venerdì 1 febbraio 2019

NAZARIO P. LEGGE "NON UCCIDERMI" DI MADDALENA LEALI

CLICCARE PER INGRANDIRE

<<(...) Mi sdraio sul basso largo muro di cinta. Cielo colore di miele, il sole che straccia nuvole bigie. Miele d’acacia. Dove sono le api? Possiamo ucciderci fra di noi nella disumana deturpazione delle anime. Stanno morendo, le api. Uccideremo anche l’ultima, bellissima, ottusi e sordi al suo grido: - Non uccidermi prima che il sole abbia spento l’ultimo raggio.->>.

Questo scrive Maddalena Leali nell’incipit del testo per darci una buona dritta nell’intraprendere l’immersione nei fondali delle sue meditazioni. E la poesia si scioglie in una partitura di ampio respiro, dove il verso con docile duttilità, si fa tatuaggio di un’anima tutta intenta a dire di sé: vita, emozioni, simboli, illusioni, delusioni, realtà, natura; sì, natura visitata, contemplata, metaforizzata, e resa oggettivazione di un  sentire a tutto tondo, dove il mistero e il fatto di esistere si fanno fil rouge del poieo. D’altronde è la pace ciò di cui va in cerca l’Autrice, quella quietudine di difficile ancoraggio, dacché umana destinata ad uno splenetico abbandono; ad un raffronto fra la realtà e l’essere:

Lasciatemi in pace
con le solite quisquilie,
sciocchezze estreme
di eventi scivolosi e labili.

Prendere spunto dalle cose minime, dai più semplici fatti della vita, significa per la poetessa scandagliare gli angoli più comuni,  quotidiani per dire indirettamente degli affetti, delle sottrazioni, delle assenze che in lei giocano un ruolo determinante:

Ho provato a far cuocere i carciofi
con la ricetta di mia madre:
aglio, olio, prezzemolo.
Quattro spicchi per ogni carciofo.
Ma non sono gli stessi.
Chissà perché.
Lei aveva imparato

La fantasia, l’immaginazione, la creatività sono le cartucce in canna della Leali; lei che non ucciderebbe nemmeno una mosca e che sventola ai quattro venti la sacralità della vita:

mi è amico
un piccolo ragno nero,
chissà, forse il principe
di una fiaba
che non riesco più
a vivere.
Sarò io la principessa?

Una poesia nuova, realistica, vera, che fa di ogni oggetto motivo di pensamento e riflessione; ed è da queste cose che parte o a esse che arriva, anche per svilire quel senso di solitudine o di dolore di cui la vita è foriera:

Ci accompagna
lieve e reale
nella pentola di coccio
il profumato borbottio
della pasta e fagioli.

La grammatica poetica si distende su una architettura breve e concisa; tutto è scorrevole e musicalmente avvincente, quasi in dicotomico contrasto con una visione filosofica di solitudine; una specie di accettazione fatale dei risvolti dell’esistere.
Anche se la scoperta di un lui è soltanto un presagio incompiuto; mai placato appagamento, la poetessa è zeppa di ansia di conoscenza, un’ansia di difficile soluzione, dato che tutti risentiamo della precarietà del tempo, in quanto coscienti delle insoluzioni del nostro esistere.

Presagio di bellezza
è la scoperta di te,
soltanto un presagio,
ogni giorno.
Il mio desiderio
resta incompiuto
inquieto
mai placato appagamento.
Ti allontani sempre più,
ansia gigante di conoscenza.

Paura, certezza, parole ignoranti, idea impalpabile dell’ora... contenitori di un sentimento ribelle, di una ribelle  incartapecorita idea che non accetta il fluire inderogabile della vita, e il passire inesorabile del bello. Tutto è precario, e potente; interrogativi che denotano l’inquietudine del fatto di esistere...

Chi sei per farmi questo?
Sei paura? Sei certezza?
O sei soltanto l’ammasso
di inesistenti parole ignoranti,
spessori di nulla voluti
dall’idea impalpabile del tempo,
secca incartapecorita idea.

