Da mari ancora più profondi; da arie ancora più
sonore; da palpiti ancora più intensi i richiami del mistero; le voci della
sera.
L’animo va, pesca e
ritorna. Una risacca. Una vera metafora della vita. Si vive, si ama, si soffre,
si pensa, si medita, e il tempo fugge; sì, se ne va con indifferenza senza
tener conto dei nostri accadimenti. Ma la clessidra accumula rena nella boccia
sottostante, e l’uomo torna sempre a lisciare la sabbia dei ricordi. Si
cammina, e nemmeno ci si accorge di quali primavere vadano nella sacca del
dimenticatoio; ma viene il tempo in cui ci rendiamo conto di quanto valga il
patrimonio lasciato per strada: la vera vita, fatta di episodi storicizzati,
degni di esistere dacché hanno retto alle bufere e alle intemperie.
Oh sì, era bello
il tempo dei glicini
fioriti
le rose a siepe a Villa
Belvedere
il marmo si faceva
pagina
prima bianca e poi
marrone
e grigia e scurità di
verde
in ghirigori...
Fughe e ritorni; nostalgie
di spiagge dove l’uomo, dopo corse di iperboliche misure, brama tornare per un
misterioso input che si porta dietro; per un richiamo che sempre più potente gli
urla dentro. Eccola la Risacca. Quel
frusciare monotono – come afferma Pavese “La monotonia è della grande poesia” –
che si impadronisce di noi, ci porta in alto mare, ci fa toccare la coda
dell’eterno, e ci riporta a riva arricchiti di brividi e di abbrivi memori di
amori. “La musica è amore in cerca di una parola” (Sidney Lanier). E la parola
qui si dona con tutti i suoi mezzi a ché si cristallizzi, alla Miller, in archi
di violini; a ché diventi amica costante di risacche che parlano di lontani orizzonti. <<La gioia di essere
tristi>> come afferma V. Hugo, la si prova negli stati di grazia del
poièin; quando si mira a trasferire in vette eccelse il sapore del terreno. È
allora che si pesca la rena per portarla all’azzurro, che si pesca l’azzurro
per portarlo alla rena: ed è proprio la sabbia a rappresentare il tempo che
scorre al ritmo della risacca; la vita, in tutto il suo distendersi di
malinconie, dolori, sorprese, inganni, gioie d’amore, amore per chi ci è stato accanto, per chi ci è
stato indispensabile per vivere. Un evolversi di contrapposizioni focali, di
scontri vicisitudinali: giorno e notte, eros e thanatos, ordine e caos, rien e tout, albe e tramonti, tramonti e
rinascite in una simbiotica fusione di empatica saudade che tanto sa di esistenza;
è in questa fusione di simbolico impatto che la Conte ci offre il meglio di sé,
traducendo l’anima in un inanellamento di versi che concretizzino gli stadi vitali.
La novità di questo nuovo lavoro della Poetessa consiste nel ricercare una
forma che collimi col pathos; con quegli stati d’animo che, a questo punto
della giornata, quando il crepuscolo innaffia di malinconia le forme e i volti di una storia, sentono il
bisogno di quiete; di una quiete voluta da una voce di luce, di forza e di
coraggio, conquistata, guadagnata, portando sulle spalle la croce della vita:
(…)
ma ecco una voce di
luce
di forza
di coraggio
di vita e di vigore
misteriosa giunge
surreale.
E questo intimo riflesso ha bisogno di una
pace sonora, musicale, verbale; quella di una eufonica armonia di sapore
wagneriano, di pucciniano ritorno che dia consistenza ai raggi di un sole al
tramonto: che cosa di meglio dell’intreccio di settenari e endecasillabi per cristallizzare
l’effetto di recondite armonie?
