzi.it il
testo, pubblicato di recente nella Rivista della Conferenza Italiana dei
Superiori Maggiori Religiosi
in Italia:
Alla
ricerca del continente della gioia
Passi, passaggi,
pratiche, e grazie
Vi segnalo inoltre
che sabato 28 dicembre, alle ore 9.30, su Radio Tre, interverrò alla puntata di
Uomini e profeti, condotta da Irene Santori, sul tema:
Guarigioni
Grazie, carissimi,
della vostra costante e fraterna vicinanza spirituale, e tanti affettuosi
auguri di vivere un Natale felice, ma forse anche un po triste. Vi auguro e mi auguro di
vivere un Natale pregno della soavità e a volte dellamarezza dei nostri giorni
terreni, un Natale reale cioè, umano e divino, come quello
vero, quello di Cristo, che visse la sua nascita nella fuga e nella
persecuzione, nel pericolo e nel più totale misconoscimento, tutto illuminato
però dalla Gloria di Dio. Vi auguro un Natale di sentimenti forti e veri,
fratelli, perché è solo un cuore afflitto e appassionato quello che
piangendo e implorando, gridando e lodando, può imparare ad amare sul serio, a
gioire sul serio, e a sperare sul serio la cosa più inaudita, che cioè Dio stesso
ci stia salvando ADESSO, proprio ADESSO da questa morte che tutto annienta. Lasciamo
il resto, carissimi, lasciamo il chiasso festoso dei centri commerciali, lallegria di plastica dei
panettoni, delle babbe(e)natale, dei babb(e)inatale, e degli slogans tipo
a
natale si può, buono, buono, fate i buoni e via così nauseando, lasciamo loffesa acustica e visiva di
questi giorni ingloriosi, la gioia tutta cosmetica degli ipocriti, la retorica
sdolcinata dei talk shows e dei TG e di troppi discorsi pii, devoti e religiosi, agli adepti del natale della
Bestia, celebrato al meglio nello spot pubblicitario di Vodafone e in miriadi
di altri riti più o meno blasfemi. Noi restiamo rasoterra, in attesa e in
silenzio, felicemente afflitti, diseredati e maledetti come i pastori, folli e
veggenti come i Magi, pieni di vita e incantati come bambini nascenti e come
madri ingravidate che cantano, che sognano e che cantano, innamorate e pazze, semplice-mente
gonfie di futuro.
Marco Guzzi
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