Aurora De Luca, collaboratrice di Lèucade |
Roberto De Luca |
Aurora
De Luca su DARK – Roberto De Luca – Editrice L’Erudita […]
Si
posso recepire delle sensazioni mai avute prima e, in base ad esse, cambiare il
modo di vedere la vita. Ciò può anche essere pericoloso, può sfuggire di mano
[…] Questa è una parte dell’incipit del primo racconto eponimo, DARK. I
racconti sono in tutto undici, undici storie, undici visioni apparentemente
l’una sciolta dall’altra, apparentemente…
se non fosse che, in effetti, un tema di fondo esiste: ed è un continuo
domandare. I protagonisti, che variano molto gli uni dagli altri per fisionomie
e caratteri – tanto che alcuni sono presentati in terza persona, altri in prima
persona, senza che ciò coinvolga necessariamente la biografia dell’autore –
vivono la vita non per grandi esperienze o seguendo curiosità sui massimi
sistemi, essi sono immersi nel quotidiano gioco del tempo, che scorre nel modo
più imponderabile dentro e fuori di loro. E dunque, si trova qui il fil rouge,
poiché esso è un orizzonte, l’orizzonte unico cui guardano questi undici
racconti: guardano al superamento; il superamento di uno stallo, di una paura,
di una fantasia proibita, di un ricordo tormentoso, il superamento (cito)
«delle incognite del vivere moderno [le quali sono] il risultato della
corruzione dei costumi e dei pensieri, il concentrato fisico degli abissi
presenti nella società. […] (– che vuol dire nero –) prov[iene] dall’esterno e
piov[e] sul mondo inzaccherandolo tutto […]» - Dark, p.8.
Si
tratta quindi di un ventaglio di occhi che guardano alle comuni cose
giornaliere, a quei fatti che formiamo stando insieme, alzandoci ogni mattina
come in un loop, che in informatica significa: successione reiterata di
istruzioni compiuta nell'elaborazione, fino al conseguimento dei risultati
prefissati. D’un tratto i protagonisti si accorgono, pur per moti diversi,
(cito) che «le loro vite avevano bisogno di essere smontate e rimontate». Vi è
superamento anche in Madame Écriture, il secondo dei racconti; qui la donna
fisica si sovrappone spesso alla ‘donna-scrittura’, fino a non distinguerle
più: (cito) «Nell’infinità della notte mi apparve davanti la sua figura
statuaria, che si stagliava limpida e ingioiellata nel buio luminescente.
Sembrava una musa, con il vestito di seta blu oltremare e i capelli neri e
lucenti […]» – Madame Écriture, p.16. Madame è una donna misteriosa, eterea eppure
tangibile, che l’io del protagonista, di cui non abbiamo nome, tenta di sedurre
e accattivare riuscendoci alle volte, vedendola sfuggire in altre: «[…] la mia
dolce compagna spariva dalla mia vita per una decina di giorni poi si faceva
risentire o, più spesso, ero io che l’andavo a cercare […]». Madame è una donna
passionale, che vuole rapporti di carne estremamente coinvolgenti ma che,
subito dopo, scaccia il suo amante, che è un uomo estremamente coinvolto, che
sa d’essere soggiogato, che vuole reagire e ciò nonostante, immancabilmente,
cede. Madame però, come al solito, si fa trovare. Cos’è che viene superato? Un
tabù? Una paura? (Cito) «Avevo paura che la situazione peggiorasse e che io
venissi inghiottito […]». E quindi cos’è che viene accettato? Dal racconto Una
strana avventura: tre livelli di sbronza, che è il terzo, cito un estratto e lo
lascio sospeso così, nella sua chiarezza e nella sua bellezza: «Quella sera
dimenticarono la loro vita, i loro dubbi, le università, i rami che Fabio
voleva prendere, suo nonno; quell’esperienza aveva scombussolato il loro mondo
e aveva messo tutto in discussione. Sentivano come se il piatto che gli si
presentava davanti composto da pietanze di vario genere a un certo punto fosse
stato lanciato in aria da quella donna e quel che prima era aggregato, a un
tratto si era scomposto in centinaia di piccoli pezzi che ora galleggiavano in
aria». – Una strana avventura: tre livelli di sbronza, p.31. Mostrerò solo un
altro passaggio, in cui il superamento fa click come una molla, per poi
lasciare a voi il piacere di ulteriori scoperte: «Il ciglio della strada sul
