Un
saggio di acume intellettivo e di analisi partecipata questo di Domenico
Defelice su Nino Ferraù. Pubblicato su I quaderni
letterari di POMEZIA-NOTIZIE, novembre 2016, tocca tutti i punti focali del
mondo poetico di Ferraù: Ascendentismo e Selezione Poetica, Il pensiero
sofferto e Selezione di “Selezione”, Immagine azzurra, Orme di viandante, L’amore,
Roma, Religione, Natura, la morte…, Il sociale, Grumi di terra, E sentirci così…,
Pietre di Fiume, Mosaico di luci e l’attaccamento alla sua terra, Album poesie
scelte, Nino Farraù Vita e Scuola, Nino Ferraù Un intellettuale. La sua anima.
La sua epoca, Un giudizio di Francesco Padrina.
Appendice
(Lettere di Nino Farraù).
L’uomo,
la vita, il rapporto con il mondo, con la realtà, la sua filosofia, la sua
poetica, la scuola, e la tematica religiosa, momento focale del saggio. Ed è su
questo punto che mi piace riportare un piccolo frammento per delineare quello
che è il motivo centrale del pensiero dell’Autore e soprattutto la semplicità
con cui Defelice riesce a comunicarci contenuti per niente semplici con un metodo fatto di dati concreti, di riferimenti
epigrammatici, di citazioni essenziali
che, incastonati a dovere, determinano alla fine una costruzione lineare e
solida; chiara e convincente:
“…
C’è in Ferraù, sia il sacro profano che il sacro cristiano. Lui, morendo quasi
giovane, forse non ha avuto rimpianti. “Il
più triste funerale” – egli ha scritto – è quando si piange “la morte di se stessi/ nel cuore a cui
abbiam voluto bene”.
Quello
della preghiera a Dio in piena luce, è motivo ricorrente nel poeta. Alla
tegola, “fatta di fango come l’uomo” –
che per centinaia e centinaia di anni, quale componente la copertura della casa,
inconsapevolmente assiste a nascite e morti, ad amori e odi, a grida di gioia e
di disperazione -, chiede, nel momento del suo trapasso, di spostarsi quel
tanto da lasciar “che un raggio dell’Eterno
scenda” sopra di lui, almeno “quanto
basti che il (suo) sguardo giunga/ fin dove segna l’Uno e il
Tutto: Dio”.
Il
mondo, per Nino Ferraù, è come uno sterminato teatro sul quale si svolge la
vicenda di ogni essere vivente; un tavolaccio tremendo, però, dove non si
recita a finzione, ma con dolori veri e vero sangue:
…
il lamento che si spegne
sul labbro dell’uomo
ritorna sotto formadi vagito
nella vita che nasce
per sostituire un attore
e riprendere una parte
nel ruolo dell’eterna
tragedia.
Così il teatro si svuota
e si riempie
e il dolore continua…”
La
scrittura corre limpida, persuasiva e pervasiva; coerente e compatta nel
delineare i tanti momenti esistenziali dell’uomo e del Poeta.
Nazario Pardini
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