S' illunina a Oriente
l'ora prima
e ancora pulviscolo di
stelle
impreziosisce il
cielo...
sommuove il sonno
l'alba
e le vaghezze fuga
e i sogni
davanti alla tazzina
del caffè…
Qui il nuovo nella
poetica della Nostra: il volgere le vele su mari amici che l’accompagnino,
con ondulazioni di corrispondenza umana,
all’isola dove Ella ha sempre sognato di approdare: affetti, percorsi
familiari, cromie paniche, sperdimenti esistenziali che rimbombano e fanno eco nel
suo animo; un urlo aggrappato a lidi di resina e di macchia:
A piedi scalzi
e rinnovato ardore
risalirò le dune questa
sera
verso lidi di resina e
di macchia.
Ma dove è anche facile
arrendersi all’abbraccio del nulla; ai richiami meditativi in una sera molto vicina
alle corde dell’esistere; in una sera che chiede rendiconti:
Forse perché è sera
Forse perché è sera
o forse perché ...
non voglio chiedere
ancora
dopo innumeri tramonti
e albe d'attesa
se una luce illumini i
miei giorni
di crepuscolo
forse perché è sera
mi arrendo
all'abbraccio del nulla.
In una sera che rende
sempre più cosciente la Nostra della futilità e della inconsistenza del tempo
in cui le è toccato vivere:
breve e vana la nostra
presenza
nell'oggi che muore...
Nazario Pardini
Edda Conte - Inediti
da "RISACCA"
2017
L'Ora
Prima
S' illunina a Oriente
l'ora prima
e ancora pulviscolo di
stelle
impreziosisce il
cielo...
sommuove il sonno
l'alba
e le vaghezze fuga
e i sogni
davanti alla tazzina
del caffé
della prim'ora.
Sola a me stessa parlo
di te a te con animo
sereno
il cielo ascolta
splende...e a me
contende
lo spirito d'amore.
Remote e strane
sembrano le ore
da vivere- ahimé!-
con il bagliore della
ribellione...
ma ecco una voce di
luce
di forza
di coraggio
di vita e di vigore
misteriosa giunge
surreale.
A piedi scalzi questa sera
Nessun miraggio nel
mare di sabbia..
colline insormontabili
ammucchia il vento
a confondere e
disperdere i pensieri...
se cadono le passioni
che adrenalina nutre
l'immenso deserto
vincerà ogni ardire.
Udire in Altrove
eco di rarefatte note
perdersi nel deserto
delle memorie
questa sera..
Fresco suono di flauto
d'argento!
- allora non aveva
parole-
con passo generoso il
tempo
porta la voce questa sera...
A piedi scalzi
e rinnovato ardore
risalirò le dune questa
sera
verso lidi di resina e
di macchia.
Com'era
bello!
Oh sì, era bello
il tempo dei glicini
fioriti
le rose a siepe a Villa
Belvedere
il marmo si faceva
pagina
prima bianca e poi
marrone
e grigia e scurità di
verde
in ghirigori...
il sasso impugnato come
stilo
sulla panchina morbido
scriveva
Veloce correva l'acqua nel Canale
con le voci di bimbe al
gioco
ricco d'illusione e
sogni
-...come fila la nave
guarda!...-
e il Tempo stava lì a
guardare
Oh sì, era bello
l'orto del nonno sempre
umido di terra
annaffiata la sera e la
mattina
rosseggianti tra i
solchi
appesi i pomodori
e l'insalata a cesti
come fiori...
Oh sì, era bello...
....fors'anche senza saperlo.
Forse
perché è sera
Forse perché è sera
o forse perché ...
non voglio chiedere
ancora
dopo innumeri tramonti
e albe d'attesa
se una luce illumini i
miei giorni
di crepuscolo
forse perché è sera
mi arrendo
all'abbraccio del nulla.
TU!
Tu!
e la tua voce sopita...
fiamma che si smorza
in un sorriso triste
forzata veste al tuo io
nudo
offeso indifeso
tu
di luce assente
assenza di sole
in animo senza amore...
Tu
e la mia tristezza.