quale camminavamo sembrava sprofondare nel pendio sottostante, dove le punte
degli alberi erano all’altezza della strada e le mie scarpe scarlatte
incespicavano velocemente sui sassi, mentre le mie agili caviglie, nella foga
di quel momento, sembravano non voler reggere all’eterno divenire di
quell’attimo. Qualcosa di pazzo era al di sotto della strada e noi dovevamo
stare attenti a non lasciarci inghiottire in quelle fauci verde smeraldo fatte
di intrecci inestricabili di rovi e vitalbe». – Lisergic situation, p.93. A
rendere i racconti emanazione di uno stesso centro, ci sono quei motivi di
fondo che si ripetono, come sonorità reiterate: la declinazione varia di parole
ricorrenti, ‘pensare’, ‘dissertare’ o ‘domandare’; il movimento nei termini di
camminare, viaggiare, andare, tornare – i protagonisti sono tutti ‘instabili’;
la presenza della memoria che riemerge sotto forma di profumi e sensazioni,
ricordi letteralmente rivissuti e studiati, analizzati quali chiave per aprire
il futuro e risolvere gli interrogativi. Il tutto, racconti, motivo centrale e
motivi di fondo, sono narrati con una inalterabile calma, una esposizione
chiara e dettagliata, esplicativa, risolutiva. Spesso l’autore ha bisogno di
spiegarsi dopo un’affermazione, e non perché l’espressione risulti oscura o mal
espressa, ma proprio per sfamare il desiderio di scendere ancora più a fondo
nelle parole che sono il concetto, per aprirlo meglio senza però complicarlo.
Come a voler superare un’ambiguità, a tentare quanto meno. Questo modo di
narrare, sciolto e semplice, si lega al tempo della narrazione, che è un tempo
vario per epoche e ritmi, e che quasi
sempre si accavalla. Prende colorazioni diverse, noir, naif, pank, ma
quasi sempre questo viaggiare nel tempo porta a superare degli ostacoli, dopo
luminose rivelazioni. Dark è dunque un viaggio che punta a superare, è dialoghi
fra più voci (oserei infatti dire che i protagonisti sono per lo più delle voci)
e in fin dei conti un monologo con la propria coscienza, che pone al sé stesso
allo specchio quelle domande per le cui risposte c’è bisogno di superare sé
stessi. «Comunque, che si tratti di altalene, di treni o di scale, la vita e le
sue cose recheranno sempre con loro qualcosa di segreto e insoluto e forse,
alla fine, quelle che più contano sono proprio le esperienze…[…]». Una strana
avventura: tre livelli di sbronza, p.34.
Aurora
De Luca
Grazie caro Nazario, ho letto con piacere DARK e ho cercato di onorare questo libro, proponendo degli spunti di lettura o di visione o di viaggio...
RispondiEliminaGrazie a Roberto che mi ha concesso questa occasione!
Caramente,
Aurora
Ho ascoltato dal vivo la presentazione di "Dark" svolta da Aurora e sono rimasto stupito dalla sua capacità di entrare nell'animo delle storie narrate dall'autore. La lettura del suo testo critico me ne dà ampia conferma e mi congratulo con lei. Approfitto di questo spazio per complimentarmi anche con Roberto, la cui scrittura affascina per essere al tempo stesso realistica e introspettiva. Da un lato l’aspirazione a un traguardo, qualunque esso sia, dall’altro la frustrazione nella realtà ("Dark" appunto) in cui ci si trova. Da qui l’amore per il rischio, per l’avventura, per il viaggio, per il porsi in gioco, per il mettersi alla prova. Si ha l’impressione, alle volte, di ascoltare Vasco Rossi, quando, nel suo canto rauco, afferma: “Voglio una vita piena di guai”. La lotta, dunque, la sfida. Non verso gli altri, ma verso se stessi, per superare le difficoltà dell’esistenza, caricandosi di una fede incrollabile nelle proprie risorse intime, nel proprio progetto di vita. Nel proprio sogno, nella propria poesia. I personaggi di queste storie non credono nelle favole, ma hanno un assoluto bisogno di credere in se stessi, e di crederci al di là di ogni ragionevole aspettativa. Giustamente, allora, Aurora sostiene che questi racconti "guardano al superamento", "il superamento di uno stallo, di una paura, di una fantasia proibita, di un ricordo tormentoso".
