Elpidio
Jenco
Nacque
a Capodrise (Caserta) nel 1893 e morì a Viareggio nel 1959. La sua attività
letteraria ebbe inizi precoci. Studente universitario faceva parte del gruppo
della Diana che annoverava fra i suoi collaboratori poeti
come Ungaretti, Onofri, Valeri, Titta Rosa, Fiumi, e collaborò alla rivista
italo-giapponese Sakurà. Il primo volume in versi Poemi della primalba, fu pubblicato a Napoli nel 1918; seguirono Acquemarine, Cenere Azzurra, Essenze.
Vinse il Premio di poesia promosso dalla Città di Chianciano col volume La
vigna rossa. Studiò e tradusse liriche giapponesi. La raccolta Marsilvana fu pubblicata postuma nel
1960.
Nelle
ultime composizioni, ha scritto Giulio Cogni, Jenco “ha voluto affrancarsi
dalle forme classiche e dalle rime, a cui prima era fedele; concentrarsi in
scorci sintetici che rasentano l‘ermetico. Ne è derivata, così, talvolta una
minore musicalità e spontaneità, ma anche una maggiore immediatezza,
concentrazioni visive e sensitive, veramente
magiche, istantanee, depurate da ogni allargamento caro alla poetica
classica”.
Febbraio
Io son te, ciuffo pallido,
che
al vento ti porgi dal ciglio del muro,
e
col mio chiuso tremito aspetti
che
sfiondi
come
la rondine prima
la
primavera del mare.
Leggo con interesse la poesia di Elpidio Jenco (1893-1959) Febbraio, autore di cui poco conosco, se non vagamente, come di un napoletano trapiantato in Versilia, tra i fondatori, con altri amici del Premio Viareggio ….
RispondiEliminaEppure la sua è una poesia che può far presa, a suo modo essenziale, pura, autonoma, espressa con uno stile limpido (scopro che ha imparato la lezione dell'haiku giapponese,che ritrovo poi con la sintesi di pensiero e d'immagine che è tipica del genere, nella poesia Maggio), lontana ma non inconsapevole da ogni forma di ermetismo. Cultura attenta e consapevole, dunque.
MAGGIO
Questa notte di lucciole,
pei silenzi odorosi
del fieno e del grano,
sanno di fresco di luna
le rugiade sull'erba (da "Essenze", 1933)
Quel suo mese, Febbraio, è un poco autoritratto, Il son te, ciuffo pallido…
giocato nell’immedesimazione con la natura, non decorativo né impressionistico.
Sotto la traccia delle cose sorprende il lumeggiare nascosto della bellezza, la pacata attesa, il senso di libertà e dell’infinito.
Le sue immagini sono semplici, raffinate, musicali. C’è ricerca, concentrata sul suono della parola e sul colore
Vive la consapevolezza tutta novecentesca della fatale caducità di tutte le cose, della solitudine, della nostalgia lacerante. Trasforma la disperazione in pacata rassegnazione per il destino umano.
Un autore da riscoprire.
M. Grazia Ferraris
Congedo
Mi libero negli spazi
da questo grumo di argilla pesa,
e mi sento affiorare
alla superficie dell'infinito,
come una polla d'acqua
che salga dalle radici
del mare.