Ma è la natura, la madre eterna amata dalla Leali, il suo fiorire e rifiorire, col suo ritorno del merlo e dell’usignolo, a dare pace, a portare la dolcezza della notte; ad accompagnarla fino all’alba mentre nella valle scende il silenzio e la città, lontana, continua a sferragliare. Un quadro alla Verlaine, dove il poeta trova serenità una volta rapito dai fremiti delle fronde du ciel par dessus le toit

E quando il buio
si fa più profondo
amore mio
ascolto il tuo respiro,
più grosso ma vivo
e ti amo
al chioccolio del merlo
al canto dell’usignolo,
tornato ancora,
di Febbraio quest’anno
invece che di tiepido Aprile.

Una silloge completa, plurale, polivalente che coi suoi risvolti di empatica sinestesia allunga il tiro ad ogni ambito dell’esser-ci; e lo fa con versi en passant, dove l’io poetante fa di tutto per non farsi coinvolgere dal tramaglio del sentimentalismo; e dove tutto si sfuma con delicatezza, con un  gioco di forzature verbali che richiamano  uno stile fresco e genuino. 

Nazario Pardini


2 commenti:

  1. Grazie, Professore. Il giorno 7 febbraio sarò nelle Segrete del Palazzo Ducale di Genova per la giornata conclusiva delle manifestazioni dedicate alla Shoah. Là leggerò, fra l'altro, "Carciofi", la piccola poesia dedicata a mia nonna Maddalena che, a partire dalla tua citazione, continua così: "Lei aveva imparato/ da mia nonna, sua madre./Non ho mai conosciuto mia nonna./ Morta, Uccisa dalla guerra./Forse per questo i miei carciofi/ non sono così buoni".
    Ecco, di questo ti voglio ringraziare, di aver messo in luce che, parlando di cose piccole, di semplici momenti di vita e di attimi d'amore e di dolore usando parole lievi, a volta inventate a volte trasposte direttamente dal dialetto intendo far esplodere i vari Universi che stanno dietro nascosti. E'un po' come il pensiero bambino, che coglie un particolare per esprimere il tutto. E' il pensiero bambino di mia madre che aveva dodici anni quando vide morire la sua, e in quel momento il suo pensare si fermò alla capacità di cogliere, in qualsiasi insieme, il particolare migliore. Così cerco di fare io, confidando nel potente mezzo di comunicazione di cui disponiamo: il dono della parola. Mi ritrovo appieno nelle tue sapienti considerazioni e te ne ringrazio. Mi hanno spesso parlato della tua generosità e devo dire che è davvero grande oltre ogni aspettativa. Ho visto in alcune occasioni che sai essere critico puntuale e severo. Anche questo mi piacerebbe sentire, se il caso meritasse: lo trovo salutare, da parte di un artista del tuo calibro. Con l'ennesimo ringraziamento, ti mando un affettuoso abbraccio con l'augurio di una buona notte.
    Maddalena Leali

    RispondiElimina
  2. Caro Nazario, come sempre, hai introdotto la Silloge della mia cara amica Maddalena togliendoci le parole. Tu dai del 'tu' al cielo e noi diveniamo gnomi di fronte alle Opere che desideriamo commentare. Io ho letto "Non uccidermi" e amo moltissimo il poetare di quest'Autrice genovese che è anche un'ottima performer, capace di trascinare in vortici di raro carisma. Mi piace sottolineare come le sue poesie, seppur dedicate ai giorni, duri, difficili, eppur degni di essere vissuti, spazia in tanti altri campi e attua fantastiche commistioni con le storie quotidiane. Basta pensare alla lirica sui carciofi, che tu hai citato e commentato:
    "Ho provato a far cuocere i carciofi
    con la ricetta di mia madre:
    aglio, olio, prezzemolo.
    Quattro spicchi per ogni carciofo.
    Ma non sono gli stessi"
    Il suo dire possiede il dono della brevità e della magia. V'è sempre qualcosa di ineffabile, di vicino e lontanissimo nelle poesie di Maddalena e vi è la musica, tanta musica, un'autentica sinfonia. Leggerla è arricchirsi e non sentirsi mai lambiti dalla routine. Tutto ha sapore di nuovo e di empatico - proprio come affermi tu, Nazario! -.
    Le mie righe vogliono essere solo un piccolo tributo a una Donna e a una Poetessa che ammiro e che mi spinge a sognare di poter un giorno non solo scrivere, ma anche pensare come lei.
    Vi abbraccio entrambi con tanto affetto.
    Maria Rizzi

    RispondiElimina