RispondiEliminaFranco Campegiani
Non conosco il libro di Roberto e non ho potuto assistere alla sua presentazione, per cui esprimermi sul testo mi è impossibile nonostante l'accurata e minuziosa descrizione di Aurora e la conoscenza della validità dello scrittore.
RispondiEliminaVoglio però, qui, confermare e sottoscrivere quanto asserito da Franco circa le capacità critiche della giovane autrice castellana, che non solo si dimostra una poetessa ispirata ma valente saggista con già all'attivo, in tal senso, lavori rilevanti.
Complimenti,
Sandro Angelucci
Quando un autore scrive un libro e lo pubblica può egli stesso non avere ben chiaro il senso o i perché del suo stesso operato.
RispondiEliminaEgli si inerpica o scivola dolcemente su sentieri a lui stesso sconosciuti, ma che debbono sempre conservare il filo logico dettato dall'iniziale momento d'ispirazione. Per cui si è come in possesso di qualcosa di sconosciuto che però, grazie alla scrittura, si rivela e si chiarisce pian piano, nel tempo. Nel mio caso, con questo libro, ma anche col precedente, ho scavato nei ricordi chiarendo alcuni dettagli che altrimenti sarebbero rimasti come chiusi in una nebulosa dove filtra poca luce( Il Dark appunto). Ma è grazie anche all'opinione di letterati e critici, o del semplice lettore, che si trova riscontro o luce. Un grazie quindi a Aurora per la sua bella relazione, per aver saputo cogliere senza fatica i punti focali delle varie storie e per aver usato il termine -Superamento-, concetto al quale io stesso non avevo mai pensato ma che, a ben vedere, racchiude un po' il senso generale di questo libro, a Franco per aver aggiunto ancora qualcosa e ben sottolineato tali aspetti con la sua nota critica e a Sandro per il contributo. Roberto
Quando un autore scrive può, egli stesso, non avere ben chiaro il senso o i perché della sua opera. Egli si inerpica o scivola dolcemente su sentieri a lui stesso sconosciuti, ma che debbono sempre conservare il filo logico dettato dall'iniziale momento d'ispirazione. Per cui si è come in possesso di qualcosa di sconosciuto che però , grazie alla scrittura, si rivela e si chiarisce pian piano, nel tempo. Nel mio caso, con questo libro, ma anche col precedente, ho scavato nei ricordi chiarendo alcuni dettagli che altrimenti sarebbero rimasti come chiusi in una nebulosa dove filtra poca luce( Il Dark appunto). Ma è grazie anche all'opinione di letterati e critici, o del semplice lettore, che si trova riscontro o luce.
RispondiEliminaUn grazie a Aurora per la sua bella relazione, per aver saputo cogliere senza fatica i punti focali delle varie storie e per aver usato il termine -Superamento-, concetto al quale io stesso non avevo mai pensato ma che, a ben vedere, racchiude un po' il senso generale di questo libro, a Franco per aver aggiunto ancora qualcosa e ben sottolineato tali aspetti con la sua nota critica e a Sandro per il contributo. Roberto
Anche se non ho letto "Dark" di Roberto De Luca, desidero anch'io complimentarmi con Aurora De Luca perché si rimane colpiti dalle sue parole, dalla freschezza che esse racchiudono.L'ammirazione per la sua chiave interpretativa, si aggiunge alla stima che già provo per la giovane poetessa. In lei si sommano abilità e grazia, dolcezza e sapienza. Bellezza.
RispondiEliminaGrazie Aurora. Complimenti anche a Roberto.
Annalisa Rodeghiero