Poesia nuova, fresca, originale; poesia che lavora
sul verbo, sui suoi nessi, sulle rocambolesche connessioni significanti, sulle
invenzioni stilistiche, per farsi corpo di un sentire ontologicamente espanso. L’essere,
il diario di bordo, le tempeste, le sirene, le presenze, i frangimenti, il
lievito del tempo, i ritagli di solitudine; “Donne ho letto. Ricci ho pescato e
passioni”. Un excursus vitale denso di metaforicità: nostos, e nostoi; essere,
esistere. Vita e tentativi di fuga da un mondo che ci vuole costretti a spazi
ristretti di un soggiorno. E forse la vita non è tutto questo? non è dolore,
illusione, delusione, sogno, memoriale, amore, viaggio, fuga? E Anna fa di
tutti questi subbugli esistenziali un mélange da donare alle vertigini del
canto. E lo fa affidandosi alle paniche parvenze, ai reali contorni, ai
semplici condimenti per renderlo più visivo; più concreto:
…Ti scrivono
magre feste imperfette,
mela cotogna,
vinsanto, polenta,
il dolce
zibaldone d’autunno;
solo l’autunno
che conosci,
l’autunno in
gola e nelle mani,
l’Avvento
imbastitore di promesse…
Promesse mancate; autunni che tanto somigliano alle
sottrazioni della vita. Memoriale che tanto sa di sconfitta di fronte a un
tempo che imperterrito corre a scapito dei nostri affetti: precarietà,
fugacità, inconsistenza. Finché l’amore tutto vince in una ricetta di ironica
saggezza; in un aereo altare per chi si nasconde o per chi manca:
Aggiungo una
goccia di guazza,
un grano di
giubilo croccante,
un peperoncino
di batticuore:
oggi e per
sempre aroma di manna,
canto a voce
spiegata
aereo altare
d’amore
a chi si
nasconde, a chi manca.
Nazario Pardini
Il libro dell’essere
Nel
rompicapo di questo mondo,
scrive
ogni vivente il diario di bordo
sopra
tempeste innamorate
sopra
scogli sirene specchi
supreme
presenze o frangimenti.
Nello
scranno della notte
nella
timida canoa dell’aurora,
o
sulla cresta del mezzogiorno
scrive
chi non sa e scrive
anche
chi vi si sottrae.
Scrive
mischiando fin dal principio
sambuco
e biancospino,
alberi
del pane e del pepe,
lombrichi
e millepiedi,
ciclamini,
volpi e topolini.
Scrive
camaleonti e coccinelle,
pilucchi
di gechi, iguane, giaguari.
Scrive
assaggi di fiori di cacao
conditi
d’asparagi e pappagalli,
licheni,
liane, balene e cervi volanti.
In
impasti e dosi diverse
stanno
acquattati tutti
sopra
e sotto le righe
tra
un accapo e un punto esclamativo,
tra
un’innocua virgola e un sospiro.
Leggete
ad alta o a bassa voce
nei
volti tralucenti
il
libro dell’essere umano.
Leggete
le sillabe strozzate
le
lettere non spedite.
Leggete
i silenzi, le invettive,
i
canti, le cadute, i passi.
Svelate
i codici cifrati.
Badate
alle cesure. Scrutate
gli
spazi bianchi, i titoli mancanti.
E
viva di tracce nasce una terra
e
scioglie i molti suoi rami
una
selva materna,
con
i mille graffiti e i giullari
che
vi sonnecchiano sepolti.
Adriana è il nome che ho portato
Di
burchi e bragozzi i miei primi giorni,
di
pescate riuscite e altri ritorni,
di
calafati, calli e detti in dialetto,
capitelli
votivi e ghirlande,
di
capricci di seppie in spezie di mare,
svelti
rosari di vele al vento.
Che
lungo momento ho sposato.
Il dolore
ha chiesto la mia mano.
Ho
detto di no ho detto di sì.
S’è
fatto ruscello gonfio e sincero.
Ho
asciugato rive di lacrime
antiche
e ne ho fatto un ricamo.
Non
ho smesso la cerca del guado.
Che
lungo momento ho sposato.
Il
lievito del tempo m’ha fatto filo
in
dialogo, ogni incontro ho cucito:
fatica
e festa all’incrocio dei volti,
ritagli
di solitudine mischiati
a
cascate di inanellati ascolti.
Donne
ho letto. Ricci ho pescato e passioni.
Che
lungo momento ho sposato.
Madre
Ti
scrivono, madre, bruni cipressi
vigne
a lampi d’amaranto,
castagni
in scoppi di zafferano,
cieli
opalini a lutto d’uccelli,
il
saltarello al suon dell’organetto
nelle
notti sacre ai lupi, alle nevi.
