giovedì 23 luglio 2020

MARIA RIZZI LEGGE: "IPOTETICO APPRODO" DI CLAUDIA PICCINNO

Claudia Piccinno,
collaboratrice di Lèucade

IPOTETICO APPRODO – CLAUDIA PICCINNO
MEDIAGRAF EDIZIONI

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade

Ho ricevuto dalla cara Claudia Piccinno la sua Silloge “Ipotetico approdo”, un libro bi-lingue, ovvero italo - inglese sin dalla prefazione dello scrittore Brunello Gentile e dalla nota introduttiva di Angela Iantosca. Ovviamente anche le liriche della Poetessa sono tutte tradotte in inglese, d’altronde le Opere della Nostra vengono sempre presentate in più lingue in quanto ella svolge un’intensa attività di traduttrice.
Nella Raccolta “Ipotetico approdo” Claudia ‘indugia sui “Figli di un dio minore”, sui naufraghi del mare e dell’esistenza umana, ma anche sull’amore, quello puro, capace di moltiplicare e non dividere’ – tratto dalla Nota dell’ottima Iantosca.
La lettura dei versi mi ha sinceramente coinvolta ed emozionata. Dalla prima lirica, che dà il titolo alla Silloge si coglie l’essenza del testo:

“Jack e Rose non si ritroveranno
  nel quotidiano incedere
  di pianeti distanti,
  ma le loro anime pellegrine
  si riconoscono in un ipotetico approdo” –
(Tratti da “Ipotetico approdo”
… pensando al Titanic)

La vita sceglie per noi: per Jack e per Rose, per l’Autrice, a favore dell’amore non previsto, ed è impensabile un amore previsto, poichè  la passione nasce sempre ‘sebbene’, mai ‘perché’. Siamo di fatto profughi del tempo che ci viene concesso, perché veniamo spinti a credere, ad affidarci agli altri, nonostante gli impedimenti, i flutti pericolosi, il mare che brucia. Non siamo nati per perseguire mete decise a tavolino, le carte vengono sempre scompigliate dal quel mostro che chiamiamo destino, ma che forse è creato dal nostro inconscio, in quanto desideriamo i naufragi, il disordine dei giorni, consapevoli che l’esistenza è un viaggio sconosciuto, non un percorso a tappe. Non vi sono regole, oserei dire ‘per fortuna’, e non possediamo certezze.

“Non avevo considerato il piano b
  quello che l’anima persegue a suo volere,
  e che ti vede oggetto di un approdo
  nei meandri sconfinati di un abbraccio” –  
(tratti da “Il piano b”)

Anche nel visitare il paese dei ricordi, la Poetessa, che viveva con la nonna un legame simbiotico, prende atto che la marea della vita può salire all’improvviso, in quel caso ha cambiato i ruoli, ha insegnato alla piccola a indossare i panni della guida:

“La bambina si mutò in chioccia
  covando soluzioni alternative
  per rinfoltire il piumaggio
  e lucidare le ali della nonna ferita” –  
(tratti da “Duetto  indissolubile”)

Lirica di portentoso livello stilistico, come le altre… Claudia non ama cimentarsi nei virtuosismi, nei grappoli di metafore, ma sa utilizzare i simbolismi con superba efficacia.
I versi dedicati ai ‘figli di un dio minore’, sono per tutti coloro che hanno visto interrompere il corso delle proprie esistenze da incidenti, o per creature  fragili, come Davide , il bimbo autistico, al quale rivolge una poesia che è naufragio nella verità, lezione d’amore vero tra troppi pietismi e luoghi comuni:

“Davide è il tuo nome,
  non sei per me diagnosi
  né variante o falla di architettura genetica,
  aspettativa disattesa
  disturbo dello spettro” –
(tratti da “Davide è il tuo nome”)

