Marco Lando
IL VOLO DELLE RONDINI
Prefazione di Ester
Monachino
Guido Miano Editore, 2020
Recensione di Enzo Concardi
“Il
volo delle rondini” è il volo della poesia, come l’albatro di
Baudelaire: questo volo è tuttavia molto più leggero, sfuggente, inaspettato,
imprevedibile, perfettamente incastonato nella spiritualità e mistica della
natura che caratterizza il canto lirico dell’autore. Le innumerevoli immagini
paesistiche che incontriamo nella scrittura di Marco Lando costituenti la
nervatura principale della sua poetica - che vanno dal paese al fiume, dalla
terra al cielo, dalle nuvole ai campi, dalle stelle agli animali… - non sono
quasi mai soltanto ritratti pittorici del suo ambiente naturale, ma si
trasformano in simboli e metafore della vita, in particolare della ricerca e
dell’intuizione del senso del nostro essere qui ad abitare questa avventura
umana ricca di misteri, suggestioni, realtà invisibili, infiniti ed eternità.
Il poeta riesce a conferire ai suoi versi un’incredibile levità, anche quand’essi
sottendono concetti esistenziali e filosofici, per cui la trama dei ritmi e
delle scansioni è un incessante arabesco, un sottile ricamo, una ragnatela
imperlata di rugiada.
Ne
nasce a volte un surrealismo onirico e altre volte un realismo magico, che si
compenetrano attraverso sinestesie e formule analogiche, rendendo il messaggio
accattivante, dal momento che trasporta il lettore nel suo mondo interiore per
fargli dono di ogni ricchezza della meditazione contemplativa. La semplicità
dei suoi soliloqui lirici è talvolta pura e talaltra apparente, poiché cela -
come abbiamo già detto - viaggi più profondi nell’intimo, nel pensiero, nelle
visioni di vita. È vero,
il suo mondo è li, le sue radici sono nel luogo natio, i suoi affetti sono
domestici, il tempo scorre coi ritmi delle acque, tutto si compendia nelle
piccole-grandi cose che rendono bella la vita: ma la proiezione è universale,
nella memoria, negli spazi, oltre la materia contingente. Il linguaggio si
avvale di “... una versificazione limpida, cristallina, di profonda semplicità,
dedizione assoluta al sentire - con sangue e ossa - la natura...” (Ester
Monachino, nella prefazione).
Nella
silloge vi è un nucleo di poesie emblematiche attorno alle quali ruotano tutte
le altre a perfezionare i quadri lirici. Vediamone alcune e di queste i brani
più originali e inusitati. Si riscontrano qui i caratteri d’una ‘poesia visiva’
non nel senso di talune avanguardie contemporanee degli Anni Cinquanta (forme e
disegni accanto o sotto le parole), ma con riferimento allo stile di Guido
Guinizelli, stilnovista che ai suoi versi infonde un continuo senso dell’aria,
della luce, con una capacità visiva eccezionale. Così come il nostro autore:
“Ascoltai il volo delle rondini all’alba: / conosceva il fiume e la valle / il
silenzio del paese, / rovistava la pace dei tetti / regalando l’attenzione /
alla fantasia dei comignoli” (Il volo delle rondini); “Una rondine prima
di migrare / cadde nell’ombra del sole / si fece luna e diventò un albero, /
quello del mattino, sul fiume” (La rondine felice). Altre raffigurazioni
fantasiose di concetti esistenziali ed ontologici creanti atmosfere d’epoca e d’ambiente,
sono quelle del tempo e del silenzio-ascolto per recepire intelligenza della
vita: “Venne di notte, col buio, / sapeva di tabacco e di pane / e odore di
fiume. / Entrò come un sogno / uscì come un pensiero: / era il tempo /
fuggevole e inafferrabile” (La forza del tempo); “Erano parole di terra
e di sguardi / occhi che uscivano a cercare / portandomi nel mondo / ad essere
/ il cielo e la mia vita. / Silenzio immane / per capire me stesso” (Silenzio
ed esistenza).
E così
il lettore potrà continuare in questa ricerca esegetica sui testi. Vale la pena
sottolineare ancora la presenza del sentimento nella poesia di Marco Lando: la
memoria e la mancanza del nucleo familiare d’origine, soprattutto nelle liriche
dedicate alla madre; digressioni sull’amore, parola “per dire che siamo
infiniti”, l’amore muto, fatto di dolore, verità e speranza. La fiducia nell’uomo,
essere che può sempre rinascere dalle sue ceneri e “sognare sul prato dell’esistenza”.
E mi piace concludere con una sua breve lirica dal titolo L’aria, sigillo
di una sintesi mirabile, in una sola strofa eptastica, del suo stile
inconfondibile: “L’aria ha il suono del tempo / corre nel giorno / s’arricchisce
di fiori. / Come un uomo di ricordi / piange di nebbia lenta / nel respiro di
un amore. / E cadono foglie”.
Enzo
Concardi
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