Tanto è certo
Tanto è certo anelare
soffio di volontà
inerte all'impossibile
di sera ...
all'ora tarda la parola
"ormai" si addice
tanto felice all'ora
prima
sollevare un canto
dolce di speranze
profumo d'ideale
e allargare
l'orizzonte...
Nebbie lontane
offuscano la mente
e gli occhi
che non sanno piangere.
Tanto bello
/ un tempo/
andare a pesca / a sera!
Vana quest'oggi l'esca
se manca il fondale
Così vano è anelare!
Laddove s'eterna il
ricordo
s'apre orgoglioso il
Porto
alla Marina mia.
"Mi manchi"
Musica
voce e parole
accenti di passione
dettato sincero di
artista vero...
amore
ardore
flusso che infiamma le
vene
passione che si fa
parola
e canti:
"MI
MANCHI...!"
Sì. Mi manca la tua
forza
la tua essenza
la tua parola suadente
amorosa.
Mi manchi nell'attesa
che non finisce mai.
TRASH
Biancovestita inoltro
la soglia
pietre dure intorno al
collo
occhi lucenti
curiosi ancora di
un'attesa.
Quale nuova quest'oggi?
Locandine a richiamo ammiccanti
quotidiani...rotocalchi...
banalità e drammi
menzogne e volgarità.
Trash.
Uno strappo sugli
occhi...smarrimento.
Grava sul collo inutile
ornamento.
Nessuna nuova
quest'oggi
sulla via del ritorno
Sarà un altro giorno
ancora.
POLITIKA
Vortica vento avverso
subdole correnti fuori
rotta...
ebbro di parole
il nocchiero
senza pensiero vaga....
Sbatte la vela al vento
il mare infuria...
Vana
la nostra presenza
vedi come l'ora vola...
il tempo se ne va senza
un addio
breve e vana la nostra
presenza
nell'oggi che muore...
come piuma nell'aria
non lascia tracce
Nessun poeta potrebbe sentirsi più compreso, nessun artista più felice di ricevere parole come queste , che il "nostro Grande Nazario" usa per i miei versi. Il suo commento così compiutamente articolato riesce ad evidenziare ed esaltare i momenti più significativi di questa breve silloge, tratta da "Risacca", ancora in fase di elaborazione.
RispondiEliminaDire grazie non ha senso, dire eccellente giudizio critico è scontato..
Abbraccio il Poeta con tutto l'affetto e tutta l'ammirazione che nutro per l'uomo.
Edda.
Questi “inediti” di Edda Conte (magistralmente interpretati da Nazario Pardini) ci ripropongono ceselli tematici esclusivi della sua luminosità ribelle di artista che mai si arrende.
RispondiEliminaLa “fuga” è solo un vago sognare delle prime ore, la forza e il coraggio coesistenziale appartengono (non solo liricamente) al suo quadrante materico. Ma tutto si sperde nel miraggio creativo di un “memoriale” armonizzarsi nel tempo dell'ardore e della passione che le immagini (v. l'orto del nonno) conservano ed offrono ad un improbabile resa serale.
L'arrendersi al nulla non è comunque il progetto della poetessa che nel ritrovare un “Tu” nostalgico di speranza e di orizzonti amplificati, rielabora il proprio momento d'amore troppo assente. Un “trash” improvviso ne risveglia il desiderio al di là di una verità nocchiera che s'infuria per la presenza di un Tempo avaro e cinico che senza traccia tritura anche il “nulla” .
Versi ricamati di sensazioni visive e pulsanti nella reattività di ricordi-progetti per un domani, tutt'altro che scontato: è la “risacca di Edda Conte che oscilla tra il mare del deserto, lidi di resine, glicini fioriti, tramonti e albe, pesca senza esca, orgoglio di un anelato Porto d'approdo...
Marco dei Ferrari
Grazie, a Marco, che ancora una volta sa leggere dentro e oltre le mie parole. I versi infatti dicono tutto di me.
RispondiEliminaEdda.