Tutti possiamo capire, una volta di più, che non si ama un figlio o un alunno, nel caso dell’Autrice, per quello che sa dimostrare, lo si ama per quello che è. Le persone affette da autismo hanno percezioni che noi non possiamo neanche immaginare. Non si ritirano nel ‘loro’ mondo, sono nel nostro, ma ne hanno maggiore coscienza di quanta riusciamo a possederne noi. E’ stancante per un essere umano non sentire solo le piante, ma anche il gemito del mare, la timidezza di un’aurora, il rumore di un cuore infranto. Claudia conosce questi misteri, sa quanto può essere ipotetico l’approdo sulle sponde dei nostri giorni di un bimbo autistico, ma asserisce che, in fondo siamo tutti ‘figli di un dio minore’, ci riesce solo difficile ammetterlo.
Nella lirica, di rara originalità, che la Poetessa dedica ai ‘Sogni che non sapevano nuotare’- quale espressione sublime! -, alle migliaia di vite perse nei naufragi reali, la chiusa recita:

“Orfana anche io
  di 900 fratelli,
  figlia unica
  di quello stesso Dio…” –
(tratti da “Figli di un dio minore”)

I perdenti, i cosiddetti ultimi, nella Silloge sono i protagonisti; Claudia osserva l’esistenza dal ‘molo’ della speranza, lo stesso di Nawal, ‘l’angelo dei clandestini’; quel molo sembra rappresentare il suo ufficio dei sogni e
concede a noi lettori di visitarlo, non di abitarlo. Ed è da quella dimora che invoca ‘le Parche’ ‘per tessere il domani di suo figlio’. La tenerezza emana da lei come vapore e per lunghi istanti il suo desiderio immobilizza il mondo, la bellezza dei versi rende tutto possibile:

“Pace invoco
  e serenità auspico
  a chi fa dell’umanità il suo credo,
  a chi occupa un limbo non richiesto,
  a chi ne parla senza esercitarla” –
(tratti da “Pace invoco”)

E una Silloge come questa rivela che il messaggio diviene vero, profondo, ispirato, quando l’unica ambizione di colei che scrive è restare se stessa.
Un libro è una nuova vita che inizia e anche un momento di grande altruismo: si offrono le proprie debolezze, i propri desideri, le proprie paure a chiunque voglia scoprirle. In ogni lirica di questo testo si avvertono la sofferenza, la rabbia e l’amore che bruciano sotto la pelle dell’Autrice come una febbre. Nel parlare dell’amore Claudia lo vive e ci consente di sentirlo come un incendio che divampa fuori controllo, un evento che muta la topografia dell’esistenza. Qualcosa che distrugge e ricrea spesso per distruggere ancora:

“Essere là nel posto del dolore
  col mio sorriso tra le braccia tue,
  è stato balsamo
  che lenirà tante ferite
  e rigenererà rotte segrete” –
(tratti da “L’adrenalina del libero incedere”)

Dopo aver terminato di leggere la Silloge e aver compreso sempre di più l’esattezza del titolo, mi è venuto spontaneo chiedermi : “Perché troppe persone e troppe situazioni si assomigliano? Dove risiedono il mistero e il limite? Forse, come spiega Claudia, siamo molto più simili di quanto crediamo: ed è qui il mistero è il limite.
                                         
Maria Rizzi




 





3 commenti:

  1. infinitamente grata a Maria che ha letto nel mio cuore

    RispondiElimina
  2. Nell' accurata recensione di Maria Rizzi, il titolo dell'opera di Claudia Piccinno, "Ipotetico approdo" già ci porta tra i flutti, nell' instabilità, " tra i naufraghi del mare e dell'esistenza umana" .
    La vita sceglie per noi, scompiglia carte e progetti ed è così per tutti, non solo per Jack e Rose, uniti dalla passione e divisi per sempre dal naufragio.
    Approderemo mai?
    Congratulazioni a Maria Rizzi e all' autrice della Silloge.
    Un caro saluto
    Loredana D'Alfonso

    RispondiElimina
  3. Grazie gentilissima Loredana

    RispondiElimina