Pasquale Balestriere, collaboratore di Lèucade |
In questo componimento Pasquale Balestriere prova a dire liricamente la sua venuta nella vita. E lo fa con i crismi della dottrina orfica della reincarnazione o metempsicosi e, come dicono altri, metensomatosi; insomma della trasmigrazione delle anime da un corpo all’altro. Dove il corpo non è necessariamente umano. La poesia affronta un argomento che coinvolge filosofia, psicologia, teologia, storia, letteratura, humanitas. Dal greco μετεμψύχωσις trasferimento dentro l’anima. Metempsicosi: fine di una vita e inizio di una nuova nel corpo di un altro essere: pianta, animale, uomo... L’anima che resta ingabbiata nella soma alfine si libera per trasferirsi nella sua giusta sede. Liberazione, superiorità dello spirito. Credenza che ha avuto e che ha un grande seguito nella regione indiana, dove si adorano tuttora mucche e altri animali dacché si crede che possano contenere lo spirito di un essere umano; ha avuto una importante influenza, anche, sulla religione buddista. La metempsicosi si inserisce nell’orfismo nel ciclo cosmico della generazione e del rinnovamento e in quello escatologico nella tradizione che va da Pitagora a Platone... a Empedocle. Molte volte ci è capitato di vivere esperienze quantomeno strane e inusuali: avere veduto un luogo mai visitato e pensare di esserci già stati. Avere incontrato per la prima volta una persona che ci è sembrata familiare... Come se in noi vivesse una storia antecedente la nostra vita. Perplessità.... Fenomeni irrisolvibili con la ragione; occasioni che ci fanno riflettere... Il poeta immagina di cadere come un sasso da monte a valle; di perdere ogni memoria della vita vissuta per prepararsi alla trasmigrazione, metempsicosi, ad altro corpo per iniziare così una nuova storia assolutamente dimentico dell’antecedente... E vive la sua “umana storia”, in un discorso di purificazione cui accenna il verso finale. Un argomento attraente, di psicanalitica portata, di forte impatto emotivo, trasferito in una versificazione di euritmica sonorità come quella a cui ci ha abituati lo scrittore...
Nazario P.
OR
F I C A
Come
da monte a valle
vorticato
sasso
giacqui
anima
loquente
incarnato
soffio
al
cospetto del sole.
S’estinse
la trasparenza
del
ricordo
in
questo impasto di fango e di luce
detto
uomo
folle germinìo
d’affetti e di pensieri.
E vivo
fui,
o mi
parve.
E sono
ancora qui
su
questo grigio di selci
dove
s’aggira e sempre
grida
di giochi
la mia
infanzia.
Scalpicciano
bimbi
di memoria
da
qualche parte o in altri mondi persi
quelle
selci
sconnesse
che con sguardo inerte vanno
oltre
ogni umana storia.
Con
cuore gonfio ancora sono qui
nel
fiato di questi vicoli, dita
per
dolorose corde,
a
sentire quieti sensi di cucina …
E
datemi dunque il bandolo
della
nube arrochita
ch’io
ne scomponga i lividi fili
per
aggrapparmi al riscoperto azzurro.
Interessante questo innesto di temi metafisici nella vis poetica, notoriamente umanistica, di Pasquale Balestriere. Il che riconduce giustamente all'umanesimo ogni orizzonte dello scibile, ivi compreso quello spirituale e ultramondano. L'orfismo, come magistralmente rammenta Pardini, tramanda in occidente le dottrine tipicamente orientali della metempsicosi, nate e cresciute nel segno di una lotta senza quartiere tra la materia e lo spirito, tra il bene ed il male. Francamente - a dispetto del titolo (che tuttavia non ritengo depistante) - non mi sembra di intravvedere questo clima disperato e tragico nella stupenda poesia di Pasquale, che dopo il risveglio si ritrova misteriosamente a vivere in un luogo che gli sembra di conoscere: nello stesso "grigio di selci" e "nel fiato di questi vicoli /... / a sentire questi sensi di cucina". A mio modesto parere, la visione orfica del mondo cozza radicalmente con quella edenica, dove sensi ed anima vivono in perfetta simbiosi tra di loro. Adamo non viene cacciato dall'Eden per il fatto di essere venuto al mondo, ma per avere indebitamente e diabolicamente separato, una volta venuto al mondo, il sangue dall'anima, la materia dallo spirito (come ogni altra coppia di opposti in armonia). Il senso della sua purificazione non sta dunque nella liberazione dell'anima dal corpo, ma nella riscoperta della loro segreta armonia. Ne segue che le sue rinascite - se potranno esserci, come io credo - avverranno sempre e comunque in un corpo umano per non vanificarne il percorso evolutivo.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Carissimi Nazario e Franco, grazie per i vostri dotti e articolati interventi. Constato che avete posto cuore e intelligenza, acume e impegno nella lettura di Orfica, lirica che continua a coinvolgermi a distanza di parecchi anni dalla sua nascita. Ciò mi gratifica e mi lusinga, cari amici.
RispondiEliminaGrazie ancora
Pasquale Balestriere
Ho sempre sostenuto (nel mio piccolo)che, in poesia, ha un quid di valore in più la forma ché il contenuto, in quanto siamo capaci tutti di dire delle belle parole che magari ci colpiscono come messaggio, ma ciò può avvenire anche se non poste in versi. Diversamente in poesia il messaggio si pone, diciamo, a supporto della forma poetica poichè è la forma che fa definire il testo "poesia". A me pare che la poesia ORFICA del mio caro amico Pasquale attui in pieno questi requisiti e che pone il testo (dal contenuto inusuale)a definirsi "vera poesia" e dove l'autore è stato capace di esternare in magistrali versi un contenuto, come lo definisce F. Campegiani "metafisici". Di alcuni poeti e poetesse di Leucade ancora e sempre apprendo, dopo tanti decenni di fare poesia, qualcosa da incamerare nel mio io poetico per un mio futuro al fine di cogliere il massimo della mia espessività. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaRingrazio vivamente Pasqualino Cinnirella per l'apprezzamento dimostrato nei confronti di questa poesia.
RispondiEliminaUn caro saluto
Pasquale Balestriere