Sulle
elitre delle coccinelle
minimi
miraggi latenti.
Ti
scrivono dalla tua casa accesa
sopra
la signoria dei tempi
le
profetesse delle veglie
tra
morti idiomi e incantamenti
molto
taciuti e molto amati
serrati
da siepaglie di segreti.
Sulle
elitre delle coccinelle
parole
discordanti.
Ti
scrivono magre feste imperfette,
mela
cotogna, vinsanto, polenta,
il
dolce zibaldone d’autunno;
solo
l’autunno che conosci,
l’autunno
in gola e nelle mani,
l’Avvento
imbastitore di promesse.
Sulle
elitre delle coccinelle
disfatte
in un amen tutte le albe attese.
In questa casa di vinco e di paglia
In questa casa di vinco e di paglia
- addio, arsura, distesa assonanza -
in questa casa castello di carta
- bonaccia rara, fiumana, mareggiata -
in questa casa di gramigna e erba spagna
- tombolo,scoglio, pozza, capezzagna -
in questa casa di fango e frasca
- brivido, bora, maestrale -
in questa casa asilo di sabbia
a strapiombo sul mare
ammattonato anni sessanta
pignatte piatti bicchieri posate
spaiati
forestieri,
si pranza? Si cena anche?
Qui ogni giorno ha il suo baco,
la sua girandola, il cervo volante.
Qui si schiude la spiga e il seme
si sgrana in parola che oscilla, balza,
fa festa, folleggia, fa eco al silenzio,
s’acquieta, volteggia e s’infratta,
si rannicchia da gatta sulla riga,
s’annoia, si stira, sbadiglia,
azzittisce una zeta, si finge una esse,
si azzuffa con una emme zelante,
corteggia una elle, acerba scheggia di verde,
accresce l’alfabeto, sottrae il senno.
Squadro il rompicapo e non mi raccapezzo.
Impasto allora cuori chiari
di parola in latte e uova,
un’intima sintassi in insalata,
un’asciutta fetta di crusca
senza lievito d’articolo, di verbo,
un liscio guscio di tartaruga,
un rebus di sillabe senza paura.
Aggiungo una goccia di guazza,
un grano di giubilo croccante,
un peperoncino di batticuore:
oggi e per sempre aroma di manna,
canto a voce spiegata
aereo altare d’amore
a chi si nasconde, a chi manca
Annamaria Pambianchi alla attività di docente ha affiancato la ricerca storica nell’Archivio Comunale di
Chioggia, nell’Archivio della Curia Vescovile e nell’Archivio di Stato di
Venezia.
Tra i saggi
storici pubblicati vi sono:
1) “Un processo per violenza carnale”
analisi di un procedimento giudiziario intentato a Chioggia nel 1712 che vede
fronteggiarsi sul tema del matrimonio ‘riparatore’ due potenti clan familiari;
2) “Giacomina
e Pietro Andrea” esame di un matrimonio segreto e dei principali aspetti della vita privata a
Chioggia sul finire del ‘600;
3) “La
memoria disattesa – Itinerario di voci e immagini femminili” raccolta
di testimonianze orali della vita delle donne chioggiotte nel Novecento
attraverso i nodi cruciali del vissuto. Il testo associa alle testimonianze una preziosa
documentazione fotografica d’epoca attinta dagli album di famiglia.
Ha scritto i testi
del volume “Chioggia tra le acque – Immagini
fotografiche tra fine Ottocento e metà
Novecento” a cura di G. Scarpa.
Su“Chioggia
- Rivista di studi e ricerche”
sono apparsi i seguenti
articoli:
1) Momenti di vita quotidiana a Chioggia – Aspetti della devianza
sociale nei sec. XVI e XVII”
2)
“Chioggia
nella storia: esempio di approccio interdisciplinare”.
3)
“La
figura del medico a Chioggia dalla nascita dello stato unitario alla vigilia
della prima guerra mondiale”.
Ha scritto
numerosi testi di poesia molti dei quali apparsi in antologie di premi
letterari.
Finalista in molti concorsi, ha vinto, tra gli
altri, nel 2007 la XXIV Edizione del premio Cesare Pavese per la poesia
inedita, nel 2009 il premio Città di Chioggia, nel 2013 il premio
Pennacalamaio, nel 2015 il premio speciale della giuria del premio S.
Domenichino.
Ha pubblicato nel 2008 “Sull’orlo
del mondo”, una raccolta di testi
presso l’editore Lietocolle. Ha tenuto dei reading nella biblioteca civica Sabbadino di Chioggia, nelle scuole
ed in altri luoghi di ritrovo della città. Nel 2013 nuovi testi
compaiono nella plaquette dal titolo Spigolando parole (Ed. Zacem).
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