domenica 3 giugno 2018

GIORGIO BARBERI SQUAROTTI: "DISSERO CHE"






DISSERO CHE

Dissero che per la venuta della morte
il cielo sarebbe dovuto essere sereno,
e allora si alzò un vecchio, spinse dietro
i monti le nuvole, con cura, e ci fu
anche il sole, e anche un rosso un poco troppo carico
verso un tramonto frettoloso, qualcuno disse che
passò anche una folata di vento caldo e un volo
di uccelli chiari nella luce ancora viva,
ma nessuno vide anime o altro o udì carole,
mentre troppo lentamente risaliva
da occidente qualche ombra e la luce durava troppo a lungo,
quasi vinosa, infine, e la notte chi sa dov’era ormai,
e nessuno, nessuno più sopra la scena
dell’orizzonte.

Giorgio Bàrberi Squarotti



(da Il marinaio del Mar Nero e altre poesie)



2 commenti:

  1. Il paesaggio della fine, quello dell’addio, dove l’io scompare in un’aureola di dubbio e incertezza, come nel favoleggiare dei vecchi che hanno perso la memoria storica in un presente senza tempo che non muta (Dissero che…): tutto visivo il paesaggio, i dettagli precisi, in sequenza, ma non esteriori o descrittivi, sono frammentari squarci visivi minimi, evocativi, senza spiegazione alcuna.I colori sono quelli delle Langhe native carichi di sogno, in un recupero onirico di tarda improbabile serenità, provvisoriamente ritrovata pur nell’assenza di certezze intellettuali, illusioni o speranze. I colori sono vibrazioni, emozioni (rosso troppo carico, uccelli chiari ,luce quasi vinosa..) che si rincorrono, rimandano ad altro, ad un inconscio che si palesa nell’attesa e nel silenzio.Nessuna angoscia esplicita, si vive qui l’inquietudine dell’assenza (nessuno vide anime o altro o udì carole,/mentre troppo lentamente risaliva/da occidente qualche ombra e la luce durava troppo a lungo,) in un tempo eterno, ormai senza memoria.

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  2. La poesia supera lo strato superficiale delle emozioni e scava nel profondo, nell'abisso che ci contiene e che conteniamo. Lì c'è lo spazio che ci accomuna e ci rende veramente simili se non uguali. Trovare quello spazio è la sfida del poeta, spesso fuorviato dalle emozioni, effimere e transitorie, comunque fuorvianti. Grazie per questa lettura che vola fuori e scava dentro e ci fa trovare lì, tutti, oltre "la scena dell'orizzonte" per guardar le stelle.
    Claudio Fiorentini

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